La gestione di una classe in cui è presente un alunno o studente con ADHD è spesso problematica. Particolarmente avvantaggiate sono le situazioni in cui gli interventi sul bambino o sull’adolescente sono coordinati tra genitori, insegnanti e compagni di classe, operatori sociosanitari, con incontri durante l’anno (intervento multisistemico; Fedeli e Vio, 2016). Esperienza insegna che anche avendone pochi (ad esempio due) la differenza con chi non ha incontri è comunque significativa. Importante è che si realizzino alcuni obiettivi minimi:

  • Una buona conoscenza delle caratteristiche generali dell’ADHD e di come e quanto esse sono presenti nel proprio alunno o studente.
  • Conoscenza degli interventi extrascolastici (familiari, eventualmente farmacologici, abilitativi).
  • Se sono presenti anche comorbilità (ad esempio funzionamento intellettivo limite, disturbi del comportamento, disturbi di apprendimento ecc.).
  • Progettare interventi scolastici da applicare e monitorare per valutarne l’efficacia.

Relativamente a questo ultimo obiettivo proponiamo un elenco degli aspetti che meritano attenta riflessione a scuola.

  1. Per quanto possibile quando emergono comportamenti problematici da parte dell’alunno o studente è utile effettuare una osservazione sistematica volta a capire quali sono le caratteristiche del contesto:
  • orari
  • disciplina (materia)
  • richieste degli insegnanti
  • attività dei compagni
  • eventuali stimoli o comportamenti altrui vissuti come provocazioni
  • effetti dei comportamenti dell’allievo sui compagni e sugli insegnanti

Un confronto con gli operatori e/o colleghi insegnanti (tra cui eventuale insegnante di sostegno e/o educatore per l’autonomia e la comunicazione) può fornire utili ipotesi di intervento. Meglio se sono a disposizione questionari e tabelle di osservazione, ma  se non ci sono si può anche usare un diario condiviso fra gli insegnanti o altri semplici strumenti, per quanto soggettivi.

  1. È importante la massima collaborazione con la famiglia. Tenendo conto che la gestione di un bambino disattento, iperattivo e impulsivo è spesso fonte di stress notevole, è utile sapere se la famiglia è seguita da operatori esterni e quali indicazioni hanno ricevuto. Inoltre, è opportuno  chiedere ai genitori quali sono gli approcci che mettono in atto per gestire il figlio. Se fanno fatica ad esplicitarli si potrebbe chiedere loro quali sono le situazioni più frequenti e/o più impegnative e come si sono comportati nelle ultime situazioni che si ricordano. Fondamentale è come si fanno queste richieste. Dall’atteggiamento generale dovrebbe emergere che non si valuta e non si desidera essere invadenti, ma si chiede per favorire la coerenza di comportamento fra casa e scuola (“Così ne teniamo conto in ciò che facciamo a scuola”). Ogni colloquio potrebbe concludersi con un “Proviamo… e la prossima volta che ci confrontiamo ci raccontiamo cosa ha funzionato e cosa può essere migliorato”.  Un atteggiamento umile, ma disponibile non influenza negativamente l’autorità dell’insegnante!
  2. In classe è importante che ci siano situazioni ben strutturate, che danno sicurezza al bambino, perché conosciute, familiari, prevedibili. E l’uso di routine, cioè di sequenze di azioni conosciute. Può essere opportuno riflettere anche su quale è il banco più adatto al bambino (probabilmente non quello vicino alla finestra in quanto distraente) e su quali spostamenti gli sono permessi.
  3. Preparare ogni giorno uno schema di ciò che è previsto per quel giorno aiuta il bambino a orientarsi meglio tra le “lunghe” ore scolastiche che deve affrontare, asciando spazi liberi per eventuali novità e imprevisti (in un certo senso previsti anche quelli, dato che c’è lo spazio). Per quanto possibile con i tempi previsti per ciascuna attività. Uno dei problemi collegati con l’ADHD (anche da adulti) ha proprio a che fare con programmazione e organizzazione. In particolare con la gestione dei tempi. Programmare e strutturare bene la giornata (compresi i momenti liberi, come la ricreazione o la pausa mensa) aiuta molto il bambino ad “autoregolarsi”.
  4. Può essere utile usare qualcosa che meglio aiuta a gestire i tempi: da una clessidra (anche per mostrare qualcosa di inusuale) all’orologio tradizionale, al timer sul proprio telefono (con suoneria abbassata e in modo che si veda sempre quanto manca) evitando attività troppo lunghe.
  5. È un obiettivo importante aiutare l’allievo  a prendere consapevolezza delle sue difficoltà, ma anche delle strategie che potrebbero aiutarlo nella gestione del comportamento.
  6. E quando le emozioni sembrano troppo difficili da gestire? Spesso è controproducente “ordinargli” di calmarsi (può esserci l’effetto opposto, come succede spesso anche agli adulti non ADHD) o invitarlo a ragionare. Le emozioni hanno i loro tempi. Più utile sembra spostare l’attenzione del bambino su qualcos’altro. Anche far ragionare il bambino nel momento in cui, ad esempio, è arrabbiato, è spesso improduttivo. In quel momento comanda l’emozione e non la ragione. Più utile è limitare gli effetti negativi del suo comportamento. Il ragionamento è utile, ma dopo, quando l’emozione ha finito il proprio ciclo. “Ragioniamo un po’ assieme, così la prossima volta…” o anticipando la possibile insorgenza di un comportamento problematico. Con i bambini e ragazzi ADHD vale ancor più la regola che è fondamentale prevenire.
  7. Proponiamo regole di comportamento che prevengano l’iperattività-impulsività o che favoriscano  il controllo durante le manifestazioni di comportamenti iperattivi.
  8. Senza bisogno di fare “lezioni di comportamento”, ma con poche parole mirate nei momenti opportuni dell’attività quotidiana è importante coinvolgere anche i compagni di classe, creando situazioni in cui possono fare da tutor, ad esempio in un lavoro di coppia o di piccolo gruppo. Non c’è nulla di male se si fa capire che con quel bambino ci vuole più pazienza del solito… così un po’ alla volta impara anche lui.
  9. Per quanto riguarda l’apprendimento vero e proprio spesso risulta opportuno  dividere il compito  in unità che richiedono minori tempi di concentrazione e permettere pause.
  10.  Per quanto riguarda le consegne delle cose da fare (temi, problemi e altre attività) spesso è utile una consegna personalizzata con verifica che è stata ben compresa.
  11.  Un po’ alla volta si possono proporre strategie per evitare disattenzioni durante l’esecuzione dei compiti scolastici. E poi monitorare per verificare quali risultano più efficaci.
  12.  È bene programmare in anticipo situazioni che permettano al bambino di muoversi un po’.
  13. Favoriamo la collaborazione con i compagni attraverso lavori in piccolo gruppo adeguatamente proposti e monitorati.
  14. È molto opportuno favorire il tutoraggio gestito dai coetanei (peer tutoring).

