Cos’è il PDP – piano didattico personalizzato? Quando si attua?
È chiamato in questo modo il documento di programmazione con il quale la scuola definisce gli interventi che intende mettere in atto nei confronti degli alunni con esigenze didattiche particolari ma non riconducibili alla disabilità (in caso di disabilità, come è noto, il documento di programmazione si chiama PEI, Piano Didattico Individualizzato, ben diverso per contenuti e modalità di definizione). Per gli alunni con DSA, Disturbi Specifici di Apprendimento, un documento di programmazione personalizzato (il PDP, appunto) è di fatto obbligatorio; contenuti minimi sono indicati nelle Linee Guida del 2011, come pure i tempi massimi di definizione (entro il primo trimestre scolastico). La scuola può elaborare un documento di programmazione di questo tipo per tutti gli alunni con Bisogni Educativi Speciali qualora lo ritenga necessario. Per gli alunni con DSA, il consiglio di classe predispone il Piano Didattico Personalizzato, nelle forme ritenute più idonee e nei tempi che non superino il primo trimestre scolastico, articolato per le discipline coinvolte nel disturbo, che dovrà contenere:

  1. Dati anagrafici
  2. Tipologia del disturbo
  3. Attività didattiche individualizzate
  4. Attività didattiche personalizzate
  5. Strumenti compensativi
  6. Misure dispensative
  7. Forme di verifica e valutazione personalizzata

Cosa sono gli strumenti compensativi per gli alunni con DSA? 
Gli strumenti compensativi sono strumenti didattici e tecnologici che sostituiscono o facilitano la prestazione richiesta nell’abilità deficitaria. Fra i più noti indichiamo:

  1. la sintesi vocale, che trasforma un compito di lettura in un compito di ascolto;
  2. il registratore, che consente all’alunno o allo studente di non scrivere gli appunti della lezione;
  3. i programmi di video scrittura con correttore ortografico, che permettono la produzione di testi sufficientemente corretti senza l’affaticamento della rilettura e della contestuale correzione degli errori;
  4. la calcolatrice, che facilita le operazioni di calcolo;
  5. altri strumenti tecnologicamente meno evoluti quali tabelle, formulari, mappe concettuali, etc.

Tali strumenti sollevano l’alunno o lo studente con DSA da una prestazione resa difficoltosa dal disturbo, senza peraltro facilitargli il compito dal punto di vista cognitivo. L’utilizzo di tali strumenti non è immediato e i docenti – anche sulla base delle indicazioni del referente di istituto – avranno cura di sostenerne l’uso da parte di alunni e studenti con DSA.

Quali sono le misure dispensative per gli alunni con DSA?
Le misure dispensative sono invece interventi che consentono all’alunno o allo studente di non svolgere alcune prestazioni che, a causa del disturbo, risultano particolarmente difficoltose e che non migliorano l’apprendimento. Per esempio, non è utile far leggere a un alunno con dislessia un lungo brano, in quanto l’esercizio, per via del disturbo, non migliora la sua prestazione nella lettura. Rientrano tra le misure dispensative altresì le interrogazioni programmate, l’uso del vocabolario, poter svolgere una prova su un contenuto comunque disciplinarmente significativo, ma ridotto o tempi più lunghi per le verifiche. L’adozione delle misure dispensative, dovrà essere sempre valutata sulla base dell’effettiva incidenza del disturbo sulle prestazioni richieste, in modo tale da non differenziare, in ordine agli obiettivi, il percorso di apprendimento dell’alunno o dello studente in questione.

Cosa sono i centri territoriali di supporto per la consulenza alle scuole?
Rete territoriale, pubblica di Centri per gli ausili permanente con il compito di accumulare, conservare e diffondere le conoscenze (buone pratiche, corsi di formazione) e le risorse (hardware e software) a favore dell’integrazione didattica dei disabili attraverso le Nuove Tecnologie. La rete è in grado di sostenere concretamente le scuole nell’acquisto e nell’uso efficiente delle nuove tecnologie per l’integrazione scolastica. Nata con il progetto NTD (Nuove Tecnologie e Disabilità), distribuita uniformemente su tutto il territorio italiano, offre consulenze e formazione a insegnanti, genitori e alunni sul tema delle tecnologie applicate a favore degli alunni disabili. Sul territorio nazionale sono funzionanti al momento 100 Centri Territoriali di Supporto. Per sostenere i CTS, il Ministero prevede incontri di formazione e di discussione con i referenti regionali per la disabilità e con gli operatori dei singoli Centri. Il referente dei CTS può essere contattato sia dal Dirigente Scolastico sia dalla famiglia, sia dai docenti stessi.

Tratto da https://miur.gov.it/web/guest/dsa

6A00 Disturbi dello sviluppo intellettivo (Disorders of intellectual development)

6A01 Disturbi evolutivi dell’eloquio e del linguaggio (Developmental speech or language disorders)

6A02 Disturbi dello spettro dell’autismo (Autism spectrum disorder)

6A03 Disturbo evolutivo dell’apprendimento (Developmental learning disorder)

6A03.0 Compromissione della lettura

6A03.1 Compromissione nell’espressione scritta

6A03.2 Compromissione in matematica

6A03.3 Altre compromissioni nell’apprendimento specificate

6A03.Z Disturbo di apprendimento, non specificato

6A04 Disturbo evolutivo della coordinazione motoria (Developmental motor coordination disorder)

6A05 Deficit di attenzione e iperattività  (Attention deficit hyperactivity disorder )

6A06 Disturbo del movimento stereotipato (Stereotyped movement disorder)

6A0Y Altri disturbi del neurosviluppo specificati (Other specified neurodevelopmental disorders)

6A0Z Disturbi del neurosviluppo, non specificati (Neurodevelopmental disorders, unspecified)

6A03 Disturbo evolutivo dell’apprendimento
È caratterizzato da difficoltà significative e persistenti nell’apprendimento delle abilità scolastiche, che possono includere la lettura, la scrittura o l’aritmetica. Le prestazioni dell’individuo nelle abilità scolastiche interessate sono nettamente  inferiori a quanto ci si aspetterebbe per l’età cronologica e il livello generale di funzionamento scolastico o lavorativo dell’individuo. Si manifesta per la prima volta quando le abilità scolastiche vengono insegnate durante i primi anni di scuola. Non è dovuto ad un disturbo dello sviluppo intellettivo, compromissione sensoriale (vista o udito), disturbo neurologico o motorio, mancanza di disponibilità di istruzione, mancanza di competenza nella lingua dell’istruzione scolastica o avversità psicosociali.

Per la diagnosi sono richieste le seguenti caratteristiche.

  • Presenza di limitazioni significative nell’apprendimento delle capacità scolastiche di lettura, scrittura o aritmetica, risultanti in un livello di abilità nettamente inferiore a quello che ci si aspetterebbe per l’età. Le limitazioni nell’apprendimento sono evidenti nonostante una adeguata istruzione scolastica nelle aree pertinenti. Le limitazioni possono essere limitate ad un singolo componente di una abilità (ad esempio, l’incapacità di padroneggiare la matematica di base o di decodificare singole parole in modo accurato e scorrevole) o influenzare tutta la lettura, la scrittura e l’aritmetica. Idealmente, le limitazioni vengono misurate utilizzando test adeguatamente normati e standardizzati.
  • L’esordio delle limitazioni si verifica tipicamente durante i primi anni scolastici, ma in alcuni individui può non essere identificato fino a tardi nella vita, inclusa l’età adulta, quando le richieste di rendimento relative all’apprendimento superano le capacità limitate.
  • Le limitazioni non sono imputabili a fattori esterni, come svantaggi economici o ambientali, o mancanza di accesso alle opportunità educative.
  • Le difficoltà di apprendimento non sono meglio giustificate da un Disturbo dello Sviluppo Intellettuale o da un altro Disturbo del Neurosviluppo o da un’altra condizione come un disturbo motorio o un disturbo sensoriale della vista o dell’udito.
  • Le difficoltà di apprendimento comportano una compromissione significativa del funzionamento scolastico, lavorativo o di altre aree importanti dell’individuo. Se il funzionamento viene mantenuto, è solo attraverso un significativo sforzo aggiuntivo.

Specificare quali abilità scolastiche sono significativamente compromesse al momento della valutazione. Possono essere usati specificatori multipli per evidenziare le limitazioni in più abilità.

 

6A03.0 Compromissione della lettura
Le difficoltà di apprendimento si manifestano in limitazioni nelle capacità di lettura come l’accuratezza, la fluidità e la comprensione della lettura.

6A03.1 Compromissione nell’espressione scritta
Le difficoltà di apprendimento si manifestano in limitazioni nelle capacità di scrittura come l’accuratezza dell’ortografia, della grammatica e della punteggiatura, l’organizzazione e la coesione delle idee nella scrittura.

