La Distrofia Miotonica di Steinert è una malattia neuromuscolare multisistemica che riguarda tutte le etnie ed entrambi i sessi. Questa patologia venne descritta per la prima volta nel 1909 da Steinert che la considerò una variante della miotonia congenita (malattia di Thomsen) e, nello stesso anno, da Batten e Gibbs che la riconobbero come un’entità clinica a se stante (Chisari, Simonella e Rossi, 2001). L’incidenza è stata stimata attorno a 1:10.000-20.000 nati vivi.
La patologia si presenta in tre forme cliniche: la forma adulta comune, che si manifesta intorno ai 20-25 anni e presenta un’evoluzione lenta e con gravità variabile; la forma infantile comune che si manifesta prima dei 16 anni e la forma congenita, la più grave, che presenta sintomi fin dalla nascita.

Aspetti genetici
La distrofia miotonica di Steinert è una patologia a trasmissione autosomica dominante (si verifica quando la presenza di un solo allele alterato è sufficiente per dare origine alla malattia), caratterizzata dal fenomeno dell’anticipazione, cioè tende ad aggravarsi e a manifestarsi più precocemente nelle generazioni successive e presenta una grande variabilità di espressione inter e intra-familiare. La definizione clinica non è dunque univoca e va dalle forme benigne tardive (forme comuni), alle forme gravi nei neonati (forma congenita), che nella maggior parte dei casi derivano da trasmissione materna (Atlas e Smolin, 1999).
Il gene responsabile della malattia (DMPK) è localizzato sul braccio lungo del cromosoma 19 (19q13.3) e codifica per una proteina-chinasi detta miotonina (MPK), che sembra coinvolta nei meccanismi di contrazione della fibrocellula muscolare. In questa regione è stata individuata un’anomala ripetizione della tripletta (CTG), che nei soggetti normali si ripete fino a circa 38 volte, mentre nelle persone affette questa sequenza può ripetersi da 50 fino a migliaia di volte. Quanto più la sequenza si ripete, tanto più gravi sono le manifestazioni cliniche della malattia.

Parametri di valutazione:

  • Soggetto sano:
    • da 5 a 34 ripetizioni di triplette
  • Premutazione:
    • da 35 a 49 ripetizioni di triplette CTG: pazienti
  • Affetto:
    • da 50 a 150 ripetizioni di triplette CTG: forma adulta comune;
    • da 150 a 000 ripetizioni di triplette CTG: forma infantile comune;
    • > 000 ripetizioni di triplette CTG: forma congenita.

La consulenza genetica deve essere individuale. La diagnosi prenatale è possibile attraverso un prelievo di villi coriali alla dodicesima settimana di amenorrea, tramite l’esame delle ripetizioni CTG, anche se non è possibile predire se un feto con una mutazione di espansione sarà affetto dalla forma congenita o da quella comune (Adams, 2001). Si può effettuare la diagnosi genetica preimpianto anche se, in considerazione della grande difficoltà della sua realizzazione e dell’alto rischio di insuccesso della procreazione assistita, non è generalmente proposta, se non alle famiglie che hanno già subito un’interruzione terapeutica della gravidanza (Moerman e Manouvrier, 2001).

Aspetti somatici, medici e sviluppo motorio
Le caratteristiche facciali delle persone con la malattia di Steinert conferiscono una fisionomia particolare che, vista una volta, si riconosce facilmente. Faccia amimica, assottigliamento e rilassamento dei muscoli facciali, mandibola malposizionata con conseguente malocclusione dei denti, ptosi (spostamento verso il basso di un organo o un tessuto) palpebrale, calvizie frontale e labbro superiore sot tile sono presenti il più delle volte fin dalla prima infanzia.
Le principali caratteristiche di questa malattia neuromuscolare sono costituite dal fenomeno miotonico (difficoltà al rilasciamento muscolare dopo una contrazione volontaria o indotta) e dal deficit di forza muscolare, che nella forma congenita si presentano fin dalla nascita causando un notevole ritardo nello sviluppo motorio. Tra gli aspetti medici più rilevanti si possono trovare (soprattutto nella forma congenita) difficoltà di suzione e di deglutizione (con conseguenti problemi nell’alimentazione), aspirazione bronchiale (dovuta a debolezza del palato) e di stress respiratorio (dovuto alla debolezza dei muscoli diaframmatici e intercostali e a immaturità polmonare), sintomi che richiedono spesso manovre rianimatorie e possono essere responsabili delle morti neonatali (Nelson, 2000). Frequentemente si possono riscontrare disturbi cardiaci, ipoacusia, deficit visivi (es, cataratta), idrocefalia, criptorchidismo e disfunzioni a livello endocrino.

