In queste pagine del sito consideriamo, anche per gli adulti con disturbo dello spettro dell’autismo, i seguenti argomenti.

  • Integrazione sociale extrascolastica ed extralavorativa
  • L’adulto con disturbi dello spettro dell’autismo
  • Inserimento lavorativo

Integrazione sociale extrascolastica ed extralavorativa

Riprendiamo in questo contesto anche parti già scritte per altre disabilità, quqndo i contenuti sono ugualmente validi. 
A partire soprattutto dagli anni attorno al 1970 i Comuni (in quantità sempre crescente) organizzano Centri estivi (in località dello stesso comune e con frequenza diurna) o Soggiorni climatici residenziali per tutti i minori, compresi quelli con disabilità. Si tratta di una realtà così diffusa attualmente e acquisita da non aver bisogno di particolari commenti.
Questa è una ottima occasione anche per i genitori. Vivere lontano dal proprio figlio può inizialmente creare un senso di vuoto (soprattutto nella madre), ma, con il passare del tempo, permette anche di “riprendere” gli aspetti della propria identità che in qualche modo erano stati offuscati dalla costante attenzione ai problemi del figlio e in qualche caso può aiutare a trovare uno spazio temporale e mentale in cui la coppia dei genitori può avere più tempo e disponibilità per sé e per il rapporto di coppia (e, se ci sono, per gli altri figli). Negli anni attorno al 1970 e 1980 alcune madri erano troppo disorientate da questa libertà e andavano troppo spesso a trovare il figlio e in qualche caso anche a riprenderselo. Questo fenomeno è attualmente molto più raro, indice di una migliore comprensione realistica della situazione, probabilmente favorita da vissuti di una maggiore accettazione da parte della società.

L’articolo 23 della 104 del 5 febbraio 1992, “legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”, è dedicato alla “rimozione di ostacoli per l’esercizio di attività sportive, turistiche e ricreative”. Notevoli sono stati i progressi anche in questo campo.

L’adulto con disturbi dello spettro dell’autismo

Le conoscenze sull’evoluzione dei Disturbi dello spettro dell’autismo in età adulta non sono tante; pertanto, in questo breve paragrafo cercheremo di sintetizzare quale potrebbe essere il decorso dei disturbi in quest’area sulla base delle poche ricerche pubblicate e dell’esperienza clinica. È ampiamente riconosciuto che non si tratta di disturbi degenerativi e, sebbene i sintomi siano spesso più marcati nella prima infanzia e nell’età scolare, interessano l’intero arco di vita. Durante l’adolescenza alcuni casi possono mostrare un peggioramento dei sintomi comportamentali, mentre in altri si può osservare un miglioramento in alcune aree, quali ad esempio le abilità di interazione con gli altri.
Da adulti solo una minoranza degli individui affetti vive e/o lavora in modo indipendente: chiaramente hanno una maggiore probabilità di trovare una “nicchia” nella quale riuscire ad esprimere al meglio i propri interessi o le proprie abilità coloro che presentano un buon funzionamento cognitivo generale (Orsmond, Wyngaarden Krauss, & Seltzer, 2004). Anche tra questi, tuttavia, è spesso presente una maggiore vulnerabilità a livello sociale, con un rischio più elevato di sviluppare disturbi d’ansia o depressione (Gillott, & Standen, 2007). Alcuni adulti che riescono a compensare le proprie difficoltà relazionali e ad utilizzare strategie di coping efficaci per mascherare il disturbo, spesso presentano alti livelli di stress in situazioni sociali che avvengono in un contesto pubblico. Anche i comportamenti ripetitivi e stereotipati possono essere compensati in età adulta, soprattutto se l’individuo è stato inserito, durante l’infanzia e l’adolescenza, in programmi di intervento riconosciuti come efficaci (vedi paragrafo successivo). Nei casi più gravi, però, i sintomi si mantengono ad un livello tale da creare ripercussioni a livello sociale, lavorativo e in altre aree di funzionamento.

Vianello e Mammarella (2014). Psicologia delle disabilità. Bergamo: edizioni Junior. Pp. 136-137.

