I difetti del tubo neurale, presenti fin dalla nascita, coinvolgono il midollo spinale, il cervello e le vertebre. Si tratta di anomalie del sistema nervoso congenite.

“Le malformazioni che provocano i difetti del tubo neurale sopravvengono circa 26 giorni dopo la fertilizzazione dell’ovulo, durante il periodo della neurulazione … prima tappa nella formazione del sistema nervoso centrale … In questo periodo, le pliche di accrescimento neurale si trasformano nel tubo neurale, dal quale si sviluppano il midollo spinale e gli archi vertebrali. Durante questo processo, se una porzione del tubo neurale non si chiude completamente, ne risulta un difetto e un midollo spinale malformato. Vi è uno spazio di tempo inferiore a due giorni che separa il mielomeningocele da quello della anencefalia. Quantunque il meccanismo della chiusura del tubo neurale non sia del tutto conosciuto, esso non si compie come la chiusura di una cerniera, ma ha siti di chiusura multipli … Ognuno di questi siti è controllato da fattori genetici diversi e ha differente sensibilità ai fattori ambientali …” (Liptak, 2002, pp. 483-484)

Le tre principali malformazioni (o difetti) sono:

  • l’anencefalia
  • l’encefalocelo
  • la spina bifida.

L’anencefalia è una malformazione grave del cervello, in quanto non si ha sviluppo del sistema nervoso al di sopra del tronco cerebrale, cioè della parte più primitiva del cervello. Frequenti sono gli aborti spontanei. Rara è la sopravvivenza oltre l’infanzia.

L’encefalocelo è una malformazione del cranio, con protrusione (più spesso nella regione posteriore del cervello) di una porzione dell’encefalo. Esso può comportare disabilità intellettiva, idrocefalia (troppo liquido nelle cavità del cervello), diplegia spastica, epilessia.

La spina bifida, difetto di chiusura della colonna vertebrale, è il difetto del tubo neurale (e del sistema nervoso periferico) più frequente.
Si tratta di una malformazione dovuta alla chiusura incompleta di una o più vertebre, risultante in una malformazione del midollo spinale, con paralisi nervosa conseguente. In questi casi già alla nascita possono essere presenti problemi ortopedici (ad esempio lussazione congenita dell’anca o piede torto).
Poiché la paralisi di norma ha a che fare con le funzioni vescicali e rettali sono possibili danni renali, anche gravi.
Nella spina bifida la gravità della lesione va da forme molto lievi, come nella spina bifida occulta asintomatica (non ci sono anormalità visibili e non ci sono sintomi) a casi molto gravi (rachischisi, in cui il canale vertebrale è completamente aperto).
Nella spina bifida cistica vi è una sacca protrudente che può contenere midollo (mielocele), meningi (meningocele) o entrambi (mielomeningocelde).

Nei casi di mielomeningocele (spina bifida aperta) la sacca è associata a malformazione del midollo spinale. Manca la protezione delle meningi e delle vertebre alle strutture nervose (a loro volta non correttamente funzionanti), con conseguente rischio di infezioni, anche gravi. Si tratta di una condizione che può comportare perdita del controllo degli sfinteri anali e vescicali, paralisi, convulsioni, idrocefalia, alto rischio di meningite, notevole debolezza muscolare, deformità a livello di bacino, ginocchia e piedi, scoliosi, difficoltà di apprendimento e disabilità intellettive ecc. Per prevenire il rischio di infezioni si può intervenire chirurgicamente, per chiudere il difetto, fin dai primi giorni di vita del bambino.

La prevalenza della spina bifida è molto varia: da 0,18 su 1.000 negli Stati Uniti (Centers for Disease Control, 2008) a 2,5 su 1.000 (Murch e Cohen, 1989). Essa aumenta:

  • con l’aumentare dell’età delle madri;
  • con un livello socio-economico più basso;
  • con una alimentazione povera.

Molteplici sono i fattori che influiscono sulla prevalenza. Tra questi vi sono (Liptak, 2002) fattori genetici, disordini cromosomici (trisomie 13 e 18), esposizione materna a farmaci antiepilettici, eccessivo uso di alcol da parte della madre, diabete materno, obesità materna, pratica dell’aborto, mortalità infantile. Nei paesi più ricchi la mortalità infantile dei bambini con spina bifida è minore (e quindi è maggiore la prevalenza), in quanto sono possibili adeguati interventi medici.

Le femmine sono molto più colpite dei maschi; secondo Liptak (2002) da 3 a 7 volte di più.
L’assunzione da parte delle madri di acido folico (detto anche vitamina B9 o vitamina M) prima del concepimento e per i primi tre mesi di gravidanza può ridurre di oltre il 50% la prevalenza (Liptak, 2002).

