Nel primo anno di vita sembra evidente l’importanza della visione per lo sviluppo affettivo e sociale.
Dai due-tre mesi di vita la vista favorisce il sorriso al volto umano, la regolazione dell’attenzione condivisa, l’interazione faccia-a-faccia, l’alternanza dei turni.
Poi (dal quinto mese circa) favorisce il riconoscimento della figura materna e la differenziazione dagli altri, base per l’instaurarsi dei processi di attaccamento (in media a otto mesi).
Tra i dieci e i dodici mesi l’interazione bambino-adulto si arricchisce con l’indicazione e anche in questo caso la vista gioca un ruolo cruciale.

Cosa succede nel bambino non vedente?

Senza l’aiuto della vista il bambino non vedente di tre o più mesi non gratifica l’adulto con il suo sorriso, quando egli si china su di lui o lo prende in braccio e quindi non “innesca” in modo spontaneo reazioni nell’adulto, che spesso si concretizzano in parole o contatti con il bambino che esprimono piacere.
Analogamente sono ostacolate la regolazione dell’attenzione condivisa, l’interazione faccia-a-faccia e la condivisione attraverso atti di indicazione.
Pérez-Pereira e Conti-Ramsden (1999) scrivono che i bambini non vedenti sono tranquilli e silenziosi quando ascoltano e questo può essere interpretato come carenza interattiva ed emotiva. Danno l’impressione di essere più passivi dei bambini vedenti.
Nei genitori può esserci disorientamento e nei bambini un po’ di ritardo nello sviluppo emotivo e sociale.

Due domande sono fondamentali.

  1. Di norma i genitori riescono a trovare modalità compensative per favorire comunque l’interazione con il/la figlio/a?
  2. Tutto ciò ha conseguenze negative nello sviluppo della personalità?

La risposta alla prima domanda è positiva (Urwin, 1984): l’uso del tatto, del contatto fisico in generale e del linguaggio favoriscono le interazioni nei primi mesi di vita. E con il passare del tempo il ruolo del linguaggio risulta sempre più importante.

La risposta alla seconda domanda è che molte ipotesi sono state formulate, ma una analisi critica della letteratura non evidenzia effetti negativi a lungo termine delle difficoltà di interazione presenti nel primo anno di vita a causa della mancanza della vista.

Per i riferimenti bibliografici di queste pagine vedi Riferimenti bibliografici generali

Tratto, con modifiche (01.01.2023), da Vianello, R., e Mammarella I. C. (2014). Psicologia delle disabilità. Bergamo: edizioni Junior.