6A03.2 Compromissione in matematica
Le difficoltà di apprendimento si manifestano in limitazioni nelle abilità matematiche come il senso del numero, la memorizzazzione di fatti numerici, il calcolo accurato, il calcolo fluente, il ragionamento matematico accurato.

6A03.3 Altre compromissioni nell’apprendimento specificate
Le difficoltà di apprendimento si manifestano in limitazioni nell’apprendimento e in prestazioni scolastiche specifiche che non sono adeguatamente caratterizzate da uno degli altri specificatori disponibili.

6A03.Z Disturbo di apprendimento, non specificato

Caratteristiche cliniche aggiuntive
Gli individui con Disturbo Evolutivo dell’Apprendimento mostrano tipicamente compromissioni in vari processi psicologici sottostanti, che possono includere l’elaborazione fonologica, l’elaborazione ortografica, la memoria (inclusa la memoria di lavoro), le funzioni esecutive (incluso il controllo inibitorio, il cambio di set, la pianificazione), l’apprendimento e l’automatizzaione dei simboli (per es. visivi, alfanumerici), l’integrazione percettivo-motoria e la velocità di elaborazione delle informazioni. Si presume che i deficit in questi processi psicologici siano alla base della capacità di un bambino di apprendere abilità scolastiche. Comunque, la precisa relazione tra processi psicologici e risultati relativi alla capacità di apprendimento non è ancora sufficientemente compresa per consentire una classificazione accurata e clinicamente utile basata su questi processi sottostanti.
Il Disturbo Evolutivo dell’Apprendimento è spesso associato con altri Disturbi del Neurosviluppo, come il Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività, il Disturbo Evolutivo della Coordinazione Motoria, il Disturbo Evolutivo del Linguaggio e il Disturbo dello Spettro Autistico.
Molte persone con Disturbo Evolutivo dell’Apprendimento hanno marcate difficoltà nell’autoregolare l’attenzione, che non sono sufficientemente gravi da giustificare una diagnosi separata. Le difficoltà persistenti nell’autoregolare l’attenzione possono avere effetti deleteri sui risultati scolastici e possono impedire la risposta all’intervento o ai supporti.
Alcuni individui con Disturbo Evolutivo dell’Apprendimento possono essere in grado di sostenere livelli apparentemente adeguati di competenze scolastiche di base utilizzando strategie compensative o dedicando livelli straordinariamente elevati di impegno o tempo, o fornendo loro livelli di supporto insolitamente elevati. Comunque, quando le richieste di efficienza nelle competenze scolastixche di base aumentano e superano le capacità (ad esempio, in test a tempo, lettura o scrittura di lunghi rapporti dettagliati per una scadenza ravvicinata, corsi scolastici più impegnativi come nelle scuole secondarie, nell’istruzione post-secondaria o nella formazione professionale), le difficoltà di apprendimento sottostanti tendono a diventare pienamente evidenti.
Idealmente, la determinazione della presenza del Disturbo Evolutivo dell’Apprendimento include la valutazione del rendimento scolastico utilizzando strumenti standardizzati e opportunamente normati. Comunque, il punteggio di un bambino in un singolo test che misura una particolare abilità scolastica non è sufficiente per distinguere il disturbo dalla normalità. I punteggi dei risultati possono variare a causa delle proprietà tecniche del test specifico utilizzato, delle condizioni del test e di una varietà di altre variabili e possono anche variare sostanzialmente durante lo sviluppo e il corso della vita dell’individuo. Pertanto, la diagnosi di Disturbo Evolutivo dell’Apprendimento dovrebbe considerare anche varie fonti che evidenziano la capacità di apprendimento del bambino al di fuori della situazione di test formale.

Confine con la normalità (soglia)
L’età di acquisizione delle abilità scolastiche varia e l’acquisizione tardiva di una particolare abilità scolastica rispetto ai coetanei non indica necessariamente la presenza di un disturbo. Il Disturbo Evolutivo dell’Apprendimento si distingue per la persistente difficoltà nell’apprendere le particolari abilità scolastiche nel tempo nonostante adeguate opportunità educative, e per la gravità della compromissione causata dalla difficoltà di apprendimento.

Caratteristiche del decorso
I deficit nella lettura, nella matematica e nell’espressione scritta identificati nell’infanzia in genere persistono durante l’adolescenza e nell’età adulta. Questi deficit possono avere un impatto negativo sul rendimento scolastico di un bambino, aumentare la probabilità di abbandono scolastico e contribuire alla disoccupazione (o sottoccupazione), in particolare se non trattati, in età adulta. Insieme all’abbandono scolastico, significativi sintomi depressivi concomitanti aumentano il rischio di esiti di scarsa salute mentale, compreso il suicidio.
Le compromissioni specifiche associate al Disturbo Evolutivo dell’Apprendimento variano con lo stadio di sviluppo e le capacità di apprendimento, la gravità dei deficit, la complessità dei compiti, la presenza di Disturbi Mentali, Comportamentali o del Neurosviluppo concomitanti e la disponibilità di supporti.
Il Disturbo Evolutivo dell’Apprendimento è anche associato ad un aumentato rischio di ideazione suicidaria e tentativi di suicidio nel corso della vita.

Aspetti evolutivi
Il Disturbo Evolutivo dell’Apprendimento è spesso diagnosticato durante gli anni della scuola primaria perché le difficoltà nella lettura, matematica e/o scrittura tipicamente diventano evidenti solo quando questi argomenti vengono insegnati formalmente. Alcuni individui, tuttavia, potrebbero non essere diagnosticati fino a uno stadio più avanzato dello sviluppo, inclusa l’età adulta. Le compromissioni pre-morbose, come nel linguaggio, nel conteggio o nella rima, o nel controllo motorio fine tendono ad essere evidenti nella prima infanzia prima della diagnosi di Disturbo Evolutivo dell’Apprendimento.
Si stima che la prevalenza del Disturbo Evolutivo dell’Apprendimento in tutte le aree di compromissione (cioè lettura, espressione scritta e matematica) colpisca tra il 5 e il 15% dei bambini in età scolare. La prevalenza tra gli adulti non è nota, ma stimata intorno al 4%. La prevalenza del Disturbo Evolutivo dell’Apprendimento per specifiche aree scolastiche tra i bambini in età scolare è variabile (la lettura è stimata al 5 – 17%; matematica: 6 – 7%; espressione scritta: 7 – 15%).
I bambini con Disturbo Evolutivo dell’Apprendimento presentano spesso sintomi concomitanti di Disturbi Depressivi, Ansia o Disturbi Correlati alla Paura e Disturbi Comportamentali Esternalizzati, che possono rendere più difficile la valutazione dei loro disturbi dell’apprendimento.
I bambini con Disturbo Evolutivo dell’Apprendimento con compromissione in un’area scolastica hanno maggiori probabilità di avere compromissioni concomitanti in altre aree.

Caratteristiche relative alla cultura
Il disturbo dello sviluppo dell’apprendimento con compromissione nella lettura può manifestarsi in modo diverso a seconda del linguaggio. Ad esempio, in inglese, si manifesta con una lettura imprecisa e lenta di singole parole. In altre lingue con mappatura più diretta tra suoni e lettere (ad es. spagnolo, tedesco) e lingue non alfabetiche (ad es. cinese, giapponese), la presentazione tipica è una lettura lenta ma accurata.

Caratteristiche legate al sesso e/o al genere
Il disturbo dello sviluppo dell’apprendimento è più comune tra i ragazzi. I ragazzi possono avere maggiori probabilità di essere indirizzati clinicamente a causa della maggiore prevalenza di disturbo da deficit di attenzione e iperattività concomitante o comportamenti problematici di esternalizzazione.
Tra i campioni della comunità, il rapporto di genere tra maschi e femmine varia da 1,5:1 a 3:1. Questo rapporto risulta maggiore nei campioni clinici (stimato a 6:1).

Confini con altri disturbi e condizioni (diagnosi differenziale)

Confine con Disturbi dello sviluppo intellettivo
Gli individui con disturbi dello sviluppo intellettivo spesso presentano limitazioni nel rendimento scolastico a causa di significativi deficit generalizzati nel funzionamento intellettivo. È quindi difficile stabilire la co-occorrenza di un Disturbo Evolutivo dell’Apprendimento in soggetti con Disturbo dello Sviluppo Intellettivo. Il Disturbo Evolutivo dell’Apprendimento dovrebbe essere diagnosticato solo in presenza di un Disturbo dello Sviluppo Intellettuale quando le limitazioni nell’apprendimento sono significativamente superiori a quelle normalmente previste per il livello di funzionamento intellettivo dell’individuo.