Coerentemente con l’importanza data dalla letteratura (ad esempio Liptak, 2002; Lomax-Bream, Barnes, Copeland, Taylor, & Landry, 2007) consideriamo la spina bifida mielomeningocele.
Quando nasce un bambino con mielomeningocele è innanzitutto importante:
prevenire infezioni del midollo spinale;
proteggere i nervi spinali scoperti e le strutture connesse da eventuali traumi fisici;
collocare (cosa spesso necessaria) uno shunt per prevenire l’accumulo di liquido cerebrospinale al fine di evitare la condizione di progressiva idrocefalia (Liptak, 2002).

Lo shunt è un dispositivo che comprende un catetere per raggiungere la zona dove c’è troppo liquido, una valvola di controllo del flusso, e un tubo per trasportare il liquido in eccesso in un altro posto dove può essere rimosso in modo naturale.

Molteplici sono le anormalità cerebrali presenti nei bambini con mielomeningocele (perché molto varie sono le forme in cui esso si presenta) (Liptak, 2002). A loro volta esse comportano disabilità e disagi di vario tipo. Ne elenchiamo alcuni:

  • paralisi motoria (di vario tipo e gravità in quanto dipende dalla localizzazione del difetto del midollo spinale; ad esempio agli arti
  • inferiori o solo alle caviglie e ai piedi);
  • altri disturbi motori;
  • disturbi della sensibilità (ad esempio ai piedi, ma a volte anche nella zona anale o genitale);
  • strabismo (circa nel 15% dei casi);
  • difficoltà nella deglutizione e disturbi respiratori durante il sonno;
  • curvature abnormi della colonna vertebrale;
  • disfunzioni urinarie;
  • disfunzioni intestinali;
  • disfunzioni sessuali (ad esempio i maschi hanno spesso difficoltà di erezione finalizzata e le femmine minor eccitazione sessuale);
  • allergia al lattice.

L’idrocefalo è spesso associato con alcune forme di mielomeningocele.
Il cammino è spesso compromesso (molti usano la sedia a rotelle). In vari casi raggiunge le maggiori prestazioni verso i 9-10 anni. Con l’adolescenza si può avere un peggioramento, anche con perdita della funzionalità del camminare (circa in un caso su due).

Quali effetti ha la spina bifida mielomeningocele sullo sviluppo psicologico?
Presentiamo dapprima risultati di alcune ricerche e successivamente una sintesi della letteratura.

Lomax-Bream et al. (2007) hanno condotto una ricerca longitudinale su 91 bambini con spina bifida mielomeningocele di cui 77 con shunting per l’idrocefalo (e, come gruppo di controllo, 74 con sviluppo tipico) abitanti a Houston (Texas) o a Toronto (Canada) con valutazioni dello sviluppo a 6, 12, 18, 26 e 36 mesi per mezzo delle Bayley Scales (Bayles, 1993). Le prestazioni del gruppo dei bambini con spina bifida mielomeningocele e shunting sono risultate significativamente più basse soprattutto a livello motorio, ma anche cognitivo e linguistico. L’impatto del livello delle lesioni e dello shunting è risultato significativamente correlato con lo sviluppo motorio e cognitivo, ma non con quello linguistico.
Consideriamo analiticamente alcuni dati (nostra rielaborazione da dati presenti nell’articolo).
A 36 mesi di vita l’età equivalente media di sviluppo cognitivo è di 29,46 mesi, con una deviazione standard di 7,19 mesi. In termini di QI di rapporto = 72. Considerando una deviazione standard sopra la media e una sotto, il 66% dei bambini con spina bifida mielomeningocele ha quindi un QI compreso fra 61 e 100.
Alla stessa età di 36 mesi, l’età linguistica equivalente media è 29,03 (coerente con l’età equivalente media di sviluppo cognitivo), con una deviazione standard di 9,49 (superiore a quella relativa allo sviluppo cognitivo e quindi indice di una ancor maggior variabilità).
Da questa ricerca risulta inoltre che i bambini con spina bifida meilomeningocele provenienti da un ambiente con livello socioculturale più basso hanno anche un maggior rischio di sviluppo ritardato fin di primi tre anni di vita e questo significa, secondo gli autori, che senza un adeguato supporto il rischio di notevoli difficoltà future a partire dall’età in cui andranno a scuola è molto alto.

Landry, Taylor, Swank, Barnes, & Juranek (2013) nell’ambito di un ampio studio longitudinale (a cui, almeno in parte, è riconducibile anche la ricerca precedente) hanno esaminato il ruolo delle funzioni esecutive, del linguaggio sociale e della responsività genitoriale valutati a 3 anni sulle competenze nei problem-solving sociali a 7 anni. I partecipanti alla ricerca sono stati 49 bambini con spina bifida mielomeningocele e 54 con sviluppo tipico.
Per quanto riguarda i bambini di 3 anni risulta (si tratta di una conferma e una specificazione della ricerca precedente) che i bambini con spina bifida hanno prestazioni inferiori nelle funzioni esecutive e nel linguaggio sociale.
Il confronto fra le prestazioni a 3 anni e a 7 anni evidenzia inoltre una forte relazione fra le difficoltà nelle funzioni esecutive e nel linguaggio sociale a 3 anni e difficoltà nei problem-solving sociali a 7 anni.
Inoltre è risultato che una migliore responsività genitoriale fin dai primi tre anni di vita riduce le difficoltà a 7 anni nei problem-solving sociali.

