È pratica frequente diagnosticare i singoli disturbi di apprendimento utilizzando test standardizzati e stabilire la gravità dei sintomi considerando le prestazioni al di sotto delle due deviazioni standard. In questo modo la prevalenza sarebbe, almeno teoricamente, predeterminata, dato che sotto due deviazioni standard ci sta il 2,3% della popolazione. Questo tuttavia non avviene sempre. Ad esempio a volte si utilizzano i percentili (sotto il quinto percentile, considerando quindi il 5% della popolazione e non il 2,3%). Altre volte  ci si affida ad una valutazione clinica indipendentemente dalle prestazioni ad un test standardizzato. Inoltre sono frequenti casi di comorbilità fra disturbi di apprendimento.  Secondo l’ICD-11 la prevalenza complessiva (considerando tutti i sottotipi di disturbi di apprendimento) è 5-15% in età scolastica e 4% negli adulti.  Per quanto riguarda la lettura sarebbe del 5-17%, per la scrittura 5-17% e per la matematica 6-17%. Il DSM-5 riporta un 5-15%  per i bambini e un 4% per gli adulti. Si tratta di dati così preoccupanti da disorientare e far nascere qualche dubbio sulle procedure diagnostiche. Chi scrive evita sistematicamente di esprimere opinioni personali in testi che come questo riportano scritti manualistici, ma questa volta fa una ponderata eccezione (espressa molto spesso anche in passato nelle dovute sedi scientifiche o cliniche): quanti disturbi dell’apprendimento sono in realtà delle difficoltà dovute a motivi diversi da quelli che dovrebbero caratterizzare i disturbi?

In ogni caso gli studi condotti in Italia indicano stime di prevalenza molto più basse. Ad esempio Cesare Cornoldi (2023) stima un 2,5-4% complessivo per i disturbi di apprendimento secondo la legge 270/2010.  Nell’introduzione della Linea Guida sulla gestione dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento (vedi allegato) troviamo scritto quanto segue. L’Italia non dispone di una banca dati nazionale per i Disturbi neuropsichiatrici. L’unica fonte ufficiale disponibile è, quindi, quella delle certificazioni scolastiche redatte ai sensi della Legge 170 che, nell’anno scolastico 2018/19, hanno interessato il 4.9% della popolazione scolastica con un’ampia variabilità per ordine di scuola (3.1% nella scuola primaria) e per area geografica. A seguito delle raccomandazioni presenti nella precedente CC sui DSA, negli anni 2008-2013 è stata condotta una ricerca epidemiologica nazionale  che ha interessato 9964 bambini tra gli 8 ed i 10 anni equamente distribuiti nelle diverse aree geografiche del paese. La prevalenza di disturbi specifici di lettura, rilevata in questa fascia d’età, è stata del 3.5%

Per quanto riguarda la differenza fra maschi e femmine l’ICD-11 evidenzia che sono di più i maschi, secondo un rapporto che si situa fra 1,5:1 e 3:1 negli studi condotti su campioni generali e di 6:1 nei campioni clinici. Questo può essere interpretato nel senso che i maschi (o, meglio, i loro genitori o i loro insegnanti) si rivolgono maggiormente alle strutture cliniche. Soprattutto i dati riguardanti la lettura variano a seconda delle lingue. Anche il DSM-5 riporta rapporti in cui sono di più i maschi: fra 2:1 e 3:1.

Renzo Vianello, 01.04.2023