La prevalenza delle disabilità visive (legalmente considerate e non considerando solo la cecità congenita) si colloca, nelle varie nazioni del mondo, fra 3 e 16 ogni 10.000 coetanei (0,03% – 0,16%).
La cecità è assai più frequente nei Paesi in via di sviluppo, anche a causa di carenza di vitamina A nella nutrizione e di infezioni. Inoltre sono carenti interventi volti a ridurre gli effetti delle varie cause di cecità. Ad esempio in Italia (e nei Paesi economicamente al suo livello o superiore) la cataratta (malattia che provoca opacità del cristallino, cioè della lente naturale che consente la messa a fuoco, grazie alla deformazione provocata dal muscolo ciliare) provoca sempre meno cecità grazie a interventi, molto frequenti in età senile, di sostituzione del cristallino con uno artificiale. Nei Paesi più poveri la cataratta è invece la prima causa di cecità per carenza di interventi operatori.

LEGGE 3 aprile 2001, n. 138

Classificazione e quantificazione delle minorazioni visive e norme in materia di accertamenti oculistici (GU Serie Generale n.93 del 21-04-2001)

Art. 1.
(Campo di applicazione).

1. La presente legge definisce le varie forme di minorazioni visive meritevoli di riconoscimento giuridico, allo scopo di disciplinare adeguatamente la quantificazione dell’ipovisione e della cecità secondo i parametri accettati dalla medicina oculistica internazionale. Tale classificazione, di natura tecnico-scientifica, non modifica la vigente normativa in materia di prestazioni economiche e sociali in campo assistenziale.

Art. 2.
(Definizione di ciechi totali).

1. Ai fini della presente legge, si definiscono ciechi totali:
a) coloro che sono colpiti da totale mancanza della vista in entrambi gli occhi;
b) coloro che hanno la mera percezione dell’ombra e della luce o del moto della mano in entrambi gli occhi o nell’occhio migliore;
c) coloro il cui residuo perimetrico binoculare è inferiore al 3 per cento.

Art. 3.
(Definizione di ciechi parziali).

1. Si definiscono ciechi parziali:
a) coloro che hanno un residuo visivo non superiore a 1/20 in entrambi gli occhi o nell’occhio migliore, anche con eventuale correzione;
b) coloro il cui residuo perimetrico binoculare è inferiore al 10 per cento.

Art. 4.
(Definizione di ipovedenti gravi).

1. Si definiscono ipovedenti gravi:
a) coloro che hanno un residuo visivo non superiore a 1/10 in entrambi gli occhi o nell’occhio migliore, anche con eventuale correzione;
b) coloro il cui residuo perimetrico binoculare e’ inferiore al 30 per cento.

Art. 5.
(Definizione di ipovedenti medio-gravi).

1. Ai fini della presente legge, si definiscono ipovedenti medio-gravi:
a) coloro che hanno un residuo visivo non superiore a 2/10 in entrambi gli occhi o nell’occhio migliore, anche con eventuale correzione;
b) coloro il cui residuo perimetrico binoculare è inferiore al 50 per cento.

Art. 6.
(Definizione di ipovedenti lievi).

1. Si definiscono ipovedenti lievi:
a) coloro che hanno un residuo visivo non superiore a 3/10 in entrambi gli occhi o nell’occhio migliore, anche con eventuale correzione;
b) coloro il cui residuo perimetrico binoculare è inferiore al 60 per cento.

Ai fini del collocamento lavorativo la legge n. 68 del 12 marzo 1999 all’art. 1 (collocamento dei disabili), comma 2, precisa “Agli effetti della presente legge si intendono per non vedenti coloro che sono colpiti da cecità assoluta o hanno un residuo visivo non superiore ad un decimo ad entrambi gli occhi, con eventuale correzione.”

