Dall’infanzia all’età adulta

L’ADHD si manifesta fin dalla prima infanzia, ma almeno nel 60% dei casi la diagnosi viene confermata anche nell’età adulta (Spencer, Biederman, & Wilens, 1998).
Problemi relazionali associati all’ADHD sono frequenti anche dopo l’adolescenza (Taylor et al., 1996).

Consideriamo l’evoluzione tipica dell’ADHD.
I genitori spesso parlano dei propri figli con ADHD come bambini difficili a partire dalla nascita: irritabili, inclini ad un pianto inconsolabile, poco tolleranti alla frustrazione e con difficoltà di sonno ed alimentazione. Le tecniche educative tradizionali tendono ad essere poco efficaci. L’impulsività e la bassa tolleranza alla frustrazione possono generare effetti negativi nell’interazione con i genitori, innescando un circolo vizioso che porta ad un aumento di intensità dei sintomi.

Durante gli anni della scuola dell’infanzia gli aspetti di iperattività motoria sono prevalenti. Eccessiva vivacità e scarsa controllabilità del bambino con ADHD lo fanno sembrare meno maturo rispetto all’età cronologica. Nelle situazioni di gioco libero con ampia possibilità di movimento si notano meno le sue difficoltà, mentre emergono maggiormente nelle situazioni caratterizzate da regole.

Con l’ingresso nella scuola primaria, le difficoltà tendono ad aumentare, proprio a causa della presenza di un maggior numero di regole da rispettare e di compiti da svolgere. Gli insegnanti descrivono spesso questi alunni come immaturi, soprattutto dal punto di vista comportamentale. Con il passaggio ai livelli di istruzione superiori, caratterizzati da richieste sempre più impegnative, la disattenzione e/o l’iperattività-impulsività sono sempre più evidenti.
Molti studenti con ADHD manifestano seri problemi nella scuola secondaria e alcuni di loro abbandonano gli studi. I problemi interpersonali tendono a peggiorare; ciò accade probabilmente perché le interazioni positive con i compagni richiedono, con il progredire dell’età, abilità sociali, di comunicazione e di autocontrollo sempre maggiori.

Dalla preadolescenza, l’iperattività tende a ridursi in termini di intensità, e a trasformarsi in un senso di irrequietezza interiore, che si manifesta soprattutto con insofferenza ed impazienza. Questo può contribuire allo sviluppo di atteggiamenti problematici come prepotenza, labilità dell’umore e scatti d’ira (dovuti anche alla sofferenza interiore, che sottrae energie) creando ulteriori difficoltà nei rapporti interpersonali (Cornoldi et al., 2001).

Nell’adolescenza possono emergere depressione, ansia e bassa autostima.

In età adulta le carenze nella pianificazione tipiche dell’ADHD possono creare gravi difficolta sia nei rapporti sociali che nel lavoro. Gli adulti con ADHD, ad esempio, rischiano di prendere troppi impegni che poi non riescono a rispettare, di essere spesso in ritardo, di dimenticare appuntamenti ecc. (Resnick & Shaffer, 1994).
Negli adulti con ADHD sono stati notati (con una frequenza superiore a quella della popolazione generale) ostinazione, conflitti cronici con le autorità, difficoltà con il coniuge e con i pari, frequenti cambi di lavoro, scarsa tolleranza alla frustrazione. Spencer e colleghi (1998) in una ricerca hanno trovato che circa il 50% degli adulti con ADHD manifestava un disturbo di ansia, dal 27 al 47% abuso di sostanze e dal 12 al 27% disturbo antisociale di personalità.

Per i riferimenti bibliografici di queste pagine vedi Riferimenti bibliografici generali
Tratto, in sintesi e con modifiche (Vianello e Anna Maria Re, 21.01.2023), da Vianello, R., e Mammarella I. C. (2014). Psicologia delle disabilità. Bergamo: edizioni Junior. 

Per approfondire 

Adolescenza con ADHD.doc (aidaiassociazione.com)

Aspetti evolutivi – (aidaiassociazione.com)