Confine con il Disturbo Evolutivo del Linguaggio.
Deficit persistenti nell’acquisizione, comprensione, produzione o uso del linguaggio nel Disturbo Evolutivo del Linguaggio possono portare a difficoltà di apprendimento scolastico, specialmente nell’alfabetizzazione, inclusa la lettura delle parole e la produzione scritta. Se sono soddisfatti tutti i requisiti diagnostici sia per il Disturbo Evolutivo del Linguaggio che per il Disturbo Evolutivo dell’Apprendimento, possono essere assegnate entrambe le diagnosi.

Confine con Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività.
Molti individui con Disturbo Evolutivo dell’Apprendimento hanno marcate difficoltà nell’autoregolazione dell’attenzione. Tuttavia, a differenza del Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività, i limiti nell’acquisizione delle abilità scolastiche nel Disturbo Evolutivo dell’Apprendimento non sono solo una funzione della capacità di un bambino di sostenere l’attenzione sui compiti scolastici o di modulare adeguatamente il proprio livello di attività. La co-occorrenza del Disturbo Evolutivo dell’Apprendimento e del Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività è comune ed entrambi i disturbi possono essere diagnosticati se i requisiti diagnostici sono soddisfatti.

Confine con menomazioni sensoriali.
Il Disturbo Evolutivo dell’Apprendimento deve essere differenziato dalle difficoltà di apprendimento che sorgono a causa di menomazioni sensoriali della vista o dell’udito. Comunque, le persone con problemi di vista e udito per i quali sono state fatte adeguate sistemazioni possono anche avere un Disturbo Evolutivo dell’Apprendimento concomitante.

Confine con malattie neurodegenerative.
Il Disturbo Evolutivo dell’Apprendimento si distingue dalle difficoltà di apprendimento che si verificano dopo il periodo dello sviluppo a causa di malattie neurodegenerative o di lesioni (ad es. lesioni cerebrali traumatiche) dal fatto che in queste ultime condizioni c’è una perdita di competenze scolastiche precedentemente acquisite e della precedente capacità di apprendere nuove abilità.

LEGGE 8 ottobre 2010, n. 170
Nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico.

La  Camera  dei  deputati  ed  il  Senato  della  Repubblica  hanno approvato;

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Promulga la seguente legge:

Art. 1
Riconoscimento e definizione di dislessia, disgrafia, disortografia e discalculia

  1. La presente legge riconosce  la  dislessia,  la  disgrafia,  la disortografia  e  la  discalculia   quali   disturbi   specifici   diapprendimento, di seguito denominati «DSA»,  che  si  manifestano  in presenza di capacita’ cognitive adeguate,  in  assenza  di  patologie neurologiche e di  deficit  sensoriali,  ma  possono  costituire  una limitazione importante per alcune attivita’ della vita quotidiana.
  2. Ai fini della presente  legge,  si  intende  per  dislessia  un disturbo specifico che si manifesta con una difficolta’ nell’imparare a leggere, in particolare nella decifrazione dei  segni  linguistici, ovvero nella correttezza e nella rapidita’ della lettura.
  3. Ai fini della presente  legge,  si  intende  per  disgrafia  un disturbo specifico di scrittura che si manifesta in difficolta’ nella realizzazione grafica.
  4. Ai fini della presente legge, si intende per  disortografia  un disturbo specifico di scrittura che si manifesta in  difficolta’  nei processi linguistici di transcodifica.
  5. Ai fini della presente legge, si  intende  per  discalculia  un disturbo  specifico  che  si  manifesta  con  una  difficolta’  negli automatismi del calcolo e dell’elaborazione dei numeri.
  6. La dislessia, la disgrafia, la disortografia e  la  discalculia possono sussistere separatamente o insieme.
  7. Nell’interpretazione delle definizioni di cui ai commi da 2 a 5, si tiene conto  dell’evoluzione  delle  conoscenze  scientifiche  in materia.

Art. 2
Finalità

  1. La presente legge persegue, per le persone con DSA, le seguenti finalità:
    a) garantire il diritto all’istruzione;
    b) favorire il  successo  scolastico,  anche  attraverso  misure didattiche  di  supporto,  garantire  una   formazione   adeguata   e promuovere lo sviluppo delle potenzialita’;
    c) ridurre i disagi relazionali ed emozionali;
    d) adottare forme di verifica e  di  valutazione  adeguate  alle necessita’ formative degli studenti;
    e) preparare gli insegnanti  e  sensibilizzare  i  genitori  nei confronti delle problematiche legate ai DSA;
    f) favorire   la   diagnosi   precoce   e   percorsi   didattici riabilitativi;
    g) incrementare  la  comunicazione  e  la   collaborazione   tra famiglia, scuola e servizi sanitari durante il percorso di istruzione e di formazione;
    h) assicurare eguali opportunita’ di sviluppo delle capacita’ in ambito sociale e professionale.

Art. 3
Diagnosi

  1. La diagnosi dei DSA e’ effettuata nell’ambito  dei  trattamentispecialistici gia’ assicurati  dal Servizio  sanitario  nazionale  a legislazione vigente ed e’ comunicata dalla famiglia alla  scuola  di appartenenza dello studente. Le regioni nel cui  territorio  non  sia possibile  effettuare  la  diagnosi   nell’ambito   dei   trattamenti specialistici  erogati  dal  Servizio  sanitario  nazionale   possono prevedere, nei limiti delle risorse umane, strumentali e  finanziarie disponibili a legislazione vigente,  che  la  medesima  diagnosi  sia effettuata da specialisti o strutture accreditate.
  2. Per gli studenti che, nonostante adeguate attivita’ di recupero didattico  mirato,  presentano  persistenti  difficolta’,  la  scuola trasmette apposita comunicazione alla famiglia.
  3. È compito delle scuole di ogni ordine  e  grado,  comprese  le scuole dell’infanzia, attivare, previa  apposita  comunicazione  alle famiglie interessate, interventi tempestivi, idonei ad individuare  i casi sospetti di  DSA  degli  studenti,  sulla  base  dei  protocolli regionali di cui all’articolo 7, comma 1. L’esito di  tali  attivita’ non costituisce, comunque, una diagnosi di DSA.

Art. 4
Formazione nella scuola

  1. Per  gli  anni  2010  e  2011,  nell’ambito  dei  programmi  di formazione del personale docente e dirigenziale delle scuole di  ogni ordine e grado,  comprese  le  scuole  dell’infanzia,  e’  assicurata un’adeguata preparazione riguardo alle problematiche relative ai DSA, finalizzata ad acquisire la competenza per individuarne  precocemente i  segnali  e  la  conseguente  capacita’  di   applicare   strategie didattiche, metodologiche e valutative adeguate.
  2. Per le finalita’ di cui al comma 1 e’ autorizzata una spesa pari a un milione di euro per ciascuno degli anni 2010 e 2011. Al relativo onere si provvede mediante  corrispondente  utilizzo  del  Fondo  di riserva per le autorizzazioni di  spesa  delle  leggi  permanenti  di natura corrente iscritto nello  stato  di  previsione  del  Ministero dell’economia e delle finanze,  come  determinato,  dalla  Tabella  C allegata alla legge 23 dicembre 2009, n. 191.

Art. 5
Misure educative e didattiche di supporto

  1. Gli studenti con diagnosi di DSA  hanno  diritto  a  fruire  di appositi provvedimenti dispensativi e compensativi  di  flessibilita’ didattica nel corso dei cicli di  istruzione  e  formazione  e  negli studi universitari.
  2. Agli studenti con DSA le istituzioni scolastiche, a valere sulle risorse specifiche e disponibili  a  legislazione  vigente  iscritte nello   stato   di   previsione   del   Ministero    dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca, garantiscono:
    a) l’uso di una didattica individualizzata  e  personalizzata, con forme efficaci e flessibili  di  lavoro  scolastico  che  tengano conto anche di  caratteristiche  peculiari  dei  soggetti,  quali  il bilinguismo, adottando una  metodologia  e  una  strategia  educativa adeguate;
    b) l’introduzione di strumenti compensativi, compresi i  mezzi di apprendimento alternativi e le  tecnologie  informatiche,  nonche’ misure dispensative da alcune  prestazioni  non  essenziali  ai  fini della qualita’ dei concetti da apprendere;
    c) per  l’insegnamento  delle  lingue  straniere,   l’uso   di strumenti compensativi che favoriscano la comunicazione verbale e che assicurino ritmi graduali di  apprendimento,  prevedendo  anche,  ove risulti utile, la possibilita’ dell’esonero.
  3. Le  misure  di  cui  al  comma  2  devono   essere   sottoposte periodicamente  a  monitoraggio  per  valutarne  l’efficacia   e   il raggiungimento degli obiettivi.
  4. Agli studenti con DSA sono garantite, durante  il  percorso  di istruzione e di formazione scolastica e universitaria, adeguate forme di verifica e di valutazione, anche per quanto concerne gli esami  di Stato e di ammissione all’universita’ nonche’ gli esami universitari.

