La paralisi cerebrale infantile (PCI) è un disturbo persistente, ma non progressivo della postura e del movimento, causato da alterazioni della funzione cerebrale infantile prima che il sistema nervoso centrale abbia completato il suo sviluppo.
È una patologia motoria, spesso associata a disturbi sensoriali e/o a disabilità intellettiva o funzionamento intellettivo limite.
È causata da un danno encefalico avvenuto dal quinto mese di gravidanza ai 24-36 mesi di vita circa.
È l’esito di una lesione a livello di sistema nervoso centrale, con perdita di tessuto cerebrale.
La lesione a carico del cervello non può essere “guarita” (da cui il termine persistente), mentre l’espressione non progressiva significa che la patologia non tende di per sé al peggioramento.
Si tratta di una sindrome neurologica che si modifica nel tempo in quanto, trattandosi di una alterazione del sistema nervoso centrale, influenza la maturazione in età evolutiva, manifestandosi in modo diverso a seconda della sua natura e dell’età. Gli interventi abilitativi possono influenzare positivamente lo sviluppo.

Le cause principali sono: fattori genetici, infezioni materne in gravidanza, malattie croniche materne, traumi, insufficienza placentare e agenti tossici nel periodo prenatale; parto distocico o patologia del post partum (ipossia/ischemia, ittero ecc,) nel periodo perinatale; trauma cranico, arresto cardiocircolatorio prolungato, meningoencefaliti, convulsioni che si prolungano oltre i 20-30 minuti.

Secondo la letteratura l’incidenza (numero di casi nuovi per unità di tempo; ad esempio casi di PCI alla nascita) è varia nel mondo. Nei Paesi economicamente paragonabili all’Italia le stime sono di circa 2-3 su 1.000 nati vivi. Se consideriamo solo la popolazione dei bambini nati con un peso inferiore ai 1.500 grammi la percentuale si alza in questo caso al 3-10% (Pasquinelli e Allori, 2005).
La prevalenza (frequenza in un certo periodo di tempo; ad esempio quanti erano in Italia nel 2022 gli individui con PCI) è di circa 2 individui ogni 1.000.
Questo dato è diverso da quello relativo agli alunni certificati con disabilità fisica e motoria in Italia, che secondo i dati ISTAT (vedi Prevalenza e tipologia) relativi al 2019-2020 (che non differiscono sostanzialmente da quelli degli anni precedenti) supera di poco l’1 per mille. Si noti che le certificazioni di disabilità fisica e motoria non comprendono solo le PCI (che sarebbero il 2-3 per mille, cioè almeno il doppio delle disabilità fisiche e motorie certificate). Come spiegarlo? Non tutti i bambini con PCI vengono certificati? Alcuni di loro sono certificati con disabilità intellettive o disabilità visive o uditive? Altro?

Una classificazione di base considera sia la localizzazione topografica delle difficoltà motorie (ad esempio riguardanti la parte sinistra o quella destra del corpo) che le anomalie motorie (ad esempio atassia, con disturbi della coordinazione e dell’equilibrio) (Bottos, 2003; Ferrari, Cioni, 2005).

Tenendo conto della sede del disturbo motorio (classificazione topografica) vengono distinte:

  • Emiplegia (disturbo del controllo motorio del lato sinistro o del lato destro del corpo)
  • Diplegia(disturbo del controllo motorio di due arti; più spesso degli arti inferiori)
  • Tetraplegia (disturbo del controllo motorio sia del tronco che dei quattro arti).

La classificazione in base alle caratteristiche del movimento (classificazione motoria) considera:

  • Forme spastiche, con aumento costante del tono in alcuni gruppi muscolari e dei riflessi da stiramento. Tra gli atteggiamenti posturali tipici: gomito, polso e dita flessi; arto superiore addotto e intra-ruotato; piede equino.
  • Forme ipotoniche, con diminuzione costante del tono di alcuni gruppi muscolari.
  • Forme atassiche, con disturbi della coordinazione e dell’equilibrio.
  • Forme discinetiche o distoniche, con fluttuazione continua del tono muscolare.
  • Forme miste.

Le forme emiplegiche sono caratterizzate da quanto segue.

  • Nella maggioranza dei casi si ha un lieve ritardo nelle tappe dello sviluppo, ma con intelligenza nei limiti della norma.
  • I casi di ritardo nello sviluppo del linguaggio sono più di quelli di ritardo nello sviluppo dell’intelligenza.
  • In un caso su 3-4 è associata epilessia, di norma ben controllabile con i farmaci.
  • Con il passare del tempo gli arti colpiti possono svilupparsi un po’ meno (soprattutto la gamba).

Le forme diplegiche tendono a presentare le seguenti caratteristiche.

  • Circa un individuo su tre manifesta disabilità intellettiva.
  • Circa un individuo su due soffre anche di epilessia, spesso ben controllata con i farmaci.
  • Frequente è un disturbo visivo (deficit di campo visivo, strabismo ecc.).
  • La maggioranza è in grado di camminare, spesso utilizzando dei tutori. Con il trascorrere dell’età possono emergere deformità delle articolazioni del piede, dell’anca e a volte della colonna vertebrale, che rendono il cammino progressivamente più difficoltoso.

Le forme tetraplegiche sono di norma caratterizzate da situazioni più gravi.

  • Alta è la comorbilità con le disabilità intellettive.
  • Spesso è presente epilessia, anche resistente al trattamento farmacologico.
  • Frequenti sono i disturbi sensoriali (sordità e ipovisione).
  • Spesso sono associate a disturbi della fonazione, della deglutizione e della masticazione.
  • Rare sono le situazioni in cui il cammino è possibile e in alcuni casi è compromessa anche la possibilità di stare seduti autonomamente.
  • Con il passare del tempo sono possibili deformità delle articolazioni dei piedi, delle anche, della colonna vertebrale (con possibile scoliosi).

Ciascuna PCI esige un trattamento mirato,
Sempre più esso è individualizzato anche nel rispettare il più possibile le strategie di adattamento messe in atto dall’individuo.
Importante è il coinvolgimento dei genitori (ed eventualmente di altri familiari) in modo che anche nella vita di tutti i giorni essi propongano comportamenti adeguati. Ideale sarebbe anche un counselling che li aiuti a gestire le situazioni di stress che l’educazione del figlio con disabilità comporta.

Per i riferimenti bibliografici di queste pagine vedi Riferimenti bibliografici generali

Tratto, con modifiche e aggiunte (Renzo Vianello, 01.01.2023), da  Vianello R. e Mammarella I. C. (2014). Psicologia delle disabilità. Bergamo: edizioni Junior.