Considerando le cause si distinguono le malattie dai traumi provocati da un corpo estraneo o sostanze caustiche o eccessiva esposizione ai raggi del sole ecc.
La trattazione delle cause delle disabilità visive è molto complessa e richiederebbe varie distinzioni sia a livello storico (ad esempio principali cause nei nonni, nei genitori e nei bambini di oggi) che a livello geografico (tipologia e prevalenza diversa nelle varie nazioni). Ci limitiamo ad alcune note.
In età adulta e senile nei Paesi economicamente sviluppati la più frequente causa di cecità è la degenerazione maculare legata all’età, seguita dal glaucoma. Tra le altre cause abbiamo diabete e trombosi venosa della retina (ictus che causa strozzamento della vena centrale della retina e quindi mancanza di flusso sanguigno con conseguente morte della retina dato che le sue cellule non si riproducono) in uno degli occhi. Appositi farmaci sono prescritti per evitare che succeda la stessa cosa all’altro occhio.

Secondo dati MIUR (complessivamente stabili negli ultimi dieci anni) sull’inserimento degli alunni e studenti con disabilità risulta che quelli con disabilità visive erano:

  • l’1,7% rispetto a tutti gli alunni con disabilità;
  • lo 0,4 per mille rispetto a tutti gli alunni;
  • da 0,3 a 0,5 per mille a seconda dell’età.

Secondo Miller et al. (2002) i siti più frequentemente responsabili del deficit visivo sono la retina (36%), il nervo ottico e le vie di collegamento al cervello (22%), le lenti cristalline (17%) e gli occhi (16%).

Molte (attorno al 50%, almeno in Europa) cause di cecità sono di origine genetica e comportano anomalie in una o più parti dell’apparato visivo.
Altre cause sono dovute alla retinopatia del prematuro, ad episodi anossici, all’assunzione di farmaci o alla contrazione della rosolia da parte della madre durante la gravidanza, a malattie, infezioni, tumori, traumi ecc.

Altre ricerche epidemiologiche hanno fornito dati diversi. Ad esempio secondo Miller et al, (2002) il glaucoma provoca il 4% delle cecità infantili e secondo Wright (2008) il 12% nel mondo e il 18% in Europa.
Secondo Wright inoltre le percentuali per la cataratta sono rispettivamente il 48% nel mondo e il 5% in Europa.
Le percentuali di cui sopra sono comunque orientative.

Circa un terzo delle disabilità visive sono presenti in bambini gravemente prematuri (nati dalla ventitreesima alla trentaquattresima settimana di gravidanza).

La maggior parte dei bambini non vedenti viene diagnosticato tra i 2 e i 3 mesi di vita, spesso anche perché non emerge il sorriso al volto umano e non seguono il movimento degli oggetti.

Secondo alcune stime ulteriori deficit sono presenti nel 50% dei casi (Miller et al., 2002), secondo altre nel 60-70% (Sonksen e Dale, 2002). Le comorbilità più frequenti sono con paralisi cerebrale, disabilità intellettive, sordità (5% circa), epilessia, disturbi relazionali, autismo (in almeno il 3% dei casi; Pérez-Pereira e Conti-Ramsden, 1999).

Struttura dell’occhio

“Per diversi aspetti la struttura dell’occhio è simile a quella di un apparecchio fotografico. Un involucro duro, fibroso, chiamato sclera, funziona come il corpo di un apparecchio fotografico. La parte colorata, chiamata iride, funziona come una cerniera e risponde ai mutamenti della luminosità dilatandosi o restringendosi. La pupilla è una apertura al centro dell’iride. I raggi di luce che entrano nell’occhio attraverso la pupilla sono dapprima focalizzati dalla cornea, cupola trasparente che copre e protegge l’iride, e susseguentemente dal cristallino, collocato dietro la pupilla. La cornea è la superficie refrattiva più importante dell’occhio. Il cristallino ulteriormente focalizza i raggi di luce sulla retina, che rappresenta la pellicola fotografica degli occhi. La retina registra le immagini in posizione capovolta e le trasmette alla parte competente della corteccia cerebrale per la loro interpretazione.

