La sindrome di Prader-Willi è stata descritta per la prima volta dai medici svizzeri (Università di Zurigo) A. Prader, A. Labhart e H. Willi nel 1956. L’ incidenza è stimata in una persona su circa 10.000-15.000 (Dykens e coll., 2001; Molinari, 2002;Waters, 1999). È un disordine complesso conseguente a una anormalità genetica (delezione nel 75% dei casi e disomia materna nel 25%) presente nel braccio lungo del cromosoma 15 di origine paterna. La parte deleta è indicata con 15q11- q13 (lo stesso, nel cromosoma materno, della sindrome di Angelman).
Varie sono le caratteristiche facciali tipiche (vedi Vianello, 2008). La statura tende a essere bassa e le mani e i piedi piccoli. Un basso tono muscolare (ipotonia) è presente fin dalla nascita. Spesso questo comporta difficoltà di suzione e quindi difficoltà nell’alimentazione. Molti iniziano a camminare con un anno di ritardo e altri dopo 3 o 4 anni (O’Brien & Yule, 2000).
La sindrome è caratterizzata anche da sviluppo sessuale immaturo.
La tendenza all’obesità è tipica della sindrome ed è causata da appetito eccessivo (iperfagia) associato a un basso livello calorico richiesto dal corpo. L’iperfagia può causare complicanze come ipertensione, alterazioni cardiovascolari, diabete mellito.
La sindrome comporta anche maggiore stanchezza e sonnolenza.
Centrali sono le disfunzioni a carico dell’ipotalamo. Esso regola ormoni che influiscono sulla crescita, sullo sviluppo sessuale, sull’appetito, sui ritmi sonno-sveglia e sul controllo emotivo.
Varie sono le implicanze mediche. La sindrome comporta un aumentato rischio di ulteriori disabilità fisiche: strabismo e miopia sono comuni; la scoliosi è più comune che nel resto della popolazione; sono frequenti eczemi.
La maggioranza degli individui con sindrome di Prader-Willi si colloca nell’ambito delle disabilità lievi o moderate. Notevole è comunque la variabilità.
Il profilo cognitivo della sindrome di Prader-Willi è caratterizzato da migliori abilità:

  • nella discriminazione visuo-motoria rispetto a quella uditivo-verbale;
  • nell’attenzione visiva rispetto a quella uditiva;
  • nell’integrazione degli stimoli spaziali rispetto a quelli verbali;
  • nella elaborazione simultanea rispetto a quella sequenziale;
  • nella memoria a lungo termine rispetto a quella a breve termine.

Sono frequenti difficoltà articolatorie. Questo può portare a scarsa intellegibilità. Secondo alcuni studiosi (Waters, 1999) queste carenze sono dovute, almeno in parte, all’ipotonia (cioè a difficoltà motorie orali) e alla presenza di saliva densa e viscosa. La pronuncia tende a essere acuta e nasale. Notevoli sono le differenze tra gli individui.
L’iperfagia, se non controllata, può dare luogo a comportamenti socialmente inadeguati, come rubare il cibo altrui, mentire per ottenerlo, mangiare cose cadute per terra. Si ipotizza sia carente il meccanismo che segnala che si è mangiato abbastanza.
L’instabilità emotiva, tipica della sindrome, comporta difficoltà di gestione dell’aggressività causata da frustrazioni anche lievi. Il bambino con sindrome di Prader-Willi può spesso sembrare come “emotivamente più piccolo”. Il fenotipo comportamentale (Dykens, 2001; Dykens et al., 2000) sarebbe caratterizzato anche da comportamenti oppositivi (del tipo “capricci” e scatti d’ira), impulsività, cocciutaggine, ripetitività, compulsioni, tendenza a parlare troppo in alcune situazioni, livelli di attività ridotti. Contemporaneamente è presente un atteggiamento amichevole e un forte istinto materno/paterno (espresso in modo ingenuo, infantile).
Negli adolescenti e negli adulti i rischi psicopatologici riguardano soprattutto la depressione e i disordini ossessivo-compulsivi.

Per approfondire apri il PDF PraderWilli

Per i riferimenti bibliografici di queste pagine vedi Riferimenti bibliografici generali

Tratto, con modifiche (01.01.2023), da Vianello, R., e Mammarella I. C. (2014). Psicologia delle disabilità. Bergamo: edizioni Junior.