Prevalenza

Se prendiamo come riferimento gli alunni e gli studenti inseriti a scuola con una certificazione secondo la legge 104 del 1992 risulta che almeno il 70% ha una disabilità intellettiva. Per molti di essi la diagnosi considera solo o soprattutto la disabilità intellettiva (ad esempio nei casi di sindromi genetiche come la sindrome di Down o di X fragile o di Williams). Per altri la diagnosi è associata ad un’altra disabilità. Ad esempio ad una disabilità motoria o sensoriale. Inoltre sono molto numerosi gli allievi con disturbi dello spettro dell’autismo e anche disabilità intellettiva.
Da un punto di vista statistico le disabilità intellettive sono il 2,3% della popolazione. Si tratta della percentuale di individui che nella curva normale sono previsti sotto due deviazioni standard dalla media. Nei test di intelligenza più diffusi la media è 100 e la deviazione standard è 15. Ne deriva che sono considerati con disabilità intellettiva gli individui con un QI inferiore a 70.
Secondo la curva normale (vedi poco più avanti la figura relativa) la grande maggioranza di questo 2,3% avrebbe una disabilità intellettiva lieve e pochissimi (meno di 1 per 10.000) una disabilità intellettiva grave o gravissima. Nella pratica clinica è abbastanza acquisito (e riconosciuto anche dal DSM-5, ma purtroppo non dall’ICD-11; vedi schede sotto) che le disabilità intellettive gravi e gravissime sono significativamente di più di quanto previsto dalla curva normale.

Tipologia e diagnosi

Possiamo distinguere i vari tipi di disabilità intellettiva in almeno tre modi, considerandone le cause, la gravità e il profilo cognitivo e adattivo.
Nella stragrande maggioranza dei casi le cause sono biologiche; a volte genetiche e a volte no. In condizioni estreme tuttavia anche le carenze ambientali (vedi cause biologiche non genetiche e ambientali) provocano disabilità intellettiva.
Tra le cause genetiche la più famosa è la sindrome di Down che interessa attualmente, in Italia, almeno tra i bambini, gli adolescenti e i giovani adulti circa 1 individuo su 1.000-1.200. E molte altre sono le sindromi genetiche causa di disabilità intellettiva. Vedi ad esempio

L’elenco delle cause biologiche non genetiche (vedi cause biologiche non genetiche e ambientali) è molto lungo. A titolo esemplificativo menzioniamo l’assunzione di alcol o droghe nella gravidanza, radiazioni, anossia durante il parto, meningiti, traumi cranici, malnutrizione. Alcune di esse sono biologiche, ma indirettamente anche ambientali, nel senso che un ambiente impoverito può alzare le probabilità, ad esempio, di meningiti o traumi cranici.

Applicazione della curva normale dei punteggi in QI (con deviazione standard di 15)

Il sistema sanitario nazionale (quindi i servizi pubblici) hanno come riferimento il manuale ICD (dall’inglese International Classification of Deseases; versioni ICD-10 del 1992 e ICD-11 del 2018) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).

A livello privato molto credito ha il manuale DSM (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali dell’American Psychiatric Association, nelle versioni DSM-IV-TR del 2000 e DSM-5 del 2013).

Consideriamo i due ICD. Varie sono le differenze tra il 10 e l’11.

  • Disturbi dello sviluppo intellettivo al posto di ritardo mentale.
  • Differenze nello stabilire la gravità, dato che l’ICD-11 considera solo deviazioni standard o percentili e non punteggi. Se consideriamo che i test di intelligenza più utilizzati hanno una deviazione standard di 15, risultano delle differenze (ma omogeneìtà dell’ICD-11 con il DSM-IV-TR).
    • Lieve non più da 50 a 69, ma da 55 a 69
    • Moderato non più da 35 a 49, ma da 40 a 54
    • Grave non più da 20 a 34 ma da 25 a 39
    • Gravissimo non più inferiore a 20, ma a 25.

Ritardo mentale: ICD-10

F70 Ritardo mentale lieve QI da 50 a 69
F71 Ritardo mentale moderato QI da 35 a 49
F72 Ritardo mentale grave QI da 20 a 34
F73 Ritardo mentale gravissimo o profondo QI inferiore a 20
F78 Ritardo mentale di altro tipo
F79 Ritardo mentale di gravità non specificata

Disturbi dello sviluppo intellettivo: ICD-11

6A00.0 Disturbo dello sviluppo intellettivo lieve; percentili fra 0,1 e 2,3 (fra 2 e 3 deviazioni standard sotto la media)
6A00.1 Disturbo dello sviluppo intellettivo moderato; percentili fra 0,003 e 0,1 (fra 3 e 4 deviazioni standard sotto la media)
6A00.2 Disturbo dello sviluppo intellettivo grave o severo (severe); percentili sotto 0,003 (4 o più deviazioni standard sotto la media)
6A00.3 Disturbo dello sviluppo intellettivo gravissimo o profondo (profound); percentili sotto 0,003 (4 o più deviazioni standard sotto la media)
6A00.4 Disturbo dello sviluppo intellettivo, provvisorio
6A00.Z Disturbo dello sviluppo intellettivo, non specificato

Nei DSM la trattazione è più analitica che negli ICD.
Consideriamo le differenze fra DSM-IV-TR e DSM-5.
Secondo il DSM-IV–TR, cioè il Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi Mentali dell’American Psychiatric Association (quarta versione revisionata -TR sta appunto per Text Revision-), pubblicato nel 2000, la diagnosi di ritardo mentale si basa sulla presenza necessaria di tre requisiti:

  • un QI circa uguale o inferiore a 70
  • un carente funzionamento adattivo
  • esordio prima dei 18 anni.

