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Bambini, ragazzi e adulti con disturbo di apprendimento necessitano di una comunità abilitante: familiari, insegnanti, educatori professionali, pedagogisti, psicologi, logopedisti, altri operatori sociosanitari… e popolazione in genere (ad esempio colleghi di lavoro che accettino le condizioni particolari in cui il loro compagno con disturbo di apprendimento può rendere al massimo).
La situazione ottimale è quella in cui uno specialista di disturbi di apprendimento non si limita a trattamenti individuali, ma favorisce il coordinamento con i familiari, gli insegnanti ed altri operatori. Sulle potenzialità abilitanti (ad esempio favorenti l’apprendimento della lettura, della scrittura e del calcolo al massimo livello possibile considerate le difficoltà individuali dovute al disturbo e l’utilizzazione di modalità compensative e dispensative quando opportuno) di famiglia e scuola ci si sofferma su altri file di questa sezione del sito. In questo proponiamo ulteriori riflessioni.

L’abilitatore esperto di disturbi di apprendimento è chiamato a molteplici compiti. Ne elenchiamo alcuni.

  1. Favorire, come detto sopra, un intervento coordinato da parte di familiari, insegnanti e altri operatori.
  2. Aiutare il bambino a capire-sapere
    • le caratteristiche del disturbo;
    • i rapporti fra le difficoltà, l’intelligenza generale e le prestazioni in aree non coinvolte dal suo disturbo;
    • il ruolo degli aspetti motivazionali;
    • le finalità delle attività abilitative proposte;
    • i tempi previsti;
    • quali sono i progressi ottenuti nel corso del tempo.
  3. Aiutare anche i familiari a capire quanto scritto al punto 2 e inoltre concordare con loro come evitare atteggiamenti controproducenti nei confronti del figlio o figlia come quelli di
    • considerarlo/a “pigro/a” o comunque non sufficientemente impegnato/a;
    • tener conto che il disturbo comporta affaticamento e quindi richiede adeguati momenti di riposo;
    • di pensare di poter risolvere la situazione quasi esclusivamente con modalità compensative (calcolatrice, esami solo orali ecc.) rinunciando in questo modo a potenziare le capacità comunque presenti.
  4. Collaborare, quando possibile, con gli insegnanti fornendo informazioni dettagliate sulle caratteristiche del disturbo nell’alunno o studente e sul suo sviluppo neuropsicologico generale cercando di trovare con loro un buon equilibrio fra proposte volte a potenziare le capacità deficitarie (resta ad esempio un obiettivo imparare a leggere, fare semplici conti a mente e memorizzare fatti numerici di base) e la possibilità di usufruire di modalità compensative (più tempo, riposi durante la lettura, in certi casi uso della calcolatrice ecc.).
  5. Aiutare il bambino o ragazzo a gestire strategicamente i compiti scolastici ed extrascolastici più impegnativi a causa del suo disturbo.
  6. Sostenerlo nell’autostima (giudizio di valore personale) e nell’autoefficacia (giudizi sulle proprie capacità).

 

Renzo Vianello, 01.04.2023