Inserimento lavorativo

Una analisi delle problematiche relative all’inserimento lavorativo per persone con disturbo dello spettro dell’autismo è presente anche nei siti

https://autismocomehofatto.com/2018/10/09/linee-guida-per-linserimento
https://www.portale-autismo.it/autismo-lavoro-piramide-rovesciare/
https://www.isfol.it/news/lo-spettro-autistico-e-la-legge-n.134-2015

Ad essi rinviamo per approfondimenti.
Come per le altre persone certificate con disabilità secondo la legge 104 del 1992 l’inserimento lavorativo è regolato e favorito dalla legge n. 68 del 1999, di cui riportiamo sotto i primi tre articoli.
I disturbi dello spettro dell’autismo in questa legge rientrano nei “disabili psichici” (art. 1). Anche essi hanno diritto al collocamento mirato (art. 2) e ai vantaggi per  le assunzioni obbligatorie e le quote di riserva (art. 3).
L’estrema variabilità del disturbo dello spettro dell’autismo si riflette anche nelle possibilità lavorative.
Sono opportuni degli esempi.

  • Roberto, 35 anni, oltre al disturbo dello spettro dell’autismo ha una disabilità intellettiva grave. Il linguaggio verbale è assente. Vive in famiglia.
  • Paola ha un disturbo dello spettro dell’autismo in comorbilità con una disabilità intellettiva grave. Il linguaggio verbale è quasi assente. È stato un successo averle trovato a 25 anni un laboratorio protetto in cui ha la possibilità di stare assieme ad altri disabili e operatori sociali. La sua redditività è molto bassa, ma in qualche modo si nota che è soddisfatta quando vede il prodotto finito. Per i genitori è un grande aiuto.
  • Claudio, 40 anni, con disturbo dello spettro autistico, ha una disabilità intellettiva moderata. Lavora in una cooperativa sociale che opera nell’imballaggio. Ha dei compiti semplici nell’ambito del magazzino e li svolge adeguatamente. A volte è in difficoltà se è assente il collega a sviluppo tipico che lo supervisiona.
  • Giovanni, con disturbo dello spettro autistico, ha anche una disabilità intellettiva lieve. Sa leggere e scrivere a livello di seconda classe primaria. È inserito da alcuni anni (ora ne ha 32) in una cooperativa ortofrutticola biologica in cui lavorano anche persone con disabilità intellettiva (ad esempio con sindrome di Down). La sua produttività, considerata la sua condizione, è buona. Silenzioso, abbastanza per conto suo, fa ciò che gli compete con coscienziosità. Si irrita di fronte alle novità. Preferisce fare sempre le stesse cose “perché si deve fare così”.
  • Luca, 42 anni, con disturbo dello spettro dell’autismo, ha una intelligenza nella media. Lavora come aiuto cuoco nel ristorante gestito dai propri genitori.
  • Bruno, con disturbo dello spettro autistico, ha avuto molte difficoltà a livello sociale nella scuola superiore. Ora ha 34 anni. Da laureato in informatica lavora coerentemente con le proprie competenze, con prestazioni lavorative sopra la media.

Sia a livello internazionale che italiano solo una minoranza di persone con disturbo dello spettro dell’autismo  ha un impiego lavorativo diverso da quello dei laboratori protetti e delle cooperative sociali caratterizzate dalla presenza di varie persone con disabilità (con campi di occupazione privilegiata in agricoltura, produzione di materiale per imballaggio, ceramica, falegnameria, manifatture, pulizie).
Secondo una indagine condotta da ISFOL (Ente pubblico di ricerca sui temi della formazione delle politiche sociali e del lavoro) pubblicata nel 2016, la percentuale delle persone con disturbo dello spettro dell’autismo con un impiego non supera il 10%.

