La sindrome di Noonan è stata descritta per la prima volta da una cardiologa pediatra (Jacqueline Noonan, Università del Kentucky) nel 1963. Noonan e Ehmke (1963) descrissero 6 maschi e 3 femmine (estratti da un gruppo di 835 con cardiopatia congenita) con caratteristiche comuni (da far quindi pensare ad una sindrome) tra cui: stenosi polmonare, bassa statura, ipertelorismo, ritardo mentale, facies dismorfica. Nei primi anni la sindrome di Noonan fu confusa con la sindrome di Turner, per la comune presenza di caratteristiche fenotipiche come bassa statura, ipertelorismo e facies dismorfica (Noonan, 1968). A differenza della sindrome di Turner (Abdel-Salam e Temtamy, 1969), tuttavia, quella di Noonan interessa anche i maschi (dato che non sono coinvolti i cromosomi sessuali, ma un cromosoma autosomico). Dal 1965 Summit, Opitz e Smith utilizzarono la denominazione sindrome di Noonan, considerandola una sindrome a sé stante.
Secondo alcuni studiosi (Corsello, Attardo e Cipolla, 1992) sarebbe opportuno distinguere la sindrome di Noonan vera e propria da altre situazioni in cui non sono presenti tutti gli elementi caratteristici della sindrome e cioè dismorfia facciale, cardiopatia, ritardo psico-motorio e linfedema (infiammazione dei vasi linfatici).
L’incidenza della sindrome di Noonan sembra essere molto alta: tra 1:1.000 e 1.2.500 (Allanson, 1985). Si deve tuttavia notare che questa sindrome è caratterizzata da una notevole variabilità fenotipica. Questo ostacola anche le rilevazioni sull’incidenza, dato che esse sono affidate soprattutto all’analisi clinica, a causa della mancanza di marcatori molecolari o cellulari.
Essa colpisce sia maschi che femmine e non sono state evidenziate predisposizioni etniche o razziali. È stata rilevata una maggiore frequenza nelle popolazioni rurali e in ceti urbani poveri.
Le aspettative di vita per gli individui non affetti da grave cardiopatia congenita, non sono particolarmente diverse da quelle della popolazione normale.

Aspetti genetici
La sindrome di Noonan può manifestarsi ex novo, ma anche per trasmissione ereditaria.
I geni responsabili sono diversi, tutti appartenenti alla cascata RAS/MAPK, una cascata di proteine che trasmette segnali – messaggi – da un recettore posto sulla superficie della cellula al DNA contenuto nel nucleo della stessa cellula. Per questo motivo la sindrome di Noonan e altre patologie simili (sindromi Noonan-correlate) sono anche note come RASopatie. La sindrome di Noonan classica però si distingue dalle sindromi Noonan-correlate perché i sintomi clinici, specialmente quelli che riguardano lo sviluppo e la crescita, sono generalmente più lievi.
La sindrome di Noonan viene ereditata nella maggior parte dei casi come carattere autosomico dominante: è sufficiente l’alterazione di una delle due copie del gene per causare la malattia. Nel rimanente 25-30% dei casi la causa della sindrome non è nota.
Ogni cellula del nostro corpo ha due copie di ogni gene, una copia sul cromosoma ereditato dalla madre e una copia sul cromosoma ereditato dal padre. La sindrome di Noonan si verifica quando è alterato (mutato) uno solo dei due geni che contengono le informazioni necessarie per produrre una delle proteine della cascata RAS/MAPK. È presente una copia normale del gene che tuttavia non è sufficiente per ricostruire il messaggio che è stato danneggiato dal gene mutato. Di conseguenza, un genitore che porta una copia mutata di uno dei geni che possono causare la sindrome di Noonan ha un rischio del 50%, ad ogni concepimento, di avere un figlio con la sindrome di Noonan.
Sindrome di Noonan – Ospedale Pediatrico Bambino Gesù (ospedalebambinogesu.it)

Aspetti somatici
Le principali caratteristiche standard sono (Vellieux, Saint-Jacques, Loubry, Joly e Boissiere, 1978; Allanson, 1987; O’Brien e Yule, 2000):

  • facies dismorfica;
  • cardiopatia congenita nell’80% dei casi: stenosi della valvola polmonare (45%); ipertrofia settale asimmetrica a predominanza sinistra (25%) (Vellieux et al., 1978); altre anomalie cardiache, non raramente associate alle precedenti;
  • torace malformato (stretto, a scudo, a botte);
  • pterigium colli (pliche cutanee laterali al collo).

