La famiglia è il luogo privilegiato di educazione e integrazione del figlio con disabilità intellettive.
L’intervento educativo di cui hanno bisogno i bambini con disabilità intellettive nei primi anni di vita ha molto in comune (anche se in tempi diversi) con quello adeguato per gli altri bambini. Fondamentale è la conoscenza delle caratteristiche cruciali dello sviluppo tipico.
Nei primi sei anni di vita di norma particolare attenzione viene dedicata a:

  • autonomia alimentare e buone abitudini a tavola;
  • uso del pannolino e del gabinetto;
  • igiene personale;
  • riposare e dormire;
  • vestirsi da solo.

L’educazione familiare di un bambino con disabilità intellettive iscritto nella scuola primaria è innanzitutto caratterizzata dal fatto che con il passare del tempo risulta sempre più evidente la discrepanza fra l’età cronologica e lo sviluppo mentale e comportamentale. Tipica è la situazione in cui le prestazioni cognitive, linguistiche, emotive, sociali e in generale comportamentali sono molto più simili a quelle di un bambino che ha 3-5 anni di età in meno (o ancor più nel caso delle sindromi, ad esempio, di Angelman o di Rett) che non a quelle dei bambini che frequentano la stessa classe.
Se il bambino è stato iscritto in prima classe primaria a otto anni e non a sei (in quanto, ad esempio, ha frequentato per un anno in più sia l’Asilo Nido che la scuola dell’infanzia) questa discrepanza è minore, ma comunque permane.
I temi educativi fondamentali sono quindi molto simili a quelli che coinvolgono un bambino di età inferiore. Tuttavia è ben diverso il contesto familiare e scolastico in cui questo avviene. Un esempio riguardante un bambino con sindrome di Down di otto anni può essere cruciale: si cerca di insegnargli a leggere e a scrivere come di norma si fa con un bambino di 6 anni, anche se le sue capacità motorie fini sono come quelle di un bambino di 4 anni, quelle grafiche (disegno) sono come quelle di un bambino di tre anni, quelle linguistiche sono come quelle di un bambino di tre anni o poco più, quelle relative allo sviluppo emotivo (ad esempio controllo delle emozioni, delle frustrazioni, delle gratificazioni ecc.) sono come quelle di un bambino di quattro anni ecc.
La collaborazione fra scuola e famiglia è cruciale, ma anche molto complessa. Non è facile trovare un vero consenso nelle aspettative. A parere di molti insegnanti, ad esempio, i genitori hanno delle aspettative eccessive.
Non è un caso che in queste righe dedicate alla famiglia si sia iniziato parlando di scuola: gran parte delle energie dei genitori vanno infatti spese avendo presente la realtà scolastica del figlio.
L’adolescenza di ogni figlio pone ai genitori nuovi e spesso complessi problemi da risolvere. Questo succede anche in caso di disabilità intellettiva.
Come tutti gli adolescenti anche quelli con disabilità intellettive, pur con tempi diversi, sono chiamati a gestire adeguatamente le modificazioni somatiche e puberali. Comune può essere un lieve senso di disorientamento, soprattutto nei casi di crescita accelerata.
Fin da molto piccoli i bambini e le bambine con disabilità intellettive hanno imparato ciò che è tipico dei maschi e ciò che è tipico delle femmine. Con l’adolescenza e l’emergere delle problematiche sessuali (ma non solo) risulta ancor più necessario imparare a gestire adeguatamente i ruoli connessi con il proprio genere.
Per quanto riguarda le problematiche legate alla sessualità, l’esperienza insegna che a volte genitori e insegnanti fanno fatica a capire i bisogni dei loro figli mettendo in atto meccanismi di negazione o, al contrario, di sopravvalutazione dei bisogni.
La conquista dell’autonomia inizia fin dalla nascita, anche se vi sono dei momenti cruciali: l’autonomia derivante dall’aver imparato a camminare, quella relativa all’igiene, all’alimentazione, al vestirsi … alla organizzazione scolastica e a quella sociale. Una persona con disabilità intellettive adolescente o adulto ha compiti di sviluppo fondamentali riguardanti proprio l’autonomia.
La differenza con gli adolescenti normodotati di norma è notevole. Anche la conflittualità figli-genitori tende ad essere molto minore. In ogni caso resta un obiettivo educativo primario favorire il massimo possibile di autonomia nell’uscire da soli, nei trasporti, nell’uso del denaro, nella scelta del proprio abbigliamento ecc. Tradizionalmente 5 sono le aree cruciali riguardanti l’autonomia esterna:

  • comunicazione,
  • orientamento,
  • comportamento stradale,
  • uso del denaro,
  • uso dei negozi e più in generale dei servizi.
Fonte bibliografica  principale

Tratto, con modifiche (01.01.2023), da
Vianello, R., e Mammarella I. C. (2014). Psicologia delle disabilità. Bergamo: edizioni Junior.