Sviluppo cognitivo
Nelle forme ad esordio in età adulta, nella maggior parte dei casi, i problemi cognitivi e comportamentali sono uno degli elementi del quadro clinico e non necessariamente l’aspetto dominante. Gli studi sulla disabilità intellettiva nella forma adulta comune presentano dati contraddittori. Da alcune ricerche emerge un’incidenza del 30-60% di disabilità intellettiva, mentre altri autori trovano QI medi fra il funzionamento intellettivo limite (da 71 a 85) e quello normale (anche se tra 86 e 100) (Angeard-Durand, Héron, Gargiulo e Eymard, 2004). Dall’analisi di alcune ricerche su un totale di 167 soggetti affetti dalla forma adulta comune emerge un QI globale che varia tra 75 e 95 con una media di 87, senza differenze significative tra QI verbale e QI di performance.
Alcune ricerche (Delaporte, Bungerer, Picq e Lauriot, 1996) misero in evidenza una serie di disturbi specifici, tracciando un profilo tipico della malattia e sottolineando difficoltà di pianificazione, mancanza di flessibilità mentale e perseverazioni, mentre altre hanno rilevato deficit nelle abilità visuo-spaziali (Meola, Sansone, Perani, Colleluori, Cappa, Cotelli et al, 1999). Secondo altri autori, le funzioni cognitive maggiormente alterate sono la memoria immediata, l’orientamento e la manipolazione spaziale; alterazioni che solitamente rimangono stabili nel corso della malattia e non tendono a peggiorare (Annane, Fiorelli, Mazoyer, Pappata, Eymard, Radvanyi, Junien, Fardeau, Merlot, Gajdos, Syroya, Samson e Duboc, 1998).
Nella forma infantile comune e in quella congenita la disabilità intellettiva è l’aspetto più grave e più invalidante della malattia. Nella forma congenita il 60% dei casi presenta una disabilità intellettiva lieve o moderata, con un quoziente intellettivo compreso, nella maggioranza dei casi, fra 40 e 60, ma si possono riscontrare anche disabilità gravi. Uno studio (Stayert, Umans, Willekens, Legius, Pijkels e De Die-Smulders, 1997) condotto con 14 soggetti con forma infantile comune e 2 con forma congenita con età compresa tra i 7 e i 18 anni, ha evidenziato tramite la somministrazione delle scale WISC-R e WAIS un QI compreso tra 62 e 95 con una media di 79 e senza differenze significative tra QI verbale e QI di performance. Anche in questa ricerca è stata riscontrata una correlazione negativa tra QI ed espansione del numero della tripletta CTG.

Sviluppo comunicativo e linguistico
Nella forma comune non si riscontrano particolari deficit a livello linguistico. Lo sviluppo tende ad essere in pari con il QI, anche se a volte possiamo riscontrare un vocabolario povero. Nella forma congenita, invece, le difficoltà del linguaggio sono frequenti fin dalla prima infanzia (in coerenza con il QI), anche a causa delle otiti medie e della sordità di cui questi pazienti soffrono. Un ulteriore problema in questo campo si verifica nei casi in cui le crisi respiratorie sono talmente gravi e numerose da dover procedere alla tra- cheotomizzazione, la quale influisce in modo molto pesante sulla comparsa del linguaggio. In assenza dei disturbi sopra citati, anche i bambini con disabilità più grave sono in grado di parlare, anche se con povertà di linguaggio (ancora una volta senza particolari discrepanze con il QI) e di raggiungere comunque una certa autonomia comunicativa (Gennarelli, Pavoni, Amicucci, Novelli e Dallapiccola, 1998).