Art. 6
Misure per i familiari

  1. I familiari fino al primo grado di studenti  del  primo  ciclo dell’istruzione con  DSA  impegnati  nell’assistenza  alle  attivita’ scolastiche a casa hanno diritto di  usufruire  di orari  di  lavoro flessibili.
  2. Le modalita’ di esercizio del diritto di cui al comma  1  sono determinate dai contratti collettivi nazionali di lavoro dei comparti interessati e non devono comportare nuovi o maggiori oneri  a  carico della finanza pubblica.

Art. 7
Disposizioni di attuazione

  1. Con decreto del Ministro dell’istruzione,  dell’universita’  e della ricerca, di concerto  con  il  Ministro  della  salute,  previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo  Stato, le regioni e  le  province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano,  si provvede, entro quattro mesi dalla data di entrata  in  vigore  della presente legge, ad emanare linee  guida  per  la  predisposizione  di protocolli regionali, da stipulare entro i successivi sei  mesi,  per le attivita’ di identificazione precoce di cui all’articolo 3,  comma 3.
  2. Il Ministro dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca, entro quattro mesi dalla data di entrata  in  vigore  della  presente legge, con proprio decreto, individua le modalita’ di formazione  dei docenti e dei dirigenti di cui all’articolo 4, le misure educative  e didattiche di supporto di cui all’articolo 5,  comma  2,  nonche’  le forme di verifica e di  valutazione  finalizzate  ad  attuare  quanto previsto dall’articolo 5, comma 4.
  3. Con decreto del Ministro dell’istruzione,  dell’universita’  e della ricerca, da adottare entro due mesi dalla data  di  entrata  in vigore  della  presente  legge,  e’  istituito  presso  il  Ministero dell’istruzione,  dell’universita’  e  della  ricerca   un   Comitato tecnico-scientifico, composto da esperti di comprovata competenza sui DSA. Il Comitato ha compiti istruttori in ordine alle funzioni che la presente   legge   attribuisce    al    Ministero    dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca.  Ai  componenti  del  Comitato  non spetta alcun compenso. Agli eventuali rimborsi di spese  si  provvede nel limite  delle  risorse  allo  scopo  disponibili  a  legislazione vigente  iscritte   nello   stato   di   previsione   del   Ministero dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca.

Art. 8
Competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome

  1. Sono fatte salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, in  conformita’  ai rispettivi statuti e alle relative norme di attuazione  nonche’  alle disposizioni del titolo V della parte seconda della Costituzione.
  2. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore  della  presente legge, le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono a dare  attuazione  alle  disposizioni  della legge stessa.

Art. 9
Clausola di invarianza finanziaria

  1. Fatto  salvo  quanto  previsto  dall’articolo   4,   comma   2, dall’attuazione della presente legge  non  devono  derivare  nuovi  o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

La presente legge, munita del sigillo dello Stato,  sara’  inserita nella  Raccolta  ufficiale  degli  atti  normativi  della  Repubblica italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.

Data a Roma, addi’ 8 ottobre 2010

NAPOLITANO

Berlusconi, Presidente del  Consiglio

dei Ministri

Visto, il Guardasigilli: Alfano

Linee Guida sulla gestione dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento

Aggiornamento ed integrazioni

Linea guida pubblicata nel Sistema Nazionale Linee Guida Roma, 20 gennaio 2022

INTRODUZIONE

I Disturbi Specifici di Apprendimento (DSA) costituiscono una costellazione di condizioni cliniche (in particolare: dislessia, disortografia, disgrafia e discalculia), che spesso tendono ad associarsi tra loro (ma che possono occorrere anche isolatamente), in relazione a probabili comuni basi genetiche e ad anomalie parzialmente condivise dei circuiti neurofunzionali che impegnano le abilità di lettura, scrittura e calcolo. I DSA sono, per definizione, disturbi circoscritti a domini cognitivi specifici, che non interessano il funzionamento cognitivo più generale, ma le loro conseguenze possono comunque essere pervasive, e interessare molti ambiti del funzionamento cognitivo, come anche dell’adattamento personale e sociale. La loro espressività è molto eterogenea e può interessare vari ambiti del sistema cognitivolinguistico (ad esempio, l’attenzione, le funzioni esecutive, la memoria, l’accesso lessicale, ecc.), a volte co-occorrendo con altri disturbi del neurosviluppo sottesi da queste funzioni, quali il disturbo da deficit dell’attenzione ed iperattività (a cui spesso ci si riferisce con la sigla inglese di ADHD), il disturbo primario del linguaggio (DPL), o il disturbo di coordinazione motoria (DCM). La frequente comorbidità con altri disturbi del neurosviluppo ha portato negli ultimi anni a riconsiderare lo status della caratteristica peculiare della “specificità” di questi disturbi e del criterio della “discrepanza” dal QI, un aspetto questo segnalato anche nella Consensus Conference ad opera dell’Istituto Superiore di Sanità (CC-ISS, 2010). Conseguentemente anche l’esistenza di singoli “core deficit” alla base di ognuno di questi disturbi è stata messa in dubbio e i modelli teorici più recenti concordano sulla loro natura multifattoriale e multidimensionale . Queste parziali riconcettualizzazioni del DSA aiutano a definirne meglio la natura, ma non ne mettono in discussione il loro significativo impatto clinico.  La sintomatologia dei DSA può presentarsi in maniera diversa in soggetti diversi, e le sue manifestazioni possono variare nel tempo, in funzione di numerosi fattori biologici e ambientali (in conseguenza degli adattamenti determinati dalla scolarizzazione, dagli interventi riabilitativi e di sostegno che possono essere messi in atto, dalle stimolazioni derivanti dal contesto familiare, ecc.) che contribuiscono a modularne l’espressività nei diversi soggetti. Pur esistendo un generale accordo sulla loro origine neurobiologica, non abbiamo ad oggi marker biologici affidabili per la loro identificazione e conseguentemente per la diagnosi, che di fatto continua a basarsi prevalentemente sulla osservazione comportamentale e sulla misurazione testistica delle abilità di lettura, scrittura e calcolo. Questa modalità di accertamento diagnostico solleva alcuni problemi concettuali, dal momento che è stato osservato come l’identificazione di una soglia critica di prestazione deficitaria (ad es., –2 deviazioni standard o 5° percentile) sia, comunque, in qualche misura, una scelta convenzionale, anche se di frequente uso in ambito clinico-sanitario. Si tratta, cioè, di un’operazione dettata dalla necessità di rendere discreta una variabile continua, e sulla base di questa divisione, di raggruppare i soggetti in categorie diagnostiche distinte, di tipo dicotomico (patologici/non-patologici). Malgrado i notevoli sforzi compiuti dalla ricerca negli ultimi anni e l’ampia diffusione di metodiche di neuroimmagine e di analisi genetica, manca ancora un quadro sufficientemente chiaro e coerente dei meccanismi patogenetici che stanno alla base di questa categoria di disturbi e delle relazioni che intercorrono tra le basi genetiche, i fattori epigenetici, le anomalie a livello neuroantomico, e le disfunzioni nei processi cognitivi sottostanti, che determinano i deficit nelle prestazioni osservabili di lettura, scrittura e calcolo. Inoltre, al di là delle riconosciute basi neurobiologiche nella genesi di questi disturbi, non possiamo ignorare che imparare a leggere, scrivere e effettuare calcoli, sono, e restano, attività culturalmente mediate, sulla cui acquisizione intervengono inevitabilmente determinanti ambientali. Questo intreccio di fattori biologici e ambientali rende, se possibile, ancora più complessa e variabile l’espressione del disturbo, anche tra diverse culture e sistemi ortografici, e richiede al professionista sanitario impegnato nella diagnosi un maggiore sforzo per capire come essi interagiscono nel determinare il quadro clinico complessivo e nel definire un piano di intervento. Infine, è chiaro che l’espressività dei DSA risente del momento in cui si esamina il bambino. Infatti, non si può pensare ai disturbi dell’apprendimento come a qualcosa di statico e fisso ma, piuttosto, come a difficoltà che si modificano nel corso del neurosviluppo per effetto di interazioni tra i diversi processi cognitivi e linguistici con l’esercizio negli apprendimenti strumentali. In questo senso, un’ampia letteratura sottolinea l’importanza nello studio dei DSA di considerare le traiettorie di sviluppo e non limitarsi a studi di tipo trasversale. Anche in una prospettiva clinico-diagnostica è importante inquadrare i DSA nella storia clinica del bambino e non limitarsi ad un esame in una prospettiva tassonomica. La misura della prevalenza dei DSA nella popolazione risente della complessità fenomenica e patogenetica appena descritta e, come per tutti i disturbi del Neurosviluppo, presenta oscillazioni molto ampie in relazione ai criteri definitori adottati, all’età di rilevazione ed alle caratteristiche ortografiche della lingua. Il DSM 5 riporta tassi che oscillano tra il 5 ed il 15%. L’Italia non dispone di una banca dati nazionale per i Disturbi neuropsichiatrici. L’unica fonte ufficiale disponibile è, quindi, quella delle certificazioni scolastiche redatte ai sensi della Legge 170 che, nell’anno scolastico 2018/19, hanno interessato il 4.9% della popolazione scolastica con un’ampia variabilità per ordine di scuola (3.1% nella scuola primaria) e per area geografica. A seguito delle raccomandazioni presenti nella precedente CC sui DSA, negli anni 2008-2013 è stata condotta una ricerca epidemiologica nazionale  che ha interessato 9964 bambini tra gli 8 ed i 10 anni equamente distribuiti nelle diverse aree geografiche del paese. La prevalenza di disturbi specifici di lettura, rilevata in questa fascia d’età, è stata del 3.5% (95° IC 3.2-3.9%). Lo studio ha anche rilevato che solo l’1.3% della popolazione esaminata aveva già ricevuto una diagnosi di DSA. È importante sottolineare come i DSA abbiano effetti persistenti e spesso invalidanti per la vita del ragazzo (ad esempio, prematuro abbandono scolastico, difficoltà lavorative, ecc.). Inoltre, soprattutto se non riconosciuti in modo tempestivo, possono portare a una cascata di problemi secondari nella sfera psicopatologica (da una bassa autostima, a un senso di impotenza appresa, fino a forme più franche di ansia/depressione), o a problemi della sfera comportamentale (soprattutto quando il disturbo di apprendimento è associato ad ADHD), capaci di interferire anche in modo significativo con l’adattamento personale e sociale delle persone affette, soprattutto nel caso delle forme di disturbo più severe. Considerata la rapida evoluzione delle conoscenze in questo settore e la necessità di fornire ai clinici impegnati quotidianamente nella diagnosi di questi disturbi un quadro aggiornato della situazione e maggiori certezze nelle pratiche diagnostiche e riabilitative, si è ritenuto opportuno mettere in cantiere la preparazione di una Linea Guida per la gestione dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA), con l’obiettivo di aggiornare le raccomandazioni esistenti nel nostro paese e procedere ad una risoluzione degli aspetti rimasti controversi nelle pratiche diagnostiche attuali.