LEGGE 12 marzo 1999, n. 68

La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Promulga
la seguente legge:

Art. 1.
(Collocamento dei disabili)

  1. La presente legge ha come finalità la promozione dell’inserimento e della integrazione lavorativa delle persone disabili nel mondo  del lavoro attraverso servizi di sostegno e di collocamento mirato. Essa si applica:
  2. a) alle persone in età lavorativa affette  da  minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali e ai portatori di handicap  intellettivo,  che comportino una riduzione della capacità lavorativa superiore  al  45 per  cento,   accertata   dalle   competenti   commissioni   per   il riconoscimento dell’invalidità civile in  conformità  alla  tabella indicativa  delle  percentuali  di  invalidità  per  minorazioni   e malattie invalidanti approvata, ai sensi dell’articolo 2 del  decreto legislativo 23 novembre 1988, n. 509,  dal  Ministero della  sanità sulla base della classificazione internazionale delle menomazioni elaborata dalla Organizzazione mondiale della sanita;
  3. b) alle persone invalide del  lavoro  con  un  grado  di  invalidità superiore al 33 per  cento,  accertata  dall’Istituto  nazionale  per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali (INAIL) in base alle disposizioni vigenti;
  4. c) alle persone non vedenti o sordomute, di cui alle leggi 27  maggio 1970, n. 382, e successive modificazioni, e 26 maggio 1970, n. 381, e successive modificazioni;
  5. d) alle persone invalide di  guerra,  invalide  civili  di  guerra  e invalide per servizio con minorazioni ascritte dalla prima all’ottava categoria di cui alle tabelle annesse al testo unico delle  norme  in materia di pensioni di guerra, approvato con decreto  del  Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915, e successive modificazioni.
  6. Agli effetti della presente legge si  intendono  per  non  vedenti coloro che sono colpiti da cecità assoluta o hanno un residuo visivo non superiore ad un decimo  ad  entrambi  gli  occhi,  con  eventuale correzione. Si intendono per sordomuti coloro  che  sono  colpiti  da sordità dalla nascita o prima dell’apprendimento della lingua parlata.
  7. Restano ferme le norme per i centralinisti telefonici non  vedenti di cui alle leggi 14 luglio 1957, n. 594, e successive modificazioni, 28 luglio 1960, n. 778, 5 marzo 1965, n. 155, 11 aprile 1967, n. 231,3 giugno 1971, n. 397, e 29 marzo  1985,  n.  113,  le  norme  per  i massaggiatori e massofisioterapisti non vedenti di cui alle leggi  21 luglio 1961, n. 686, e 19  maggio  1971,  n.  403,  le  norme  per  i terapisti della riabilitazione non  vedenti  di  cui  alla  legge  11 gennaio 1994, n. 29, e le norme per gli insegnanti non vedenti di cui all’articolo 61 della legge 20 maggio 1982, n. 270. Per  l’assunzione obbligatoria dei sordomuti restano altresì ferme le disposizioni di

cui agli articoli 6 e 7 della legge 13 marzo 1958, n. 308.

  1. L’accertamento delle condizioni di disabilità di cui al  presente articolo, che danno diritto di accedere al sistema per  l’inserimento lavorativo dei disabili,  è  effettuato  dalle  commissioni  di  cui all’articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, secondo i criteri indicati  nell’atto  di  indirizzo  e   coordinamento   emanato   dal Presidente del Consiglio dei ministri entro centoventi  giorni  dalla data di cui all’articolo 23, comma 1. Con il  medesimo  atto  vengono stabiliti i criteri e le modalità per l’effettuazione delle visite sanitarie di controllo della permanenza dello stato invalidante.
  2. In considerazione dei criteri adottati, ai sensi del  testo  unico delle  disposizioni  per  l’assicurazione  obbligatoria  contro   gli infortuni sul lavoro  e  le  malattie  professionali,  approvato  con decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124,  per la valutazione e  la  verifica  della  residua  capacità  lavorativa derivante da infortunio sul lavoro e malattia professionale, ai  fini dell’accertamento  delle  condizioni  di  disabilità   è   ritenuta sufficiente la presentazione di certificazione rilasciata dall’INAIL.
  3. Per i soggetti di cui al comma 1, lettera d), l’accertamento delle condizioni di disabilità che danno diritto di  accedere  al  sistema per  l’inserimento  lavorativo  dei  disabili  continua   ad   essere effettuato ai sensi delle disposizioni del testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra, approvato con decreto  del  Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915, e successive modificazioni.
  4. I datori di lavoro, pubblici e privati, sono tenuti a garantire la conservazione del posto di lavoro a quei soggetti  che,  non  essendo disabili al momento dell’assunzione, abbiano acquisito per infortunio sul lavoro o malattia professionale eventuali disabilità.