Spesso ci sono problemi non solo di comportamento, ma anche di prestazione scolastica. Sulla base di una rassegna di ricerche Cornoldi, De Meo, Offredi, Vio (2001) sottolineano che sono stati raggiunti buoni risultati:

  • modificando l’entità e le istruzioni dei compiti da fare;
  • riducendo la lunghezza del compito, dividendolo in sotto-unità raggiungibili in poco tempo e consentendo quindi brevi e frequenti pause;
  • rendendo il lavoro più stimolante;
  • modificando le istruzioni in base allo stile di apprendimento dello studente.

DuPaul & Eckert, 1998; Locke & Fuchs (1995) hanno evidenziato l’utilità del tutoraggio gestito dai coetanei (peer tutoring), in cui uno studente provvede ad aiutare, dare istruzioni e feedback sul lavoro svolto ad un altro compagno. In questo modo si raggiunge l’obiettivo di lavorare sia su aspetti scolastici che su quelli sociali.

Re e Cornoldi (2007) hanno evidenziato che è possibile effettuare interventi utili su bambini con ADHD fin dall’età della scuola dell’infanzia. Il training proposto a vari sottogruppi era volto a potenziare il controllo attentivo e la memoria di lavoro. Confrontando la differenza fra i risultati in pre-test e post-test rivolti sia ai bambini che sono stati oggetto di training che ad altri (gruppo di controllo) è emerso un miglioramento significativo nel comportamento solo per i bambini del gruppo sperimentale (oggetto di training).

Sulle problematiche presenti nell’adolescenza si sono soffermate anche Eleonora Maj, Ester Barozzi e Viviana Pandolfi. Dal sito www.associazioneaifa.it è possibile scaricare un PDF su

“L’adolescente ADHD”, di cui riportiamo alcune righe.

I problemi di apprendimento e le mediocri performance scolastiche sono probabilmente le difficoltà più comunemente associate all’esperienza di un adolescente ADHD. Le aspettative e il carico di lavoro aumentano drasticamente con l’entrata nella scuola media e superiore. Gli studenti hanno un numero maggiore di insegnanti e ci si aspetta che siano più autonomi, che gestiscano più materie e più compiti a casa rispetto alla scuola elementare. La difficoltà più grande per un ragazzo/a con ADHD consiste nel finire i compiti e consegnarli in tempo a causa non solo di un sovraccarico cognitivo delle abilità organizzative ed esecutive, ma anche per i frequenti disturbi specifici dell’apprendimento, nella lettura, nella matematica, nell’espressione scritta o in altre aree. Alcune difficoltà sono più incisive nella scuola secondaria rispetto a quella primaria, in quanto ci si aspetta che gli studenti delle superiori esprimano i loro pensieri in forma scritta, cosa invece non richiesta a scolari delle elementari. Gli adolescenti ADHD con problemi nell’espressione scritta possono incontrare per la prima volta delle difficoltà alle superiori con i saggi o con gli esami finali, mentre in altri casi vi sono insuccessi scolastici più precoci a causa di deficit di memoria, di organizzazione o semplicemente della capacità di prestare attenzione in classe. Gli studenti con ADHD e con quoziente intellettivo sopra la media possono spesso superare le elementari senza troppo sforzo; tuttavia, non possono sperare di essere altrettanto brillanti alle superiori o all’università che richiedono molte ore di studio e la massima concentrazione. Questa situazione tipo dimostra perché spesso le diagnosi di ADHD giungono solo nell’adolescenza o nella prima età adulta.

Renzo Vianello e Anna Maria Re , 03.02.2023
Per i riferimenti bibliografici di queste pagine vedi Riferimenti bibliografici generali

Fonte bibliografica principale

Vianello, R., e Mammarella I. C. (2014). Psicologia delle disabilità. Bergamo: edizioni Junior.

Paiano, A., Re, A.M., Ferruzza, E., Cornoldi, C. (2014). Parent Training per l’ ADHD. Programma CERG: sostegno, Cognitivo, Emotivo e Relazionale dei genitori. Trento: Erickson.