Direttiva ministeriale 27 dicembre 2012
Il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

STRUMENTI D’INTERVENTO PER ALUNNI CON BISOGNI EDUCATIVI SPECIALI
E ORGANIZZAZIONE TERRITORIALE PER L’INCLUSIONE SCOLASTICA

Premessa

I principi che sono alla base del nostro modello di integrazione scolastica – assunto a punto di riferimento per le politiche di inclusione in Europa e non solo – hanno contribuito a fare del sistema di istruzione italiano un luogo di conoscenza, sviluppo e socializzazione per tutti, sottolineandone gli aspetti inclusivi piuttosto che quelli selettivi. Forte di questa esperienza, il nostro Paese è ora in grado, passati più di trent’anni dalla legge n.517 del 1977, che diede avvio all’integrazione scolastica, di considerare le criticità emerse e di valutare, con maggiore cognizione, la necessità di ripensare alcuni aspetti dell’intero sistema. Gli alunni con disabilità si trovano inseriti all’interno di un contesto sempre più variegato, dove la discriminante tradizionale – alunni con disabilità / alunni senza disabilità – non rispecchia pienamente la complessa realtà delle nostre classi. Anzi, è opportuno assumere un approccio decisamente educativo, per il quale l’identificazione degli alunni con disabilità non avviene sulla base della eventuale certificazione, che certamente mantiene utilità per una serie di benefici e di garanzie, ma allo stesso tempo rischia di chiuderli in una cornice ristretta. A questo riguardo è rilevante l’apporto, anche sul piano culturale, del modello diagnostico ICF (International Classification of Functioning) dell’OMS, che considera la persona nella sua totalità, in una prospettiva bio-psico-sociale. Fondandosi sul profilo di funzionamento e sull’analisi del contesto, il modello ICF consente di individuare i Bisogni Educativi Speciali (BES) dell’alunno prescindendo da preclusive tipizzazioni. In questo senso, ogni alunno, con continuità o per determinati periodi, può manifestare Bisogni Educativi Speciali: o per motivi fisici, biologici, fisiologici o anche per motivi psicologici, sociali, rispetto ai quali è necessario che le scuole offrano adeguata e personalizzata risposta. Va quindi potenziata la cultura dell’inclusione, e ciò anche mediante un approfondimento delle relative competenze degli insegnanti curricolari, finalizzata ad una più stretta interazione tra tutte le componenti della comunità educante. In tale ottica, assumono un valore strategico i Centri Territoriali di Supporto, che rappresentano l’interfaccia fra l’Amministrazione e le scuole e tra le scuole stesse in relazione ai Bisogni Educativi Speciali. Essi pertanto integrano le proprie funzioni – come già chiarito dal D.M. 12 luglio 2011 per quanto concerne i disturbi specifici di apprendimento – e collaborano con le altre risorse territoriali nella definizione di una rete di supporto al processo di integrazione, con particolare riferimento, secondo la loro originaria vocazione, al potenziamento del contesto scolastico mediante le nuove tecnologie, ma anche offrendo un ausilio ai docenti secondo un modello cooperativo di intervento. Considerato, pertanto, il ruolo che nel nuovo modello organizzativo dell’integrazione è dato ai Centri Territoriali di Supporto, la presente direttiva definisce nella seconda parte le modalità di organizzazione degli stessi, le loro funzioni, nonché la composizione del personale che vi opera. Nella prima parte sono fornite indicazioni alle scuole per la presa in carico di alunni e studenti con Bisogni Educativi Speciali.

1 Bisogni Educativi Speciali (BES)

L’area dello svantaggio scolastico è molto più ampia di quella riferibile esplicitamente alla presenza di deficit. In ogni classe ci sono alunni che presentano una richiesta di speciale attenzione per una varietà di ragioni: svantaggio sociale e culturale, disturbi specifici di apprendimento e/o disturbi evolutivi specifici, difficoltà derivanti dalla non conoscenza della cultura e della lingua italiana perché appartenenti a culture diverse. Nel variegato panorama delle nostre scuole la complessità delle classi diviene sempre più evidente. Quest’area dello svantaggio scolastico, che ricomprende problematiche diverse, viene indicata come area dei Bisogni Educativi Speciali (in altri paesi europei: Special Educational Needs). Vi sono comprese tre grandi sotto-categorie: quella della disabilità; quella dei disturbi evolutivi specifici e quella dello svantaggio socioeconomico, linguistico, culturale. Per “disturbi evolutivi specifici” intendiamo, oltre i disturbi specifici dell’apprendimento, anche i deficit del linguaggio, delle abilità non verbali, della coordinazione motoria, ricomprendendo – per la comune origine nell’età evolutiva – anche quelli dell’attenzione e dell’iperattività, mentre il funzionamento intellettivo limite può essere considerato un caso di confine fra la disabilità e il disturbo specifico. Per molti di questi profili i relativi codici nosografici sono ricompresi nelle stesse categorie dei principali Manuali Diagnostici e, in particolare, del manuale diagnostico ICD-10, che include la classificazione internazionale delle malattie e dei problemi correlati, stilata dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e utilizzata dai Servizi Sociosanitari pubblici italiani. Tutte queste differenti problematiche, ricomprese nei disturbi evolutivi specifici, non vengono o possono non venir certificate ai sensi della legge 104/92, non dando conseguentemente diritto alle provvidenze ed alle misure previste dalla stessa legge quadro, e tra queste, all’insegnante per il sostegno. La legge 170/2010, a tal punto, rappresenta un punto di svolta poiché apre un diverso canale di cura educativa, concretizzando i principi di personalizzazione dei percorsi di studio enunciati nella legge 53/2003, nella prospettiva della “presa in carico” dell’alunno con BES da parte di ciascun docente curricolare e di tutto il team di docenti coinvolto, non solo dall’insegnante per il sostegno.