Anatomia dell'occhio umano

La forma rotonda dell’occhio è mantenuta da due sostanze: l’umore acqueo, un liquido acquoso nella camera anteriore, e l’umore vitreo, traslucido e giallastro che occupa lo spazio posteriore tra il cristallino e la retina. L’occhio si colloca in un incavo osseo del cranio, l’orbita, che serve da supporto e da protezione. Questo spazio è occupato anche da vasi sanguigni, dai muscoli che muovono gli occhi, dalle ghiandole lacrimali che producono lacrime e dal nervo ottico che conduce le immagini dagli occhi al cervello. La congiuntiva, un sottile e trasparente strato che copre la sclera, contiene piccoli vasi sanguigni, che fanno assumere all’occhio un aspetto sanguinolento quando esso è infettato o infiammato (congiuntivite).” (Miller et al., 2002, pag. 162).

Sviluppo dell’occhio

“Nell’embrione umano le strutture che andranno a sviluppare gli occhi compaiono alla quarta settimana di gestazione come due bulbi sferici situati ai lati della testa. Queste sfere gradualmente assumono la forma a coppa degli occhi. Successivamente, tre livelli cellulari specializzati si trasformano nelle diverse parti dell’occhio. Verso la prima settimana di gestazione, quando l’embrione è lungo soltanto 2,5 centimetri, gli occhi hanno già assunto la loro forma di base. Con la crescita del feto gli occhi si spostano dai lati della testa al centro della faccia.
Alterazioni del normale sviluppo comportano un’ampia varietà di difetti oculari, che vanno dalla anoftalmia (la mancanza degli occhi), sino a irregolarità del perimetro pupillare. Per capire l’origine delle malformazioni oculari si consideri il coloboma, un difetto simile ad una fessura dell’occhio. Nei primi tempi delal gestazione gli occhi che si stanno sviluppando hanno la forma di un calice. Per addivenire alla forma sferica i margini di questo calice ottico si riuniscono e formano una linea di congiunzione che si salda durante la settima settimana di gestazione. Il coloboma rappresenta un difetto di questa saldatura. La localizzazione e l’estensione di tale difetto varia da quello che rappresenta soltanto il problema estetico di una pupilla conformata a buco di chiave, sino ad un’importante malformazione del nervo ottico e della retina, che spesso causa gravi difetti visivi. Così come altre malformazioni oculari, il coloboma può manifestarsi come un difetto culare isolato, ovvero può far parte di una sindrome malformativa come nei disordini cromosomici trisomia 13 o 18. Circa il 15-30% dei bambini con occhi piccoli e coloboma ha l’associazione CHARGE: così viene chiamata una associazione nella quale tutte le anormalità hanno origine nello stesso periodo embrionale e quindi sono tra loro correlate. Una parte di questi difetti sono rappresentati da un gruppo che include il coloboma di entrambi gli occhi, difetti cardiaci congeniti, atresia delle coane, ritardo della crescita e dello sviluppo, anomalie dei genitali e malformazioni uditive, con o senza difetto uditivo.
Le anormalità che intervengono in epoca più tardiva dell’embriogenesi, quando gli occhi si spostano più vicini l’uno all’altro, possono produrre una larghezza eccessiva della distanza tra i due occhi, chiamata ipertelorismo. Infine infezioni intrauterine possono provocare cataratta, glaucoma e/o corio retinite (infiammazione della coroide e degli strati retinici) in rapporto al momento in cui avviene l’infezione e ai tessuti che colpisce.” (Batshaw, 2002, pp. 163-164).

Per i riferimenti bibliografici di queste pagine vedi Riferimenti bibliografici generali

Tratto, con modifiche (01.01.2023), da Vianello, R., e Mammarella I. C. (2014). Psicologia delle disabilità. Bergamo: edizioni Junior.