Altri segni clinici:

  • anomalie oculari, come ptosi (abbassamento) palpebrale, ipertelorismo (distanza tra gli occhi superiore alla media), epicanto (piega cutanea semilunare che ricopre il canto interno dell’occhio), rime palpebrali antimongoloidi, strabismo, miopia, nistagmo (oscillazioni del bulbo oculare in direzione laterale, orizzontale, rotatoria o mista), cheratocono (progressiva deformazione della cornea che assume forma di cono);
  • anomalie uditive (in particolare otiti medie e sordità neurosensoriale);
  • bassa statura;
  • collo corto;
  • alterazioni scheletriche (cifosi, cioè deviazione della colonna vertebrale lungo il piano laterale con curva a convessità posteriore; scoliosi, cioè deviazione della colonna vertebrale laterale rispetto all’asse longitudinale; scapole alate, cioè spostamento all’esterno delle scapole; spina bifida, dovuta a fenditura lungo il corpo vertebrale o a livello delle lamine del processo spinoso per anomalia congenita da mancata saldatura; anomalie vertebrali, coste cervicali);
  • lesioni della cute e degli annessi (cute iperelastica; macchie caffelatte; cheratosi pilare atrofica, cioè proliferazioni corneali di piccole dimensioni che presentano una formazione pilifera al centro; tendenza ai cheloidi, cioè neoformazioni cutanee compatte, di consistenza duro-elastica che si costituisce nel derma e si manifesta come una escrescenza solida, liscia, ricoperta di epitelio teso e lucido; linfedema; nevi, cioè malformazioni cutanee circoscritte; unghie distrofiche; capelli radi);
  • ipogenitalismo, criptorchidismo (mancata discesa dei testicoli nel sacco scrotale);
  • bassa statura;
  • cubito valgo (alterazione a carico dell’arto superiore con eccessiva abduzione – allontanamento di un arto o suo segmento dall’asse mediano per movimento sul piano frontale – dell’avambraccio);
  • padiglione auricolare grande, ad impianto basso, con elice (sporgenza della faccia laterale del padiglione auricolare) spesso, ruotato posteriormente;
  • palato ogivale;
  • impianto basso dei capelli posteriormente;
  • ridotto sviluppo della mandibola;
  • ritardo dell’età ossea;
  • fegato e milza aumentati di volume.

Secondo Sharland, Burch, McKenna e Paton (1992) i sintomi chiave per la formulazione della diagnosi (nel caso il cariotipo sia normale) sono la facies dismorfica e almeno una delle seguenti caratteristiche: cardiopatia congenita, pterigium colli, bassa statura, anomalia delle gonadi.
La diagnosi nei primi anni di vita non è comune. Non sono rari i casi in cui la diagnosi è effettuata dopo i 6 anni di vita.
Nel primo mese di vita si possono notare le seguenti caratteristiche: ipertelorismo, margine sopracciliare arcuato, epicanto, ptosi palpebrale, labbro superiore sporgente, anomalia della mascella che appare spostata indietro, orecchie ad impianto basso, cute abbondante sul collo.
Successivamente e prima del compimento del sesto anno di vita si possono notare: testa grande, occhi sporgenti e arrotondati, a volte strabismo, palpebre ispessite, punta del naso a bulbo, orecchie piccole, collo corto, capelli radi e lanuginosi.
Nell’adolescenza e nell’età adulta risultano: facies sempre più caratteristica, occhi meno prominenti, ipoplasia delle narici e naso sottile.
La diagnosi prenatale è ostacolata, come detto, dalla assenza di marcatori. Alcuni indici possono emergere dall’ecografia rilevando la presenza di: anasarca, cioè di accumulo di acqua nello spazio interstiziale dei tessuti; igroma cistico del collo (tumore benigno del tessuto linfatico); aumento del liquido amniotico superiore a 1.500-2.000 centimetri cubici.
Secondo Chervenak (1983) la correzione in utero di alterazioni del drenaggio linfatico intratoracico può modificare positivamente il decorso della stenosi polmonare.
Lo sviluppo motorio è spesso caratterizzato da ritardo. Secondo Lee, Portnoy, Hill, Gillberg e Patton (2005), che hanno considerato 48 minori, 28 maschi e 20 femmine, con età media di 10;9, il 51,2% manifestava gravi difficoltà motorie (contro il 5,1% della popolazione generale), il 16,3% moderate difficoltà motorie (contro il 9,6%). Il ritardo nello sviluppo motorio è quindi presente anche in casi in cui non è presente ritardo mentale. L’ipotonia gioca un ruolo cruciale. Anche se la variabilità è notevole, sono opportuni alcuni esempi. In media i bambini con sindrome di Noonan riescono a stare seduti senza bisogno di supporto a 8-12 mesi e a camminare a 18-24 mesi. Secondo Lee et al. (2005) e Gillberg (2003), con il passare dell’età le difficoltà tendono a diminuire.