1.2 Alunni con disturbi specifici
Gli alunni con competenze intellettive nella norma o anche elevate, che – per specifici problemi – possono incontrare difficoltà a Scuola, devono essere aiutati a realizzare pienamente le loro potenzialità. Fra essi, alunni e studenti con DSA (Disturbo Specifico dell’Apprendimento) sono stati oggetto di importanti interventi normativi, che hanno ormai definito un quadro ben strutturato di norme tese ad assicurare il loro diritto allo studio. Tuttavia, è bene precisare che alcune tipologie di disturbi, non esplicitati nella legge 170/2010, danno diritto ad usufruire delle stesse misure ivi previste in quanto presentano problematiche specifiche in presenza di competenze intellettive nella norma. Si tratta, in particolare, dei disturbi con specifiche problematiche nell’area del linguaggio (disturbi specifici del linguaggio o – più in generale- presenza di bassa intelligenza verbale associata ad alta intelligenza non verbale) o, al contrario, nelle aree non verbali (come nel caso del disturbo della coordinazione motoria, della disprassia, del disturbo non-verbale o – più in generale – di bassa intelligenza non verbale associata ad alta intelligenza verbale, qualora però queste condizioni compromettano sostanzialmente la realizzazione delle potenzialità dell’alunno) o di altre problematiche severe che possono compromettere il percorso scolastico (come per es. un disturbo dello spettro autistico lieve, qualora non rientri nelle casistiche previste dalla legge 104). Un approccio educativo, non meramente clinico – secondo quanto si è accennato in premessa – dovrebbe dar modo di individuare strategie e metodologie di intervento correlate alle esigenze educative speciali, nella prospettiva di una scuola sempre più inclusiva e accogliente, senza bisogno di ulteriori precisazioni di carattere normativo. Al riguardo, la legge 53/2003 e la legge 170/2010 costituiscono norme primarie di riferimento cui ispirarsi per le iniziative da intraprendere con questi casi.

1.3 Alunni con deficit da disturbo dell’attenzione e dell’iperattività
Un discorso particolare si deve fare a proposito di alunni e studenti con problemi di controllo attentivo e/o dell’attività, spesso definiti con l’acronimo A.D.H.D. (Attention Deficit Hyperactivity Disorder), corrispondente all’acronimo che si usava per l’Italiano di D.D.A.I. – Deficit da disturbo dell’attenzione e dell’iperattività. L’ADHD si può riscontrare anche spesso associato ad un DSA o ad altre problematiche, ha una causa neurobiologica e genera difficoltà di pianificazione, di apprendimento e di socializzazione con i coetanei. Si è stimato che il disturbo, in forma grave tale da compromettere il percorso scolastico, è presente in circa l’1% della popolazione scolastica, cioè quasi 80.000 alunni (fonte I.S.S), Con notevole frequenza l’ADHD è in comorbilità con uno o più disturbi dell’età evolutiva: disturbo oppositivo provocatorio; disturbo della condotta in adolescenza; disturbi specifici dell’apprendimento; disturbi d’ansia; disturbi dell’umore, etc. Il percorso migliore per la presa in carico del bambino/ragazzo con ADHD si attua senz’altro quando è presente una sinergia fra famiglia, scuola e clinica. Le informazioni fornite dagli insegnanti hanno una parte importante per il completamento della diagnosi e la collaborazione della scuola è un anello fondamentale nel processo riabilitativo. In alcuni casi il quadro clinico particolarmente grave – anche per la comorbilità con altre patologie – richiede l’assegnazione dell’insegnante di sostegno, come previsto dalla legge 104/92. Tuttavia, vi sono moltissimi ragazzi con ADHD che, in ragione della minor gravità del disturbo, non ottengono la certificazione di disabilità, ma hanno pari diritto a veder tutelato il loro successo formativo. Vi è quindi la necessità di estendere a tutti gli alunni con bisogni educativi speciali le misure previste dalla Legge 170 per alunni e studenti con disturbi specifici di apprendimento.

1.4 Funzionamento cognitivo limite
Anche gli alunni con potenziali intellettivi non ottimali, descritti generalmente con le espressioni di funzionamento cognitivo (intellettivo) limite (o borderline), ma anche con altre espressioni (per es. disturbo evolutivo specifico misto, codice F83) e specifiche differenziazioni – qualora non rientrino nelle previsioni delle leggi 104 o 170 – richiedono particolare considerazione. Si può stimare che questi casi si aggirino intorno al 2,5% dell’intera popolazione scolastica, cioè circa 200.000 alunni. Si tratta di bambini o ragazzi il cui QI globale (quoziente intellettivo) risponde a una misura che va dai 70 agli 85 punti e non presenta elementi di specificità. Per alcuni di loro il ritardo è legato a fattori neurobiologici ed è frequentemente in comorbilità con altri disturbi. Per altri, si tratta soltanto di una forma lieve di difficoltà tale per cui, se adeguatamente sostenuti e indirizzati verso i percorsi scolastici più consoni alle loro caratteristiche, gli interessati potranno avere una vita normale. Gli interventi educativi e didattici hanno come sempre ed anche in questi casi un’importanza fondamentale.

1.5 Adozione di strategie di intervento per i BES
Dalle considerazioni sopra esposte si evidenzia, in particolare, la necessità di elaborare un percorso individualizzato e personalizzato per alunni e studenti con bisogni educativi speciali, anche attraverso la redazione di un Piano Didattico Personalizzato, individuale o anche riferito a tutti i bambini della classe con BES, ma articolato, che serva come strumento di lavoro in itinere per gli insegnanti ed abbia la funzione di documentare alle famiglie le strategie di intervento programmate. Le scuole – con determinazioni assunte dai Consigli di classe, risultanti dall’esame della documentazione clinica presentata dalle famiglie e sulla base di considerazioni di carattere psicopedagogico e didattico – possono avvalersi per tutti gli alunni con bisogni educativi speciali degli strumenti compensativi e delle misure dispensative previste dalle disposizioni attuative della Legge 170/2010 (DM 5669/2011), meglio descritte nelle allegate Linee guida.

1.6 Formazione
Si è detto che vi è una sempre maggiore complessità nelle nostre classi, dove si intrecciano i temi della disabilità, dei disturbi evolutivi specifici, con le problematiche del disagio sociale e dell’inclusione degli 4 alunni stranieri. Per questo è sempre più urgente adottare una didattica che sia ‘denominatore comune’ per tutti gli alunni e che non lasci indietro nessuno: una didattica inclusiva più che una didattica speciale. Al fine di corrispondere alle esigenze formative che emergono dai nuovi contesti della scuola italiana, alle richieste di approfondimento e accrescimento delle competenze degli stessi docenti e dirigenti scolastici, il MIUR ha sottoscritto un accordo quadro con le Università presso le quali sono attivati corsi di scienze della formazione finalizzato all’attivazione di corsi di perfezionamento professionale e/o master rivolti al personale della scuola. A partire dall’anno accademico 2011/2012 sono stati attivati 35 corsi/master in “Didattica e psicopedagogia dei disturbi specifici di apprendimento” in tutto il territorio nazionale. A seguito dei positivi riscontri relativi alla suddetta azione, la Direzione generale per lo Studente, l’Integrazione, la Partecipazione e la Comunicazione d’intesa con la Direzione Generale per il Personale scolastico – con la quale ha sottoscritto un’apposita convenzione con alcune università italiane mirata alla costituzione di una rete delle facoltà/dipartimenti di scienze della formazione – ha predisposto una ulteriore offerta formativa che si attiverà sin dal corrente anno scolastico su alcune specifiche tematiche emergenti in tema di disabilità, con corsi/master dedicati alla didattica e psicopedagogia per l’autismo, l’ADHD, le disabilità intellettive e i funzionamenti intellettivi limite, l’educazione psicomotoria inclusiva e le disabilità sensoriali. L’attivazione dei percorsi di alta formazione dovrà contemperare l’esigenza di rispondere al fabbisogno rilevato ed a requisiti di carattere tecnico-scientifico da parte delle università che si renderanno disponibili a tenere i corsi.