Per quanto riguarda le aree erano considerate le seguenti:

  • comunicazione
  • cura della persona
  • vita in famiglia
  • capacità sociali/interpersonali
  • uso delle risorse della comunità
  • autodeterminazione
  • capacità di funzionamento scolastico
  • e/o lavoro
  • tempo libero
  • salute
  • sicurezza.

Gradi di gravità del ritardo mentale secondo il DSM-IV-TR

Sono specificati quattro diversi gradi di gravità, determinati dal QI generale:
F70 Ritardo mentale lieve livello del QI da 50-55 a circa 70
F71 Ritardo mentale moderato livello del QI da 35-40 a 50-55
F72 Ritardo mentale grave livello del QI da 20-25 a 35-40
F73 Ritardo mentale gravissimo livello del QI sotto 20-25

Gradi di gravità della disabilità intellettiva secondo il DSM-5

I vari livelli di gravità sono definiti sulla base del funzionamento adattivo e non dei punteggi del Quoziente Intellettivo (QI), perché è il funzionamento adattivo che determina il livello di assistenza richiesto. Inoltre i valori del QI risultano meno validi all’estremo inferiore della distribuzione del QI” (p. 38).

F70 Lieve
F71 Moderata
F72 Grave
F73 Estrema

Nel DSM-5, pubblicato nel 2013, si hanno modificazioni notevoli.
La prima è che l’espressione “ritardo mentale” è sostituita da “disabilità intellettive”.
La disabilità intellettiva è definita come un disturbo che emerge in età evolutiva e che include deficit sia del funzionamento intellettivo che adattivo nelle aree concettuali, sociali e pratiche.
Inoltre l’espressione “prima dei diciotto anni” è sostituita da quella più generica “in età evolutiva” (developmental period).
Sostituito è anche l’elenco delle capacità adattive.
I deficit nelle funzioni intellettive, come ragionamento, risoluzione di problemi, capacità di pianificazione, pensiero astratto, capacità di giudizio, apprendimento scolastico e capacità di apprendere dall’esperienza devono essere confermati sia da una valutazione clinica che da test di intelligenza individuali standardizzati.
I deficit nel funzionamento adattivo si riferiscono agli insuccessi che si incontrano nell’affrontare le richieste standard tipiche per l’età e il contesto socioculturale relativamente all’autonomia personale e alla responsabilità sociale. Senza supporto i deficit adattivi limitano il funzionamento in una o più aree della vita quotidiana, come la comunicazione, la partecipazione sociale e la vita indipendente in molteplici contesti, come quelli in casa, nella scuola, nel lavoro e nella comunità.
I livelli di gravità della disabilità intellettiva non sono determinati dal QI, ma dai supporti richiesti.
In definitiva:

  1. I supporti necessari sono il vero punto di riferimento.
  2. Essi dipendono dalle capacità adattive.
  3. Esse a loro volta dipendono dal funzionamento intellettivo (valutato anche con i test di intelligenza).

È necessaria quindi una attenta analisi dei bisogni dell’individuo, considerato nel proprio contesto sociale (famiglia, scuola e società).

Infine possiamo notare che i due manuali più recenti (DSM-5 e ICD-11) non sono del tutto concordi. La differenza più significativa riguarda come stabilire la gravità della disabilità: nell’ICD-11 sono presenti solo criteri psicometrici (numero di deviazioni standard dalla media) ed è totalmente ignorata l’indicazione volta a tener conto del livello di adattamento e dei supporti necessari.

Sia nella valutazione diagnostica che nella pratica clinica, educativa e scolastica si attribuisce sempre maggiore importanza al profilo cognitivo e adattivo di un individuo.
Spesso le prestazioni di un individuo con disabilità intellettiva non sono omogenee. Ad esempio è tipico della sindrome di Down fornire prestazioni linguistiche inferiori a quelle cognitive generali. Viceversa nella sindrome di Williams le prestazioni linguistiche sono in pari o superiori rispetto alle prestazioni generali. Come si potrà notare nelle sezioni dedicate alle singole sindromi ognuna ha il proprio profilo tipico.
A livello educativo, scolastico e abilitativo è essenziale conoscere il profilo cognitivo e adattivo del singolo, dato che ogni proposta di apprendimento risulta adeguata solo se rispetta il livello di partenza (ciò che l’individuo sa già fare) di ogni singola area di attività (ad esempio, capacità attentive, mnemoniche, logiche, linguistiche, ma anche livello di prestazione in lettura, scrittura, calcolo ecc.)

Fonti bibliografiche principali

American Psychiatric Association (2000). Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (4th ed., text rev.). Washington, DC: Author.

American Psychiatric Association (2013). Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (5th ed.). Arlington, VA: American Psychiatric Publishing. (Trad. 2014. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Quinta edizione. Milano: Raffaello Cortina).

Cornoldi, C., e Vianello, R. (2023). Vademecum di Psicologia per insegnanti di sostegno. Firenze: GiuntiEdu.

Vianello, R., Lanfranchi, S., e Cornoldi, C. (2023). Disabilità intellettive e funzionamento intellettivo limite. In C. Cornoldi I disturbi dell’apprendimento (pp. 277-299). Bologna: Società editrice il Mulino.

Vianello, R., e Mammarella I. C. (2014). Psicologia delle disabilità. Bergamo: edizioni Junior.

Vianello, R. (2015). Disabilità intellettive. Con aggiornamenti al DSM-5. Bergamo: edizioni Junior.

WHO. (1992). The ICD-10 classification of mental and behaviour disorder: Clinical descriptions and diagnostic guidelines. Geneva: World Health Organization.

Renzo Vianello, 01.01.2023