Sviluppo cognitivo e linguistico
Dalla già citata ricerca condotta da Lee et al. (2005) risulta che le prestazioni medie al WISC-R sono sintetizzabili in un QI totale di 84, un QI verbale di 82 e un QI di performance di 87. Se confermati in un campione più ampio questi dati indicherebbero che vi sono persone con sindrome di Noonan non solo con intelligenza nella media, ma anche con intelligenza superiore alla media (ad esempio almeno un 3% con QI superiore a 115). Inoltre i casi di disabilità intellettiva (quindi con QI inferiore a 70) sarebbero più o meno il 15-20% e non il 30-35% (come riportato in altre fonti, ad esempio in O’Brien e Yule, 2000).
Una ricerca condotta da Money e Kaws già nel 1979 aveva evidenziato la notevole variabilità delle prestazioni. I punteggi di 8 partecipanti, fra i 13 e i 26 anni a cui furono proposte le scale di Wechsler, variavano infatti tra i 64 e i 127 punti di QI.
Una variabilità così alta è confermata anche da una ricerca condotta venti anni dopo da Van der Burgt, Thoonen, Roosenboom, Assman-Hulsmans, Gabreels, Otten e Brunnner (1999). I QI di 35 bambini e ragazzi di età compresa fra 7 e 18 anni risultarono fra 48 e 130, con una media di 86.
Dopo aver riportato i dati relativi al livello di sviluppo dell’intelligenza (che fanno pensare ad una curva normale spostata a sinistra di una deviazione standard), è opportuno considerare quelli relativi al profilo cognitivo e linguistico.
La discrepanza tra QI verbale e QI di performance emersa nella ricerca di Lee et al, (2005) è interessante, ma troppo lieve (5 punti) per trarne conclusioni sul profilo cognitivo e linguistico.
Horiguchi e Takeschita (2003) hanno trovato una discrepanza con un QI verbale inferiore a quello di performance, ma si deve considerare che si trattava di un singolo bambino di 10 anni.
Anche secondo la ricerca di Van der Burgt et al. (1999) risulterebbe (ma i dati non sono abbastanza netti) una discrepanza a sfavore delle prestazioni verbali.
Lo sviluppo del linguaggio è comunque compromesso, di norma, nella sindrome di Noonan.
Secondo uno studio condotto da Nora, Sibila, Spangler e Lubs (1974) su 25 individui con sindrome di Noonan, il 72% aveva difficoltà di articolazione. Poiché solo il 12% aveva problemi di udito, si deve ritenere che vi siano anche altre cause responsabili di tali difficoltà.
Secondo O’Brien e Yule (2000) una persona su tre manifesta ritardo nello sviluppo del linguaggio.

Caratteristiche del comportamento e di personalità, sviluppo sociale e rischio psicopatologico
Come scrivono O’Brien e Yule (2000), sul fenotipo comportamentale, emotivo e sociale della sindrome di Noonan si hanno quasi esclusivamente aneddoti e non ricerche. Analogamente sono carenti i dati relativi al rischio psicopatologico. Horiguchi e Takeshita (2003) descrivono situazioni caratterizzate da tratti autistici e ADHD. A nostro avviso non è opportuno ritenere questo dato come generalizzabile.

Considerazioni sull’educazione e il trattamento
La notevole variabilità della sindrome e la non definizione di un profilo cognitivo e comportamentale porterebbe a concludere che ogni intervento educativo e abilitativo dovrebbe essere centrato sulle caratteristiche individuali. Dato che questa considerazione è valida anche per le sindromi complessivamente omogenee (ad esempio la sindrome di Angelman) o per quelle più conosciute (come la sindrome di Down), ne risulta che essa è appropriata anche per la sindrome di Noonan. Nonostante questo ci sembrano opportune alcune considerazioni.
Fondamentale è aver presente che i problemi di tipo medico (sia per lo state di salute che provocano, che per gli effetti indiretti prodotti da medicine e da eventuali ospedalizzazioni) possono avere effetti negativi anche sullo sviluppo cognitivo e motivazionale. Questo può produrre il fenomeno, già evidenziato da Zigler (Zigler e Bennet-Gates, 1999) per le persone con ritardo mentale, del deficit rispetto all’età mentale, cioè ad una non adeguata utilizzazione delle capacità a disposizione. Educatori e abilitatori devono quindi essere particolarmente attenti alle risonanze emotive e motivazionali dei loro interventi. Particolare attenzione deve essere attribuita alla crescita di un’adeguata (e quindi anche realistica) autostima.
Anche le difficoltà a livello articolatorio possono comportare effetti negativi a livello motivazionale, riducendo il desiderio di comunicare (a causa degli insuccessi).
Particolare attenzione è opportuna nei casi in cui sia presente sordità. In queste situazioni ben tre diverse variabili (la probabile carenza linguistica generale, le difficoltà di articolazione e la sordità) incidono negativamente sulle prestazioni linguistiche.
La presenza di problemi medici, infine, incide negativamente anche sul livello di stress dei genitori (Dykens, Hodapp e Finucane, 2000; Vianello, Bonati, Lanfranchi e Moalli, 2006). Se ne deve tenere particolarmente conto nel fornire counselling ai familiari.

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Testo ripreso, con modifiche, da
Vianello, R. (2015). Disabilità intellettive. Con aggiornamenti al DSM-5. Bergamo: edizioni Junior.

Vedi Riferimenti bibliografici generali

Renzo Vianello, 10.05.2023