Interventi per il potenziamento delle capacità motorie

Molti sono i bambini con disabilità intellettive che, anche a causa dell’ipotonia (ad esempio nella sindrome di Down o di Prader-Willi) traggono beneficio da sedute fisioterapiche e di psicomotricità.

Interventi per il potenziamento delle capacità comunicative e linguistiche

Analogamente molti hanno bisogno di logopedia. Nella realtà italiana purtroppo sono rare le situazioni in cui si attua un intervento prelinguistico precoce. Potrebbero invece essere attuati molto presto interventi rivolti a:

  • rapporto tra bambino e genitori;
  • stimolazione della percezione visiva e uditiva;
  • sviluppo della comunicazione non verbale e gestuale;
  • stimolazione della lallazione;
  • stimolazione delle conoscenze relative al mondo familiare e fisico del bambino;
  • stimolazione del gioco simbolico e di altri mezzi di espressione simbolica;
  • riduzione dell’ipotonia orale e delle disfunzioni bucco-facciali.

Fondamentale è un corretto coinvolgimento dei genitori.
Tradizionale è l’intervento volto a favorire una corretta pronuncia delle parole.
Molto importanti sono anche gli interventi volti ad un arricchimento lessicale e morfologico-sintattico. L’intervento in questo caso non può essere considerato esclusivamente linguistico, ma più generalmente cognitivo-linguistico.
Il coinvolgimento dei genitori è fondamentale per favorire apprendimenti in situazione (cioè in contesti comunicativi quotidiani, motivanti e ricchi).
Nei casi in cui la produzione linguistica è limitata a poche parole o a nessuna (disprassia o afasia di parola) alcuni studiosi consigliano l’uso di una lingua dei segni e della comunicazione aumentativa alternativa.

Interventi per il potenziamento delle capacità cognitive

Nei primi anni di vita l’intervento volto al potenziamento degli aspetti cognitivi può essere realizzato, almeno in gran parte, dai genitori stessi. Fondamentale perciò è il counselling ai genitori per aiutarli ad essere protagonisti adeguati nel rapporto educativo con il figlio.
Tale aiuto può concretizzarsi nel:
a) fornire ai genitori una diagnosi ed una valutazione longitudinale dello sviluppo del figlio;
b) valorizzare il più possibile ciò che i genitori sanno già fare;
c) favorire la formazione di atteggiamenti complessivamente adeguati nei confronti del problema;
d) aiutare i genitori nella formulazione ed attuazione di un progetto educativo complessivo, che comporta anche scelte relativamente agli interventi abilitativi da ritenere primari per il proprio figlio e ai tempi in cui realizzarli senza sovraccaricare il figlio o la figlia e se stessi;
e) fornire ai genitori informazioni e conoscenze, nonché dotarli di strumenti di osservazione e di intervento adeguati al loro ruolo (ad esempio semplici schede di rilevazione o modalità per la stesura di un sintetico diario, che favoriscano meglio il dialogo con gli operatori).
Sulla base della nostra esperienza, nel primo anno di vita del bambino le richieste di counselling riguardano innanzitutto:

  • aiuto ai genitori per accettare positivamente e realisticamente la situazione;
  • favorire la conoscenza del bambino attraverso un affinamento della capacità di osservazione dei comportamenti significativi;
  • riflettere con costanza e profondità sulle modalità educative più adeguate.

Nel secondo anno acquista ulteriore importanza un’altra esigenza e cioè quella di osservare, capire e se opportuno favorire:

  • lo sviluppo motorio e
  • quello comunicativo e linguistico.

Seguono quindi, sempre più importanti negli anni successivi, altri temi di counselling:

  • lo sviluppo dell’autonomia
  • l’inserimento nell’Asilo Nido (e poi nella scuola dell’infanzia e in quella elementare) e i rapporti con gli insegnanti.

Soprattutto dall’età in cui i bambini frequentano la scuola dell’infanzia sono opportuni anche interventi diretti da parte dell’abilitatore cognitivo.
Di primaria importanza è il coordinamento con ciò che i genitori fanno a casa (coerentemente con il loro ruolo educativo) e gli insegnanti a scuola. Altrettanto cruciale è il coordinamento con gli interventi volti al potenziamento delle abilità motorie, comunicative e linguistiche.
Molteplici sono gli approcci. Ad esempio essi sono più o meno legati ad un approccio comportamentista, metacognitivo o neuropsicologico.
Da anni per bambini e ragazzi con una età mentale minima di 3 anni viene utilizzato anche il materiale per il potenziamento del pensiero del “Progetto MS“. Esso prevede alcuni test per la valutazione e materiale per l’intervento volto a favorire progressi nelle aree delle corrispondenze e delle funzioni, delle nozioni spaziali e temporali, delle simmetrie e delle rotazioni.
Negli interventi volti al potenziamento delle capacità cognitive è cruciale (almeno per bambini con età mentali superiori ai 4 anni);
– accrescere le conoscenze su come funziona la mente (con tecniche che valorizzino l’iniziativa dell’individuo);
– evidenziare che tendiamo a sopravalutare le capacità di ricordo (e quindi sottovalutare la forza dell’oblio);
– proporre “sfide ottimali” motivanti;
– esercitare il soggetto nell’uso di strategie di controllo tipiche della memoria di lavoro (al livello di intensità di controllo adeguato per l’individuo);
– contribuire a potenziare un atteggiamento attribuzionale che valorizzi il ruolo dell’impegno;
– proporre training che combinino attività volte alla conoscenza di come funziona la mente con attività di esercizio di strategie di memoria.

Vedi anche La robotica nel trattamento della disabilità mentale. Conti e Di Nuovo. Aprile 2023

Fonti bibliografiche principali

Tratto, con modifiche (01.01.2023), da 
Vianello, R., e Mammarella I. C. (2014). Psicologia delle disabilità. Bergamo: edizioni Junior.