Art. 2.
(Collocamento mirato)

  1. Per  collocamento  mirato dei disabili si intende quella serie di strumenti   tecnici   e   di  supporto  che  permettono  di  valutare adeguatamente   le  persone  con  disabilità  nelle  loro  capacità lavorative  e  di  inserirle  nel posto adatto, attraverso analisi di posti  di  lavoro, forme di sostegno, azioni positive e soluzioni dei problemi  connessi  con  gli  ambienti,  gli strumenti e le relazioni interpersonali sui luoghi quotidiani di lavoro e di relazione.

Art. 3.
(Assunzioni obbligatorie. Quote di riserva)

  1. I datori di lavoro pubblici e privati sono tenuti  ad  avere  alle loro  dipendenze  lavoratori  appartenenti  alle  categorie  di   cui all’articolo 1 nella seguente misura:
  2. a) sette per cento dei lavoratori occupati, se occupano  più  di  50 dipendenti;
  3. b) due lavoratori, se occupano da 36 a 50 dipendenti;
  4. c) un lavoratore, se occupano da 15 a 35 dipendenti.
  5. Per i datori di lavoro privati che occupano da 15 a 35  dipendenti l’obbligo di cui al  comma  1  si  applica  solo  in  caso  di  nuove assunzioni.
  6. Per  i  partiti  politici,  le  organizzazioni  sindacali  e   le organizzazioni che, senza scopo di lucro,  operano  nel  campo  della solidarietà sociale,  dell’assistenza  e  della riabilitazione,  la quota  di  riserva  si  computa esclusivamente  con  riferimento  al personale tecnico-esecutivo e  svolgente  funzioni  amministrative  e l’obbligo di cui al comma 1 insorge solo in caso di nuova assunzione.
  7. Per i servizi di polizia, della protezione civile e  della  difesa nazionale, il collocamento dei disabili è previsto nei soli  servizi amministrativi.
  8. Gli obblighi di  assunzione  di  cui  al  presente  articolo  sono sospesi  nei  confronti  delle  imprese  che  versano  in  una  delle situazioni previste dagli articoli 1 e 3 della legge 23 luglio  1991, n. 223,  e  successive  modificazioni,  ovvero  dall’articolo  1  del decreto-legge 30 ottobre 1984, n. 726, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1984, n. 863; gli obblighi sono  sospesi  per la  durata  dei  programmi  contenuti  nella  relativa  richiesta  di intervento, in proporzione  all’attività  lavorativa  effettivamente sospesa e per  il  singolo  ambito  provinciale.  Gli  obblighi  sono sospesi  inoltre  per  la  durata  della   procedura   di   mobilità disciplinata dagli articoli 4 e 24 della legge  23  luglio  1991,  n. 223, e successive modificazioni, e, nel caso in cui la  procedura  si concluda con almeno cinque  licenziamenti,  per  il  periodo  in  cui permane   il   diritto   di   precedenza   all’assunzione    previsto dall’articolo 8, comma 1, della stessa legge.
  9. Agli enti pubblici economici si applica la disciplina prevista per i datori di lavoro privati.
  10. Nella quota di riserva sono computati  i  lavoratori  che  vengono assunti ai sensi della legge 21 luglio 1961,  n.  686,  e  successive modificazioni, nonché della legge 29 marzo 1985,  n.  113,  e  della legge 11 gennaio 1994, n. 29.

