Disturbo non-verbale  o Disturbo dello sviluppo delle abilità visuospaziali?
Con il passare del tempo la denominazione “Disturbo dell’apprendimento non-verbale” è sempre più sostituita da “Disturbo visuospaziale” o, ancor meglio, “Disturbo dello sviluppo delle abilità visuospaziali), dato che nella sua essenza questo disturbo si caratterizza per basse prestazioni in compiti visuospaziali (in particolare in prove di memoria visuospaziale) associate a prestazioni almeno sufficienti (o comunque decisamente migliori) nelle prove verbali. A livello scolastico possono esserci difficoltà in situazioni che richiedono abilità visuospaziali. Ad esempio in compiti di geometria, matematica e in comprensione di testi che richiedono immaginazione visuospaziale.
È frequente l’associazione con difficoltà fino-motorie, attentive ed emotive.
Pur essendoci ormai molti dati scientifici (Mammarella e Cornoldi, 2023) che suggeriscono una sua autonomia rispetto ad altri disturbi di apprendimento, esso non è ancora esplicitamente citato nei manuali diagnostici ICD e DSM.

Diagnosi e valutazione
Cornoldi, Mammarella e Fine (2016) propongono i seguenti criteri per la valutazione (versione italiana in sintesi ripresa in Mammarella e Cornoldi, 2023):

  1. Presenza di un deficit persistente in una o più misure di intelligenza o ragionamento non-verbale (per es. in misure di ragionamento percettivo, intelligenza visuospaziale etc.) in presenza di intelligenza verbale in norma o sopra la media.
  2. Cadute sostanziali – allo stato attuale, o nella storia del bambino – nell’elaborazione visuospaziale, dimostrate da difficoltà in almeno due delle seguenti aree:
    • Difficoltà in prove di percezione visiva (es. analisi e riconoscimento di Gestalt);
    • Difficoltà nella riproduzione su copia o nel ricordo di disegni (es. figure geometriche, figure complesse, stimoli tipicamente utilizzati in prove visuo-costruttive);
  3. Presenza di indizi clinici e/o psicometrici di debolezze in almeno una nelle seguenti aree – allo stato attuale o nella storia del bambino:
    • Difficoltà fino-motorie (es. nell’uso coordinato delle mani, nella scrittura, nell’uso di zip, bottoni, lacci);
    • Difficoltà nell’apprendimento del calcolo (es. scrittura di numeri speculari, incolonnamento, errori di prestito/riporto) o in altre materie che coinvolgono le abilità visuospaziali (es. geometria, comprensione di testi spaziali, interpretazione di grafici o tabelle) in presenza di un’adeguata decodifica della lettura;
    • Difficoltà nelle interazioni sociali (es. linguaggio verboso, difficoltà di comprensione della comunicazione non verbale e della pragmatica del linguaggio);
    • Difficoltà nel ricordare temporaneamente informazioni visuospaziali (es. bassi punteggi in prove di memoria a breve termine o memoria di lavoro visuospaziale).
  4. Alcuni sintomi possono essere visibili prima dei 7 anni sebbene possano non manifestarsi completamente fino al momento in cui le richieste scolastiche o della vita quotidiana non eccedano le capacità del bambino, o essere mascherati dalla presenza di buone strategie verbali.
  5. Ci sono evidenze che mostrano un’interferenza dei sintomi sulla qualità del funzionamento sociale, scolastico o nella vita del bambino.
  6. Le difficoltà non sono spiegate dalla presenza di un disturbo dello spettro autistico (ASD) senza disabilità intellettiva o di un disturbo della coordinazione motoria (DCD). La diagnosi può essere fatta in presenza di alcuni sintomi tipici del ASD o DCD, ma se sono soddisfatti i criteri diagnostici non si applica la diagnosi di Disturbo dello sviluppo delle abilità visuospaziali. Ciò non esclude, tuttavia, la possibile comorbilità tra i vari disturbi. Se il profilo del Disturbo dello sviluppo delle abilità visuospaziali è conseguenza di una disabilità intellettiva (DI), disabilità sensoriale, o una sindrome genetica, non si applica la diagnosi di Disturbo dello sviluppo delle abilità visuospaziali.

Trattamento
Anche per le indicazioni relative al trattamento ci sembra opportuno riportare quanto proposto da Cornoldi, Mammarella e Fine (2016) (ripreso in Mammarella e Cornoldi, 2023).