2. Organizzazione territoriale per l’ottimale realizzazione dell’inclusione scolastica

 

2.1 I CTS – Centri Territoriali di Supporto: distribuzione sul territorio
I Centri Territoriali di Supporto (CTS) sono stati istituiti dagli Uffici Scolastici Regionali in accordo con il MIUR mediante il Progetto “Nuove Tecnologie e Disabilità”. I Centri sono collocati presso scuole polo e la loro sede coincide con quella dell’istituzione scolastica che li accoglie. È pertanto facoltà degli Uffici Scolastici Regionali integrare o riorganizzare la rete regionale dei CTS, secondo eventuali nuove necessità emerse in ordine alla qualità e alla distribuzione del servizio. Si ritiene, a questo riguardo, opportuna la presenza di un CTS almeno su un territorio corrispondente ad ogni provincia della Regione, fatte salve le aree metropolitane che, per densità di popolazione, possono necessitare di uno o più CTS dedicati. Un’equa distribuzione sul territorio facilita il fatto che i CTS divengano punti di riferimento per le scuole e coordinino le proprie attività con Province, Comuni, Municipi, Servizi Sanitari, Associazioni delle persone con disabilità e dei loro familiari, Centri di ricerca, di formazione e di documentazione, anche istituiti dalle predette associazioni, nel rispetto di strategie generali eventualmente definite a livello di Ufficio Scolastico Regionale e di Ministero centrale. Il coordinamento con il territorio assicura infatti ai CTS una migliore efficienza ed efficacia nella gestione delle risorse disponibili e aumenta la capacità complessiva del sistema di offrire servizi adeguati. Sarà cura degli Uffici Scolastici Regionali operare il raccordo tra i CTS e i GLIR, oltre che raccordare i GLIP con i nuovi organismi previsti nella presente Direttiva. Ad un livello territoriale meno esteso, che può coincidere ad esempio con il distretto socio-sanitario, è risultato utile individuare altre scuole polo facenti parte di una rete per l’inclusione scolastica. Tale esperienza è stata già sperimentata con successo in alcune regioni in cui ai CTS, di livello provinciale, sono stati affiancati i CTI-Centri Territoriali per l’Inclusione, di livello distrettuale. La creazione di una rete diffusa e ben strutturata tra tutte le scuole ed omogenea nella sua articolazione rende concreta la possibilità per i docenti di avere punti di contatto e di riferimento per tutte le problematiche inerenti i Bisogni Educativi Speciali. A livello di singole scuole, è auspicabile una riflessione interna che, tenendo conto delle risorse presenti, individui possibili modelli di relazione con la rete dei CTS e dei CTI, al fine di assicurare la massima ricaduta possibile delle azioni di consulenza, formazione, monitoraggio e raccolta di buone pratiche, perseguendo l’obiettivo di un sempre maggior coinvolgimento degli insegnanti curricolari, attraverso – ad esempio – la costituzione di gruppi di lavoro per l’inclusione scolastica. Occorre in buona sostanza pervenire ad un reale coinvolgimento dei Collegi dei Docenti e dei Consigli di Istituto che porti 5 all’adozione di una politica (nel senso di “policy”) interna delle scuole per l’inclusione, che assuma una reale trasversalità e centralità rispetto al complesso dell’offerta formativa. L’organizzazione territoriale per l’inclusione prevede quindi: • i GLH a livello di singola scuola, eventualmente affiancati da Gruppi di lavoro per l’Inclusione; i GLH di rete o distrettuali, • i Centri Territoriali per l’Inclusione (CTI) a livello di distretto sociosanitario e • almeno un CTS a livello provinciale. Al fine di consentire un’adeguata comunicazione, a livello regionale, delle funzioni, delle attività e della collocazione geografica dei CTS, ogni Centro o rete di Centri predispone e aggiorna un proprio sito web, il cui link sarà selezionabile anche dal portale dell’Ufficio Scolastico Regionale. Tali link sono inseriti nel Portale MIUR dei Centri Territoriali di Supporto: www.istruzione.cts.it Sul sito dei CTS si possono prevedere pagine web per ciascun CTI ed eventualmente uno spazio per i GLH di rete per favorire lo scambio aggiornato e la conoscenza delle attività del territorio.

2.1.2 L’équipe di docenti specializzati (docenti curricolari e di sostegno)
Ferme restando la formazione e le competenze di carattere generale in merito all’inclusione, tanto dei docenti per le attività di sostegno quanto per i docenti curricolari, possono essere necessari interventi di esperti che offrano soluzioni rapide e concrete per determinate problematiche funzionali. Si fa riferimento anzitutto a risorse interne ossia a docenti che nell’ambito della propria esperienza professionale e dei propri studi abbiano maturato competenze su tematiche specifiche della disabilità o dei disturbi evolutivi specifici. Possono pertanto fare capo ai CTS équipe di docenti specializzati – sia curricolari sia per il sostegno – che offrono alle scuole, in ambito provinciale, supporto e consulenza specifica sulla didattica dell’inclusione. La presenza di docenti curricolari nell’equipe, così come nei GLH di istituto e di rete costituisce un elemento importante nell’ottica di una vera inclusione scolastica. Può essere preso ad esempio di tale modello lo Sportello Provinciale Autismo attivato in alcuni CTS, che, in collaborazione con l’Ufficio Scolastico Regionale, con i Centri Territoriali per l’Integrazione e le Associazioni delle persone con disabilità e dei loro familiari, valorizzando la professionalità di un gruppo di insegnanti esperti e formati, offre ai docenti di quella provincia una serie di servizi di consulenza – da realizzarsi anche presso la scuola richiedente – per garantire l’efficacia dell’integrazione scolastica degli alunni e degli studenti con autismo.

2.2. Funzioni dei Centri Territoriali di Supporto
L’effettiva capacità delle nuove tecnologie di raggiungere obiettivi di miglioramento nel processo di apprendimento – insegnamento, sviluppo e socializzazione dipende da una serie di fattori strategici che costituiscono alcune funzioni basilari dei Centri Territoriali di Supporto.

2.2.1 Informazione e formazione
I CTS informano i docenti, gli alunni, gli studenti e i loro genitori delle risorse tecnologiche disponibili, sia gratuite sia commerciali. Per tale scopo, organizzano incontri di presentazione di nuovi ausili, ne danno notizia sul sito web oppure direttamente agli insegnanti o alle famiglie che manifestino interesse alle novità in materia. I CTS organizzano iniziative di formazione sui temi dell’inclusione scolastica e sui BES, nonché nell’ambito delle tecnologie per l’integrazione, rivolte al personale scolastico, agli alunni o alle loro famiglie, nei modi e nei tempi che ritengano opportuni. Al fine di una maggiore efficienza della spesa, i CTS organizzano le iniziative di formazione anche in rete con altri Centri Territoriali di Supporto, in collaborazione con altri organismi. I CTS valutano e propongono ai propri utenti soluzioni di software freeware a partire da quelli realizzati mediante l’Azione 6 del Progetto “Nuove Tecnologie e Disabilità”

2.2.2 Consulenza
Oltre ad una formazione generale sull’uso delle tecnologie per l’integrazione rivolta agli insegnanti, è necessario, per realizzare a pieno le potenzialità offerte dalle tecnologie stesse, il contributo di un esperto che 6 individui quale sia l’ausilio più appropriato da acquisire, soprattutto per le situazioni più complesse. I CTS offrono pertanto consulenza in tale ambito, coadiuvando le scuole nella scelta dell’ausilio e accompagnando gli insegnanti nell’acquisizione di competenze o pratiche didattiche che ne rendano efficace l’uso. La consulenza offerta dai Centri non riguarda solo l’individuazione dell’ausilio più appropriato per l’alunno, ma anche le modalità didattiche da attuare per inserire il percorso di apprendimento dello studente che utilizza le tecnologie per l’integrazione nel più ampio ambito delle attività di classe e le modalità di collaborazione con la famiglia per facilitare le attività di studio a casa. La consulenza si estende gradualmente a tutto l’ambito della disabilità e dei disturbi evolutivi specifici, non soltanto alle tematiche connesse all’uso delle nuove tecnologie.

2.2.3 Gestione degli ausili e comodato d’uso
I CTS acquistano ausili adeguati alle esigenze territoriali per svolgere le azioni previste nei punti 2.1. e 2.2 e per avviare il servizio di comodato d’uso dietro presentazione di un progetto da parte delle scuole. Grazie alla loro dotazione, possono consentire, prima dell’acquisto definitivo da parte della scuola o della richiesta dell’ausilio al CTS, di provare e di verificare l’efficacia, per un determinato alunno, dell’ausilio stesso. Nel caso del comodato d’uso di ausilio di proprietà del CTS, questo deve seguire l’alunno anche se cambia scuola nell’ambito della stessa provincia, soprattutto nel passaggio di ciclo. In alcune province, in accordo con gli Uffici Scolastici Regionali, alcuni CTS gestiscono l’acquisto degli ausili e la loro distribuzione agli alunni sul territorio di riferimento, anche assegnandoli in comodato d’uso. I CTS possono definire accordi con le Ausilioteche e/o Centri Ausili presenti sul territorio al fine di una condivisa gestione degli ausili in questione, sulla base dell’Accordo quadro con la rete nazionale dei centri di consulenza sugli ausili.

2.2.4 Buone pratiche e attività di ricerca e sperimentazione
I CTS raccolgono le buone pratiche di inclusione realizzate dalle istituzioni scolastiche e, opportunamente documentate, le condividono con le scuole del territorio di riferimento, sia mediante l’attività di informazione, anche attraverso il sito internet, sia nella fase di formazione o consulenza. Promuovono inoltre ogni iniziativa atta a stimolare la realizzazione di buone pratiche nelle scuole di riferimento, curandone la validazione e la successiva diffusione. I CTS sono inoltre Centri di attività di ricerca didattica e di sperimentazione di nuovi ausili, hardware o software, da realizzare anche mediante la collaborazione con altre scuole o CTS, Università e Centri di Ricerca e, in particolare, con l’ITD-CNR di Genova, sulla base di apposita convenzione.

