La sindrome di Angelman riguarda tutte le razze ed entrambi i sessi. Essa è stata descritta per la prima volta da Harry Angelman, pediatra inglese, nel 1965. L’incidenza è stata stimata fra 1 su 12.000 e 1 su 25.000.
La sindrome di Angelman, come quella di Prader-Willi, è un disordine complesso conseguente ad una anormalità genetica presente nel braccio lungo del cromosoma 15 (ereditato dalla madre).
Gran parte dei casi di sindrome di Angelman sono dovute a delezioni e mutazioni de novo.
Le caratteristiche facciali delle persone con sindrome di Angelman sono meno marcate rispetto ad altre sindromi. Dykens e colleghi (2000) e O’Brien e Yule (2000) riportano: viso allungato, mandibola prominente, bocca grande e denti distanziati, lingua sporgente, occipite piatto, occhi infossati e microcefalia. La variabilità è notevole. Basti pensare che la microcefalia è tipica di un caso su due.
Più caratterizzanti sono: l’andatura atassica e a scatti, gli scoppi improvvisi (e apparentemente ingiustificati) di riso. Lo sviluppo motorio è ritardato.
Secondo la letteratura la sindrome di Angelman è caratterizzata da disabilità intellettiva molto grave: in termini di QI sotto 25 e in termini di età mentale non superiore al secondo anno di vita. Una indagine da noi condotta su 10 casi ha trovato che almeno due di loro avevano uno sviluppo migliore di quanto presente in letteratura, quantificabile in una età mentale superiore ai 24 mesi (pur con un linguaggio di poche parole). Sarebbero perciò utili ricerche per verificare se in una realtà più inclusiva di quelle in cui sono state condotte le ricerche presenti in letteratura lo sviluppo può essere favorito.
Particolarmente colpito è il linguaggio espressivo (spesso a livello di poche parole).
Un tratto comportamentale particolare è costituito dalle risate (improvvise, non legate al contesto, ripetute) o da un sorriso prolungato.
Altri comportamenti abbastanza tipici sono: mettere oggetti in bocca, iperattività, problemi legati al sonno (ad esempio ad addormentarsi), stereotipie come battere le mani, problemi di alimentazione nell’infanzia. Con il passare dell’età tendono a diminuire l’iperattività e i disturbi del sonno.
Lo sviluppo sociale è pesantemente condizionato dal livello intellettivo e comunicativo-linguistico, ma può essere, almeno nell’area delle autonomie personali (controllo sfinterico, vestirsi, lavarsi, mangiare) caratterizzato da prestazioni superiori rispetto a quelle tipiche dei bambini di due anni (preso come riferimento se si considera lo sviluppo dell’intelligenza e quello linguistico).
La qualità della vita è condizionata anche dagli attacchi epilettici (86% secondo O’Brien & Yule, 2000). Con il passare dell’età essi tendono a diminuire nella frequenza o nella gravità.

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Per i riferimenti bibliografici di queste pagine vedi Riferimenti bibliografici generali

Tratto, con modifiche (01.01.2023), da Vianello, R., e Mammarella I. C. (2014). Psicologia delle disabilità. Bergamo: edizioni Junior.