 

DECRETO LEGISLATIVO 10 settembre 2003, n. 276

Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30. (GU Serie Generale n.235 del 09-10-2003 – Suppl. Ordinario n. 159)
OMISSIS

Art. 14.
Cooperative  sociali  e   inserimento   lavorativo   dei   lavoratori svantaggiati

  1. Al fine di  favorire  l’inserimento  lavorativo  dei  lavoratori svantaggiati e dei lavoratori disabili, i servizi di cui all’articolo 6, comma 1, della legge 12 marzo 1999, n. 68, sentito l’organismo  di cui all’articolo 6, comma 3,  del  decreto  legislativo  23  dicembre 1997, n. 469, così come modificato dall’articolo 6  della  legge  12 marzo 1999, n. 68, stipulano con le associazioni sindacali dei datori di  lavoro  e  dei  prestatori  di   lavoro   comparativamente   piu’

rappresentative  a  livello  nazionale  e  con  le  associazioni   di rappresentanza,  assistenza  e  tutela  delle  cooperative   di   cui all’articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 8 novembre 1991,  n.

381, e con i consorzi di  cui  all’articolo  8  della  stessa  legge, convenzioni quadro su base territoriale, che devono  essere  validate da parte delle regioni, sentiti gli organismi di concertazione di cui al decreto  legislativo  23  dicembre  1997,  n.  469,  e  successive modificazioni ed integrazioni, aventi ad oggetto il  conferimento  di commesse di lavoro alle cooperative sociali medesime da  parte  delle imprese associate o aderenti.

  1. La convenzione quadro disciplina i seguenti aspetti:
  2. a) le modalità di adesione da parte delle imprese interessate;
  3. b) i criteri di individuazione dei  lavoratori svantaggiati da inserire al lavoro  in  cooperativa;  l’individuazione  dei  disabili sarà curata dai servizi di cui all’articolo 6, comma 1, della  legge 12 marzo 1999, n. 68;
  4. c) le modalità di attestazione del valore complessivo del lavoro annualmente conferito da ciascuna impresa e la  correlazione con  il numero dei lavoratori svantaggiati inseriti al lavoro in cooperativa;
  5. d) la determinazione del  coefficiente  di  calcolo del valore unitario delle commesse, ai fini del  computo di cui al comma 3, secondo criteri di congruita’ con i costi del  lavoro derivati  dai

contratti collettivi di  categoria applicati dalle cooperative sociali;

  1. e) la promozione e lo sviluppo delle commesse di lavoro a favore delle cooperative sociali;
  2. f)  l’eventuale costituzione, anche  nell’ambito dell’agenzia sociale di cui all’articolo13 di  una  struttura tecnico-operativa senza scopo di  lucro a supporto delle attività previste dalla convenzione;
  3. g) i limiti di  percentuali  massime  di  copertura  della  quota d’obbligo da realizzare con lo strumento della convenzione.
  4. Allorché l’inserimento lavorativo  nelle  cooperative  sociali, realizzato in virtù dei commi 1 e 2, riguardi i lavoratori disabili, che  presentino  particolari   caratteristiche e difficoltà di inserimento nel ciclo lavorativo ordinario, in  base  alla  esclusiva valutazione dei servizi di cui all’articolo 6, comma 1,  della  legge 12 marzo 1999, n. 68, lo stesso si  considera  utile  ai  fini  della copertura della quota di riserva, di cui all’articolo 3 della  stessa legge  cui  sono  tenute  le  imprese  conferenti.  Il  numero  delle coperture per ciascuna impresa è  dato dall’ammontare  annuo  delle commesse dalla stessa conferite diviso per il coefficiente di cui  al comma 2, lettera d), e nei limiti di  percentuali  massime stabilite con le convenzioni quadro di cui al comma 1. Tali limiti percentuali non hanno effetto nei confronti delle imprese che occupano da 15 a 35 dipendenti.  La  congruità  della  computabilità dei  lavoratori inseriti in cooperativa sociale sarà verificata dalla  Commissione provinciale del lavoro.
  5. L’applicazione  delle  disposizioni  di  cui  al  comma  3  è subordinata  all’adempimento  degli   obblighi  di assunzione  di lavoratori disabili ai fini  della  copertura  della  restante  quota d’obbligo a loro carico determinata ai sensi  dell’articolo  3  della legge 12 marzo 1999, n. 68.

Renzo Vianello, 11.01.2023