2.2.5 Piano annuale di intervento
Per ogni anno scolastico, i CTS, autonomamente o in rete, definiscono il piano annuale di intervento relativo ad acquisti e iniziative di formazione. Nel piano, quindi, sono indicati gli acquisti degli ausili necessari, nei limiti delle risorse disponibili e a ciò destinate, su richiesta della scuola e assegnati tramite comodato d’uso. È opportuno che l’ausilio da acquistare sia individuato da un esperto operatore del CTS, con l’eventuale supporto – se necessario – di esperti esterni indipendenti. Periodicamente, insieme ai docenti dell’alunno, è verificata l’efficacia dell’ausilio medesimo. Sono pianificati anche gli interventi formativi, tenendo conto dei bisogni emergenti dal territorio e delle strategie e priorità generali individuate dagli Uffici Scolastici Regionali e dal MIUR.

2.2.6 Risorse economiche
Ogni anno il CTS riceve i fondi dal MIUR per le azioni previste ai punti 2.2.1 e 2.2.2 (informazione e formazione condotta direttamente dagli operatori e/o esperti), 2.2.3 (acquisti ausili) e per il funzionamento del CTS (spese di missione, spese per attività di formazione/autoformazione degli operatori). Altre risorse possono essere messe a disposizione dagli Uffici Scolastici Regionali.

2.2.7 Promozione di intese territoriali per l’inclusione
I CTS potranno farsi promotori, in rete con le Istituzioni scolastiche, di intese e accordi territoriali con i servizi sociosanitari del territorio finalizzati all’elaborazione condivisa di procedure per l’integrazione dei 7 servizi in ambito scolastico, l’utilizzo concordato e condiviso di risorse professionali e/o finanziarie e l’avvio di progetti finalizzati al miglioramento del livello di inclusività delle scuole e alla prevenzione/contrasto del disagio in ambito scolastico

2.3 Regolamento dei CTS
Ogni CTS si dota di un proprio regolamento in linea con la presente direttiva.

2.4 Organizzazione interna dei CTS

 

2.4.1 Il Dirigente Scolastico
I CTS sono incardinati in istituzioni scolastiche, pertanto il Dirigente della scuola ha la responsabilità amministrativa per quanto concerne la gestione e l’organizzazione del Centro. Coerentemente con il suo profilo professionale il Dirigente ha il compito – possibilmente previa formazione sulle risorse normative, materiali ed umane in riferimento ai bisogni educativi speciali – di promuovere i rapporti del CTS con il territorio e di garantirne il miglior funzionamento, l’efficienza e l’efficacia.

2.4.2 Gli Operatori. Équipe di docenti curricolari e di sostegno specializzati
In ogni CTS dovrebbero essere presenti tre operatori, di cui almeno uno specializzato sui Disturbi Specifici di Apprendimento, come previsto dall’art. 8 del Decreto 5669/2011. Si porrà attenzione a che le competenze sulle disabilità siano approfondite ed ampie, dalle disabilità intellettive a quelle sensoriali. È opportuno individuare gli operatori fra i docenti curricolari e di sostegno, che possono garantire continuità di servizio, almeno per tre anni consecutivi. Gli operatori possono essere in servizio nelle scuole sede di CTS o in altre scuole, tuttavia anche in questo secondo caso deve essere assicurato il regolare funzionamento della struttura. Gli operatori sono tenuti a partecipare a momenti formativi in presenza (tale formazione viene riconosciuta a tutti gli effetti come servizio) in occasione di eventi organizzati dagli stessi CTS o di iniziative a carattere regionale e nazionale rilevanti in tema di inclusione, ma anche on line attraverso il portale nazionale di cui al punto 2.4.6. Inoltre, sempre nell’ottica di formare e dare strumenti operativi adeguati alle diverse problematiche nonché di specializzare i docenti dell’équipe, gli USR provvedono a riservare un adeguato numero di posti per gli operatori dei CTS nei corsi/master promossi dal MIUR. Nel momento in cui un operatore formato ed esperto modifichi la sede di servizio e non possa pertanto svolgere la propria attività nel CTS, verrà sostituito da un altro docente che sarà formato dagli operatori presenti e da appositi corsi di formazione, anche in modalità e-learning, che saranno resi disponibili dal MIUR e dagli Uffici Scolastici Regionali. La procedura per la sostituzione degli operatori avviene con le stesse modalità della selezione del personale comandato. Si istituisce presso ogni Ufficio Scolastico Regionale una commissione, all’interno della quale devono essere presenti alcuni operatori CTS.

2.4.3 Il Comitato Tecnico Scientifico
I CTS possono dotarsi di un Comitato Tecnico Scientifico al fine di definire le linee generali di intervento – nel rispetto delle eventuali priorità assegnate a livello di Ministero e Ufficio Scolastico Regionale – e le iniziative da realizzare sul territorio a breve e medio termine. Il Comitato Tecnico Scientifico redige il Piano Annuale di Intervento di cui al punto 2.4. Fanno parte del Comitato Tecnico Scientifico il Dirigente Scolastico, un rappresentante degli operatori del CTS, un rappresentante designato dall’U.S.R., e, ove possibile, un rappresentante dei Servizi Sanitari. È auspicabile che partecipino alle riunioni o facciano parte del Comitato anche i referenti CTI, i rappresentanti degli Enti Locali, delle Associazioni delle persone con disabilità e dei loro familiari, nonché esperti in specifiche tematiche connesse con le tecnologie per l’integrazione.

2.4.4 Referente regionale dei CTS
Per ogni regione gli operatori del CTS individuano un referente rappresentante dei CTS a livello regionale. Tale rappresentante resta in carica due anni. I referenti regionali dei CTS, in collaborazione con il referente per la Disabilità /DSA dell’Ufficio Scolastico Regionale – possibilmente individuato tra personale dirigente e ispettivo – hanno compiti di raccordo, consulenza e coordinamento delle attività, nonché hanno la funzione di proporre nuove iniziative da attuare a livello regionale o da presentare al Coordinamento nazionale di cui al punto successivo.

2.4.5 Coordinamento nazionale dei CTS
Presso la Direzione Generale per lo Studente, l’Integrazione, la Partecipazione e la Comunicazione del MIUR è costituito il Coordinamento nazionale dei CTS. Lo scopo di tale organismo è garantire il migliore funzionamento della rete nazionale dei CTS. Esso ha compiti di consulenza, programmazione e monitoraggio, nel rispetto delle prerogative dell’Amministrazione centrale e degli Uffici Scolastici Regionali, comunque rappresentati nel Coordinamento stesso. Fanno parte del Coordinamento nazionale: – Un rappresentante del MIUR – I referenti per la Disabilità/DSA degli Uffici Scolastici Regionali – I referenti regionali CTS – Un rappresentante del Ministero della Salute – Un rappresentante del Ministero delle politiche sociali e del lavoro – Eventuali rappresentanti della FISH e della FAND – Docenti universitari o esperti nelle tecnologie per l’integrazione. Il Coordinamento nazionale si rinnova ogni due anni. Il Comitato tecnico è costituito dal rappresentante del MIUR, che lo presiede, e da una rappresentanza di 4 referenti CTS e 4 referenti per la disabilità/DSA degli Uffici Scolastici Regionali.

2.4.6 Portale
Viene predisposto un portale come ambiente di apprendimento–insegnamento e scambio di informazioni e consulenza. All’interno del portale sono ricompresi i siti Handytecno ed Essediquadro, rispettivamente dedicati agli ausili ed al servizio di documentazione dei software didattici. È inoltre presente una mappa completa dei CTS e dei CTI, con eventuali siti ad essi collegati. Una pagina web è dedicata alle Associazioni delle persone con disabilità e dei loro familiari, completa di indirizzi e link ai vari siti, oltre ai link diretti alle sezioni del sito MIUR relative a disabilità e DSA. Infine, sono previste le seguenti aree: – formazione, con percorsi dedicati alle famiglie ed al personale della scuola, dove trovare video lezioni e web conference oltre che materiale didattico in formato digitale; – forum per scambi di informazioni tra operatori, famiglie, associazioni, operatori degli altri enti; – News per le novità di tutto il territorio nazionale ed europeo, anche in collaborazione con la European Agency for special needs education; – un’Area Riservata per scambi di consulenze, confronti su problematiche, su modalità operative dove trovarsi periodicamente. Il portale rispetta i requisiti previsti dalla Legge n. 4/2004 sull’accessibilità dei siti web.

Roma, 27 dicembre 2012 IL MINISTRO f.to Francesco Profumo