Caratteristiche del comportamento e di personalità, sviluppo sociale e rischio psicopatologico
Nella forma adulta, i disturbi psichici sono frequenti e variabili: essi riguardano soprattutto le alterazioni dell’umore e i disturbi del comportamento, ma non si ritrovano caratteristiche omogenee in tutti i pazienti. I disturbi ossessivo-compulsivi sono frequenti nei pazienti adulti, mentre si possono riscontrare ADHD, depressione e isolamento anche nella popolazione infantile. Sono frequenti disturbi minori della personalità: sono stati descritti pazienti reticenti, apatici, che si rapportano con gli altri con indifferenza e negligenza, e talvolta con aggressività.
Sono stati rilevati apatia, inerzia, riluttanza a consultare un medico e un generale indebolimento nel fare le cose, allontanamento dalla vita sociale e una diminuzione delle occasioni per stare con altre persone, non accettazione di proposte di aiuto (Gennarelli, 1998). Una caratteristica comune, ma poco menzionata dal paziente stesso, è l’aumento del tempo del sonno rispetto al tempo di veglia. Benché sia spesso attribuibile all’ipoventilazione alveolare, questo sintomo è presente anche in assenza di disturbi respiratori e anzi è uno dei primi segni della malattia, quasi mai messo in relazione con essa.

Approfondimento

La Distrofia miotonica di Steinert – Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare (sede di Torino)