  1. Definire un progetto di intervento a lungo termine per supportare il bambino.
  2. Definire le linee di intervento sulla base degli esiti della valutazione del bambino, considerando nello specifico i fattori di rischio e le risorse del contesto a disposizione.
  3. Stabilire delle priorità, lavorando su una o due aree per volta, senza sovraccaricare il bambino.
  4. Utilizzare un approccio multimodale che comprenda l’intervento su bambino, scuola, famiglia e contesto sociale di riferimento.
  5. Favorire lo sviluppo di consapevolezza nel bambino illustrandogli punti di forza e di debolezza del profilo, allo scopo di incrementare conoscenze e strategie metacognitive.
  6. Accettare l’idea che sarà impossibile eliminare alcuni deficit e favorire la ricerca di modalità e strategie per evitare che i deficit influenzino negativamente lo sviluppo generale.
  7. Prevenire lo sviluppo di sintomi secondari, in particolar modo quelli legati agli aspetti socio-emotivi.
  8. Da un punto di vista evolutivo può essere utile potenziare inizialmente le abilità cognitive, e successivamente le abilità adattive.
  9. Aiutare il bambino ad interpretare i segnali della comunicazione non-verbale.
  10. Incrementare le attribuzioni di auto-efficacia e orientate all’impegno, per motivare il bambino al cambiamento e ridurre i rischi di impotenza appresa.
  11. Suggerire strategie alternative, e aiutare il bambino a sviluppare autonomamente strategie di coping.
  12. Sviluppare la consapevolezza metacognitiva e l’utilizzo di strategie verbali di auto-istruzione in situazioni di difficoltà.
  13. Favorire l’automatizzazione di conoscenze procedurali per le aree di difficoltà
  14. Evitare di sovraccaricare la memoria di lavoro, in particolare per materiali di natura visuospaziale.
  15. Dividere i compiti complessi in sotto-obiettivi e aiutare il bambino nell’uso di auto-istruzioni verbali.

Per ulteriori approfondimenti si veda anche il sito www.aidnv.it di cui riportiamo qui sotto una pagina

Il Disturbo dell’Apprendimento Non Verbale è un disturbo complesso che si caratterizza per cadute specifiche in compiti di natura visuo-spaziale, associate a buone competenze verbali.

Mio figlio ha un disturbo non verbale?

  1. Il tuo bambino ha un buon vocabolario, ma ha difficoltà in compiti che richiedono abilità visuo-spaziali, come costruire un puzzle, giocare con i lego o imparare un percorso?
  2. Fa fatica ad incolonnare i numeri delle operazioni, non gli piace disegnare e fa fatica a gestire lo spazio sul foglio quando disegna e quando scrive?
  3. Fatica ad allacciarsi le scarpe e/o a utilizzare piccoli utensili come, ad esempio, penne, forbici o righello?
  4. Sembra un po’ goffo, non è portato per gli sport?
  5. È un po’ isolato dai pari nonostante desideri avere delle amicizie?

Queste sono alcune delle caratteristiche tipiche dei bambini con Disturbo Non Verbale, perciò se avete risposto “sì” alla prima domanda e ad alcune di quelle seguenti, mettetevi in contatto con l’associazione.

Quali sono le cadute a scuola dei bambini con Disturbo Nonverbale?
I bambini con Disturbo Nonverbale solitamente presentano difficoltà evidenti nell’area della matematica o in altre materie che sottendono le abilità visuo-spaziali e grafo-motorie, quali geometria, disegno, lettura di tabelle e grafici. Nello specifico:

  1. Sembrano non riuscire ad allineare e incolonnare i numeri per svolgere i calcoli, hanno difficoltà nell’uso del prestito e riporto, sbagliano a scrivere i numeri e i segni delle operazioni, faticano a comprendere le frazioni ecc.;
  2. La grafia appare un po’ confusa, difficile da leggere e sembra non seguire l’orientamento del foglio (es. non rispetta i margini);
  3. Il disegno è povero e sembra quello di un bambino più piccolo;
  4. Hanno difficoltà a leggere l’orologio e/o nel dare valore alle monete;
  5. In geometria fanno fatica a riconoscere le figure e a lavorare con immagini mentali/figure astratte e le loro caratteristiche (es. base, altezza ecc.);
  6. In scienze mostrano difficoltà nello stabilire relazioni spazio-temporali, causa-effetto, scarsa comprensione di grafici e tabelle ecc.,
  7. In geografia faticano a utilizzare mappe, riprodurre percorsi e/o comprendere schemi.
Fonti bibliografiche principali

Cornoldi, C. (a cura di) (2023). I disturbi di apprendimento. Bologna: Il Mulino.
Cornoldi, C., Mammarella, I. C., & Fine, J. G. (2016). Nonverbal Learning Disabilities. The Guilford Press, New York, London.
Mammarella, I. C., e Cornoldi, C. (2023). Il Disturbo non-verbale (disturbo dello sviluppo delle abilità visuospaziali). In C. Cornoldi (a cura di), I disturbi di apprendimento (pp. 209-236). Bologna: Il Mulino.

Renzo Vianello, 13.04.2023