DeLucia, Essner, Kelly, Zebracki, Friedman, & Jandasek (2010) in una ricerca longitudinale hanno valutato lo sviluppo psicosociale di 68 adolescenti con spina bifida (82% con mielomeningocele) e di altrettanti con sviluppo tipico dagli 8 ai 15 anni.
I risultati della valutazione evidenziano che i partecipanti con spina bifida risultano a tutte le età con maggiori:

  • problemi di attenzione,
  • difficoltà scolastiche in generale,
  • tendenza alla depressione,
  • difficoltà nello sviluppo sociale e in particolare in
    • interazione in famiglia
    • accettazione sociale (sia secondo i genitori che i figli con spina bifida);
    • numero di amici.

Inoltre è emerso che per le femmine, con il passare del tempo, aumentano i rischi di difficoltà nelle interazioni sociali.

Holmbeck and Devine (2010) confermano, in una rassegna di ricerche sul funzionamento psicosociale e familiare in caso di spina bifida, i dati della ricerca precedente anche per gli adulti. In particolare sottolineano le carenze nell’autonomia personale:

  • per i bambini e gli adolescenti
    • più dipendenti dagli adulti,
    • meno autonomi a casa,
    • con minore motivazione intrinseca a scuola,
    • meno inclini ad esprimere il proprio punto di vista nelle interazioni familiari;
  • per gli adulti:
    • un minor livello di vita indipendente (soprattutto per i maschi),
    • un minor livello di occupazione lavorativa.

Problemi nella costruzione dell’identità sociale e difficoltà nelle interazioni sociali sono trovati anche da Kinavey (2007) in una ricerca condotta con 11 adolescenti e giovani (età compresa fra i 18 e i 24 anni) con spina bifida (di cui 8 con mielomeningocele).

Considerando l’insieme delle ricerche condotte sullo sviluppo in caso di spina bifida mielomeningocele possiamo sintetizzare quanto già presentato e completarlo evidenziando che:

  • in generale la spina bifida mielomeningocele comporta un ritardo non solo nello sviluppo motorio (Dennis, Edelstein, Hetherington, Copeland, Frederick, Blaser, et al, 2004), ma anche in quello cognitivo e linguistico (Fletcher, Brookshire, Bohan, Brandt, & Davidson, 1995; Fletcher, Dennis, & Northrup, 2000; Vachha, & Adams, 2003);
  • il ritardo dipende anche dal livello della lesione (Fletcher, Brookshire, Landry, Davidson, Francis et al., 1996; Landry, 2002);
  • e dalla presenza di shunting per l’idrocefalia (Landry, Robinson, Copeland, & Garner,1993; Dennis, 1996);
  • per 3 bambini su 4 le difficoltà a livello cognitivo non sono tali da comportare una diagnosi di disabilità intellettiva e rari sono i casi di disabilità intellettiva severa (Landry, 2002; Lomax-Breams et al., 2007);
  • circa il 15% è affetto da epilessia (Landry, 2002);
  • in termini di profilo cognitivo le aree più colpite sono:
    • le capacità motorie (velocità di reazione motoria, abilità manuali ecc.) (Landry, 2002),
    • le capacità percettive (Landry, 2002),
    • le abilità visuo-motorie e spaziali (Snow, 1999; Landry, 2002),
    • le funzioni esecutive in generale (fin dai primi tre anni di vita secondo Landry et al., 2013);
    • le capacità attentive (Snow, 1999; Landry, 2002),
    • le capacità di organizzazione (Landry, 2002),
    • il problem-solving (Snow, 1999),
    • le abilità matematiche (Barnes, Pengelly, & Dennis, 2001),
    • le prestazioni linguistiche in generale (Dennis, Jacennik, & Barnes, 1994),
    • il linguaggio sociale (fin dai primi tre anni di vita secondo Landry et al., 2013);
    • il comportamento adattivo e in particolare il problem-solving sociale (Landry et al., 2013) e le interazioni sociali (Kinavey, 2007; Holmbeck, et al., 2010).
Per i riferimenti bibliografici di queste pagine vedi Riferimenti bibliografici generali

Tratto, con modifiche e aggiunte (Renzo Vianello, 01.01.2023), da  Vianello R. e Mammarella I. C. (2014). Psicologia delle disabilità. Bergamo: edizioni Junior.