La distrofia miotonica di tipo 1 (Distrofia di Steinert) è una malattia genetica caratterizzata dall’ereditarietà autosomica dominante
La distrofia miotonica di tipo 1 (Distrofia di Steinert) è una malattia genetica caratterizzata dall’ereditarietà autosomica dominante, cioè il genitore ha il 50% di probabilità di trasmetterla ad ogni figlio, indipendentemente dal sesso del feto. Tra le varie distrofie è la più frequente dopo la forma di Duchenne-Becker. La malattia è causata dall’amplificazione anomala di un segmento di dna, denominato tripletta, oltre le normali trenta copie e fino a un massimo di mille. Tale alterazione è presente sul cromosoma 19 e codifica per una proteina denominata miotonina kinasi (DMPK). Esiste una correlazione tra l’espansione di tali triplette e la gravità della patologia: più l’espansione è elevata e più la malattia si manifesterà precocemente e in modo serio.
La peculiarità di questa forma di distrofia muscolare è la presenza del fenomeno miotonico: quando il paziente contrae la muscolatura (per esempio serra a pugno la mano), si evidenzia una successiva difficoltà nel rilasciare i muscoli, che impiegano alcuni secondi a decontrarsi. Tale fenomeno è caratteristico delle mani, dei muscoli orbicolari degli occhi, dei muscoli masticatori e della deglutizione. Inoltre, come succede nelle altre distrofie, essa può presentare una debolezza muscolare ai quattro arti (sia a livello prossimale che distale), difficoltà a deglutire (disfagia), ptosi palpebrale, voce nasale (disfonia) e deficit del trofismo muscolare (ipotrofia). Meno frequenti sono invece i dolori muscolari (mialgie). Inoltre anche la muscolatura respiratoria, compreso il diaframma, può essere coinvolta con difficoltà respiratorie (dispnea), scarsa ossigenazione (ipossiemia) ed elevati valori di anidride carbonica (ipercapnia). Alcuni pazienti patiscono un’insufficienza acuta, tale da richiedere una ventilazione assistita. Spesso, a causa dello sviluppo di apnee nel sonno, è comunque necessaria la ventilazione non invasiva notturna.
La cataratta può essere il primo e l’unico segno della malattia e solitamente, nei soggetti affetti, si manifesta precocemente. Anche i nervi periferici possono essere coinvolti mediante la tipica sintomatologia di una neuropatia di forma assonale: formicolii (parestesie), bruciori urenti (disestesie) e mancanza di sensibilità (ipoestesia tattile o dolorifica), specie nei territori distali dei quattro arti.
La distrofia miotonica è multisistemica, poiché il complesso neuromuscolare non è l’unico a essere coinvolto, ma sono numerosi gli organi e gli apparati interessati dalla patologia. Il paziente può presentare un’affezione cardiaca denunciata da aritmie e dilatazione del cuore, e quest’aspetto è molto rilevante nel follow-up del soggetto, al fine di evitare morti improvvise per arresto cardiaco, causa di decesso ancora spesso diffusa. Anche il sistema endocrino è un frequente bersaglio della malattia a causa dello sviluppo di diabete mellito, ipotiroidismo, alterazioni del ciclo mestruale e ridotta fertilità in entrambi i sessi. La calvizie è consueta e più evidente nei maschi. Pure il sistema nervoso centrale può essere implicato: infatti alla risonanza dell’encefalo si evidenziano alterazioni che molte volte, specie se la diagnosi non è ancora avvenuta, possono essere equivocate con malattie demielinizzanti come la sclerosi multipla. Inoltre il paziente può mostrare un ritardo mentale o sviluppare in età precoce un deterioramento cognitivo simile alle forme di demenza più note. In aggiunta possono evidenziarsi problemi di natura psichiatrica: disturbi di personalità, ossessioni, deliri, sindrome ansioso-depressiva e sono possibili crisi epilettiche. Ma non basta, perché il paziente può manifestare una sintomatologia gastroenterica causata dall’interessamento della muscolatura liscia della parete intestinale: difficoltà digestive (dispepsia), ridotto svuotamento gastrico, stipsi e, seppur raramente, incontinenza fecale, mentre il sistema genitourinario è colpito da incontinenza o, negli uomini, da impotenza.
Nel caso di sospetto clinico della malattia il dosaggio dell’enzima creatin kinasi (CK), che è spesso aumentata (valori tra 300-800 U/L), e l’elettromiografia (che evidenzia una sofferenza muscolare oltre a obiettivare la miotonia) rafforzano l’ipotesi diagnostica. Infine l’analisi genetica ne permette la conferma grazie alla caratteristica espansione a livello del cromosoma 19: verosimilmente la proteina alterata, quando è prodotta in eccesso, causa un effetto tossico.
Gli approcci terapeutici sono di tipo principalmente conservativo, grazie alla fisioterapia mirata al mantenimento delle funzioni motorie e dell’autonomia del paziente. Talora, se quest’ultimo tende a inciampare, sono necessari tutori come la molla di Codevilla per migliorare la deambulazione. Anche la fisiokinesiterapia in acqua (idrokinesi) può essere indicata.
