La sindrome di X fragile è una malattia dovuta ad una alterazione nel braccio lungo del cromosoma X, dove è situato il gene FMR1. Quest’ultimo è deputato ad insegnare alla cellula come generare una proteina (FMRP), che sta alla base anche del normale funzionamento del cervello.
La malattia è più numerosa nei maschi, dato che le femmine (con due cromosomi X), hanno una copia del gene che può funzionare correttamente. La trasmissione della malattia può avvenire da madre a figli, ma non da padre a figli.

Il gene FMR1 presenta, nella parte iniziale, una sequenza ripetuta di tre basi nucleotidiche (Citosina, Guanina, Guanina; CGG). Normalmente questa tripletta è ripetuta tra 6 e 56 volte. In alcuni casi il numero di ripetizioni è maggiore: ciò rende instabile la sequenza di DNA e nel passaggio alle generazioni successive il numero di ripetizioni CGG tende ad aumentare. I soggetti che possiedono un numero di ripetizioni CGG compreso tra 56 e 200 vengono definiti portatori sani della premutazione; in questi casi il funzionamento del gene FMR1 non viene compromesso, ma evidente è il rischio della trasmissione della malattia alla prole.

La tendenza all’espansione della tripletta CGG si verifica solamente nel momento in cui la premutazione viene trasmessa dalla madre. Il rischio che una madre portatrice sana abbia figli/e affetti/e è del 50%, con la differenza che solo la metà delle figlie femmine presenterà la mutazione completa. Quando invece è il padre a trasmettere la premutazione, essa rimarrà stabile (Dykens et al., 2001).

La sindrome di X fragile è la prima causa di Disabilità intellettiva ereditaria (Condini, Pasqui & Baccichetti, 1991; Neri, Chiurazzi & Pomponi, 1994; Hagerman, 2000; Dykens, Hodapp & Finucane, 2000). I dati a disposizione evidenziano una prevalenza di 1 maschio su 4.000 e 1 femmina su 6.000-8.000 (Turner, Webb, Wake & Robinson, 1996). Si è stimato che 1 donna su 200-300, nella popolazione generale, sia portatrice e quindi a rischio di avere bambini affetti (259 nella ricerca di Rousseau, Rouillard, Morel, Khandjian & Morgan, 1995).
Tra le caratteristiche fisiche più comuni vi sono: viso stretto e allungato, fronte e mandibola prominenti, orecchie basse, con padiglioni auricolari particolarmente grandi e, sopra gli otto anni d’età, macroorchidismo. In circa il 20% dei maschi affetti sono presenti crisi epilettiche, che si risolvono con l’età nella maggior parte dei casi (Hecht, 1991).
La sindrome è caratterizata da un peculiare profilo neurocognitivo (Turk, 1992; Freund, Reiss & Abrams,1993; Einfeld, Tonge & Florio, 1994; Warren & Ashley, 1995), caratterizzato da punti di forza e di debolezza.
La variabilità è notevole: dalla disabilità intellettiva grave alla normalità.
I ragazzi con sindrome di X fragile mostrano migliori abilità in compiti di elaborazione simultanea piuttosto che sequenziale. Diversi studi evidenziano la presenza di deficit di memoria di lavoro, in particolare a carico dell’esecutivo centrale e delle abilità attentive necessarie all’esecuzione di un compito complesso. Tali criticità sono state tuttavia rilevate anche in altre sindromi genetiche (Munir et al., 2000; Lanfranchi, Cornoldi & Vianello, 2003; Lanfranchi, Cornoldi & Vianello, 2004). Questi risultati sono confermati anche da un lavoro di Lanfranchi, Cornoldi, Drigo & Vianello (2008) in cui è emerso un deficit in compiti di memoria di lavoro verbale e visuo-spaziale richiedenti elevato controllo cognitivo, mentre le prestazioni in compiti di memoria di lavoro verbale e visuo-spaziale a basso controllo sono risultate in linea con l’età mentale. Complessivamente meno colpita è la memoria a lungo termine dichiarativa (Dykens et al., 2000; Lanfranchi & Vianello, 2004). Vari studi mettono in luce come frequentemente gli individui con sindrome di X fragile manifestino deficit di attenzione, iperattività e comportamenti impulsivi (Dykens et al., 2000; Baumgardner, Reiss, Freund & Abrams, 1995; Hagerman, 1987). Spesso sono presenti ritardi nello sviluppo del linguaggio sia recettivo che, soprattutto, espressivo.
Il livello di funzionamento cognitivo nelle femmine sembra essere legato alla quantità di proteina FMRP prodotta. Le femmine hanno due cromosomi X: il grado di compromissione dipende quindi dalla proporzione di cellule in cui è attivo il cromosoma X normale in rapporto alle cellule in cui è attivo il cromosoma X fragile. In generale, esse presentano maggiori difficoltà nelle abilità spaziali; rimangono invece migliori le abilità verbali.
Spesso gli individui con sindrome di X fragile manifestano comportamenti di tipo autistico o simil-autistici, quali: scarso contatto oculare, ritardo del linguaggio, linguaggio ripetitivo, ecolalia, perseverazione, stereotipie, autolesionismo, scarsa tolleranza al contatto fisico, rigidità negli interessi, difficoltà ad accettare i cambiamenti della routine abituale (Dykens et al., 2000). Tuttavia, solo una minoranza di questi individui ha disturbi dello spettro dell’autismo. Nonostante la timidezza, l’ansia sociale e la bassa tolleranza alle frustrazioni, la maggior parte dei ragazzi è affettuosa e ha interesse a stringere relazioni con gli altri.

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Per i riferimenti bibliografici di queste pagine vedi Riferimenti bibliografici generali

Tratto, con modifiche (01.01.2023), da Vianello, R., e Mammarella I. C. (2014). Psicologia delle disabilità. Bergamo: edizioni Junior.