La sindrome di Hunter (descritta per la prima volta da Hunter nel 1917) è una mucopolisaccaridosi (affezioni degenerative ereditarie caratterizzate da deficit enzimatici).

Denominazioni alternative
Sindrome MPS II (MPS=mucopolisaccaridosi; II=due in numero romano).

Incidenza/Prevalenza
1/100.000-200.000 nati vivi.

Aspetti genetici
La sindrome è legata al cromosoma X (il gene responsabile si trova nei pressi dell’estremità del braccio lungo del cromosoma X; regione Xq28) e colpisce il 50% dei nati da una donna portatrice (malattia recessiva legata all’X). Nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di maschi.

Aspetti somatici, accrescimento fisico e sviluppo motorio
I sintomi emergono soprattutto a partire dai 2 anni (con il progressivo accumulo di mucopolisaccaridi nei tessuti). I più frequenti sono: lineamenti del viso grossolani, addome prominente, macrocefalia, irsutismo, infezioni respiratorie, diarrea cronica, otiti, anomalie retiniche, complicazioni cardiocircolatorie (circa 50% dei casi). Nei casi gravi è frequente la morte prima dei 20 anni per complicazioni cardiovascolari e/o neurologiche. Nei casi più lievi si hanno meno effetti negativi sia a livello fisico che mentale.

Sviluppo cognitivo
Nei casi gravi si ha disabilità intellettiva. Difficoltà di attenzione.

Sviluppo comunicativo e linguistico
Tendenzialmente inferiore alle prestazioni cognitive.

Caratteristiche del comportamento e di personalità, sviluppo sociale e rischio psicopatologico
Spesso presenti disturbi del sonno e ulteriori effetti indiretti delle complicanze fisiche e mediche della malattia.

Charles A. Hunter (Scozia 1873 –  Canada 1955), medico specialista in medicina interna.

Testo ripreso, con aggiornamenti, da
Vianello, R. (2015). Disabilità intellettive. Con aggiornamenti al DSM-5. Bergamo: edizioni Junior.

Renzo Vianello, 17.07.2023

Approfondimento

Descrizione clinica
Alla nascita, i pazienti appaiono sani, in quanto i sintomi esordiscono tra i 18 mesi e i 4 anni. La macrocefalia si manifesta nella prima infanzia; inizialmente la crescita dei neonati è normale o sopra la media. I sintomi d’esordio comprendono le infezioni frequenti delle vie aeree (in particolare l’otite media), l’ernia ombelicale e inguinale, la diarrea non trattabile, l’epatosplenomegalia e le lesioni cutanee che ricordano la buccia di un’arancia (localizzate sulle spalle, sulla schiena e sulle cosce). I pazienti sviluppano lentamente un aspetto caratteristico (labbra e narici ispessite e lingua grande e prominente), che diventa evidente tra i 2 e i 4 anni, o successivamente nei casi meno gravi. La progressione è variabile e comprende una forma grave (MPS2 forma grave) associata a regressione psicomotoria precoce, oppure una forma attenuata (MPS2 forma attenuata) senza interessamento cognitivo.

Dati eziologici
La MPS2 è causata da un deficit di iduronato-2-sulfatasi (I2S), che comporta l’accumulo di due specifici mucopolisaccaridi, il dermatan solfato (DS) e l’eparan solfato (HS). Il gene-malattia, IDS, mappa su Xq28. Sono state individuate circa 320 mutazioni responsabili della malattia.

Metodi diagnostici
La diagnosi si basa sui segni clinici e sull’aumento dei livelli di DS e HS nelle urine, e viene confermata dalla presenza del deficit enzimatico nel siero, nei leucociti o nei fibroblasti, oppure sugli strisci di sangue essiccato. È inoltre necessario esaminare l’attività enzimatica di un’altra solfatasi. I test genetici si basano sulla ricerca di delezioni esoniche o dell’intero gene, di mutazioni puntiformi nel gene IDS e nella regione del promotore, e di ricombinazioni con il vicino pseudogene IDS2.

Diagnosi differenziale
La diagnosi differenziale si pone con la mucopolisaccaridosi tipo 1, 6 e 7, con la sialidosi tipo 2, la mucolipidosi tipo 2 e 3, e con il deficit multiplo di solfatasi.

Diagnosi prenatale
La diagnosi prenatale si basa sulla misurazione dell’attività di IDS o sull’analisi delle mutazioni nei villi coriali o negli amniociti, e viene eseguita solo per i feti maschi.

Consulenza genetica
Essendo la MPS2 una malattia recessiva legata all’X, le femmine a rischio di essere portatrici devono sottoporsi al test genetico. Le femmine portatrici trasmettono la malattia al 50% dei figli. Sono stati documentati solo 12 casi di ragazze affette a causa di un’alterata inattivazione del cromosoma X.

Presa in carico e trattamento
In tutti i pazienti dovrebbe essere presa in considerazione la terapia enzimatica sostitutiva (ERT) settimanale per endovena, per attenuare i sintomi somatici. Si raccomanda di posizionare uno shunt intracranico per alleviare l’idrocefalo, se presente. In alcuni pazienti, può rendersi necessaria la correzione dell’ernia, la tonsillectomia e l’adenoidectomia (per liberare le vie aeree superiori) e, in alcuni casi, la ventilazione a pressione positiva o la tracheostomia. Nel tempo, può essere necessaria la sostituzione della valvola cardiaca o la protesi dell’anca, e l’intervento sul tunnel carpale. Sono necessarie cure palliative e una valutazione regolare del paziente mediante ecocardiogramma, monitoraggio della funzione respiratoria, esame radiologico completo per individuare la disostosi multipla, RMN cranica e cervicale con o senza puntura lombare per valutare la pressione del liquido cerebrospinale, test dell’udito e della vista, e analisi della velocità di conduzione dei nervi.

Prognosi
La prognosi è molto variabile. Nella forma grave (60-80% dei casi) l’aspettativa di vita è notevolmente ridotta; il decesso avviene prima dei 25 anni a causa delle complicanze cardiorespiratorie. Nella forma attenuata, i pazienti possono sopravvivere fino all’età adulta, talvolta anche oltre i 60 anni, spesso senza deficit intellettivi.

Revisore(i) esperto(i): Dr Barbara BURTON – Ultimo aggiornamento:Giugno 2019

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