In considerazione dell’intervento multidisciplinare sono numerosi gli specialisti coinvolti nei trattamenti conservativi. Il foniatra e il logopedista si occupano della disfagia e della disfonia grazie a esercizi logopedici mirati e a una dieta variabile in base alla gravità delle difficoltà di deglutizione. Infatti si può rendere necessaria una dieta puramente cremosa e, se il soggetto non è più in grado di alimentarsi per bocca, si deve utilizzare la gastrostomia percutanea (PEG), ma fortunatamente questi casi sono rari. Lo pneumologo invece compie accertamenti periodici (spirometria, prelievo EGA), mentre risulta utile la saturimetria notturna, che evidenzia la sindrome delle apnee ostruttive nel sonno (OSAS), da contrastare con la ventilazione non invasiva tramite una maschera facciale o nasale usata durante le ore notturne. Nella distrofia miotonica di Steinert risultano rari i casi di insufficienza respiratoria acuta che richiedono una tracheotomia d’urgenza. La ventilazione invasiva con la tracheostomia rimane poi un’evenienza sporadica, mentre, a causa della disfagia, sono frequenti le polmoniti da inalazione di cibo nelle vie aeree (ab ingestis). L’oculista interviene chirurgicamente in caso di cataratta.
La terapia cardiologica consiste in farmaci per il controllo delle aritmie cardiache e per il trattamento della cardiopatia dilatativa. Quando il paziente soffre di aritmie gravi e sintomatiche (malessere, pallore e perdita di coscienza), potenzialmente fatali, può essere necessario l’impianto del pacemaker o di un defibrillatore ventricolare (ICD). La sorveglianza cardiologica riveste quindi un’importanza fondamentale. Al contrario le terapie ormonali sono basilari in caso di irregolarità del ciclo mestruale, ridotto accrescimento, disfunzione tiroidea (spesso ipotiroidismo) e infertilità. Inoltre l’endocrinologo entra in gioco se il paziente sviluppa il diabete mellito. Nel caso di problematiche psichiatriche potrebbe risultare opportuna una terapia specifica formata da antidepressivi, ansiolitici o antipsicotici.
Naturalmente, per chi desidera avere dei figli, è indispensabile la consulenza genetica, durante il cui colloquio vengono spiegate le probabilità di avere prole affetta e gli eventuali rischi per essa. Infatti nella distrofia miotonica di Steinert si osserva il fenomeno dell’anticipazione, e cioè nelle generazioni successive la patologia esordisce prima e in una forma più grave. È possibile eseguire una diagnosi prenatale sul feto nelle prime settimane di gravidanza per scoprire in anticipo l’eventuale difetto genetico, mentre sono in fase iniziale le diagnosi preimpianto, effettuate in pochi centri. È fondamentale che i genitori siano messi al corrente del fenomeno dell’anticipazione, che può dar luogo allo sviluppo di forme congenite di distrofia miotonica e in cui i primi sintomi sono già evidenti alla nascita: ipotonia muscolare, insufficienza respiratoria, difficoltà alla suzione e all’alimentazione. Durante l’accrescimento sono possibili ritardi nelle tappe neuromotorie, grave deficit della forza muscolare, disfagia, disturbi dell’apprendimento, ritardo mentale più o meno grave e problematiche psichiatriche.
Non esiste tuttora una cura per la distrofia miotonica di tipo 1, ma sono in fase di sperimentazione dei farmaci, denominati oligonucleotidi antisenso, che riducono l’effetto tossico della proteina miotonina prodotta in eccesso dall’espansione genetica. L’apposito trial clinico, eseguito negli Stati Uniti (ISIS-IONIS DMPK), è stato completato nel dicembre dello scorso anno: in otto centri americani il farmaco è stato somministrato tramite iniezioni sottocute a pazienti affetti dalla forma adulta. I risultati ottenuti in questa fase del trial sono stati incoraggianti, ma implicano ancora una giusta cautela nella prosecuzione delle fasi successive, in cui la sperimentazione verrà estesa a un maggior numero di individui. Invece la mexiletina, farmaco antiaritmico, è utilizzato per il trattamento della miotonia clinica, mentre non agisce sulla forza e sull’ipotrofia muscolare. Nonostante ciò i pazienti che hanno assunto la mexiletina mostrano un notevole effetto positivo e il beneficio clinico è stato anche dimostrato da un lavoro, pubblicato nel 2010, in cui vengono esaminati i risultati di due trial clinici effettuati in doppio cieco.
Attualmente l’approccio clinico multidisciplinare permette ai soggetti affetti da questa distrofia miotonica di vivere una vita soddisfacente, mantenendo la propria autonomia sia in ambito lavorativo che privato, sostenuti dai loro familiari e dai medici che seguono regolarmente il decorso clinico della malattia, la quale, pur essendo progressiva, evolve spesso lentamente o addirittura si stabilizza nel tempo.

Pubblicato da Liliana Vercelli il: 20 novembre 2017

Testo ripreso, con aggiornamenti, da
Vianello, R. (2015). Disabilità intellettive. Con aggiornamenti al DSM-5. Bergamo: edizioni Junior.

Per i riferimenti bibliografici di queste pagine vedi Riferimenti bibliografici generali
Per il significato di alcune voci vedi Glossario – Disabilità e Inclusione (disabilitaeinclusione.it)

Renzo Vianello, 06.07.2023