Classificazione internazionale del funzionamento (ICF)

In molti file del sito Disabilità e inclusione ci sono riferimenti ai manuali ICD, DSM, ICF e AAIDD.
In particolare quando si scrive di diagnosi.
Vedi Disabilità intellettive, Disturbi dello spettro dell’Autismo, Disturbi del comportamento ecc.
Poiché non tutti i visitatori del sito sono esperti di manuali diagnostici ci è sembrato opportuno fornire in questo file alcune informazioni di base.

Nel 2001, con l’ICF (International Classification of Functioning), seguito nel 2007 dalla versione per bambini e ragazzi (ICF-CY, 2007), l’Organizzazione Mondiale della sanità (OMS), propone un approccio non più focalizzato sulla malattia, ma sul funzionamento e sulla salute della persona. Rispetto al passato – ICIDH, 1980 – vengono notevolmente valorizzati gli aspetti ambientali e sociali.
Scopi cruciali dell’ICF sono:

  • fornire una struttura concettuale per capire gli stati di funzionamento e di eventuale disabilità correlati alla salute;
  • proporre un linguaggio condiviso per favorire la comunicazione fra operatori con competenze diverse (medici, psicologi, operatori sociali, studiosi, politici, persone con disabilità e loro familiari ecc.);
  • fornire un sistema di classificazione e di codifica sistematica che favorisca confronti statistici fra Paesi diversi.

La disabilità è considerata all’interno del più ampio contesto del funzionamento dell’individuo. A sua volta considerato nell’interazione persona-ambiente.
L’ICF dovrebbe essere molto utile a tutti gli operatori sociosanitari e a quelli dell’area educativa ancora centrati (almeno nell’atteggiamento di base e nella prassi, se non nelle convinzioni) sulla patologia più che sulle positività del funzionamento.

Lo strumento dell’OMS propone una concezione antropologicamente avanzata del costrutto di disabilità, in linea con le moderne acquisizioni e con il rispetto dei diritti umani.

L’ICF utilizza il termine disabilità, ma non più il termine handicap, presente nell’ICIDH del 1980.

«Allegato 5. L’ICF e le persone con disabilità
… In particolare l’OMS riconosce che gli stessi termini usati nella classificazione possono, nonostante il grande impegno di tutti, rivelarsi stigmatizzanti ed etichettare le persone. In risposta a questa preoccupazione venne presa la decisione, agli inizi del processo, di abbandonare totalmente il termine “handicap” – data la sua connotazione peggiorativa in inglese e in altre lingue, italiano incluso – e di non usare il termine “disabilità” come nome di una componente della classificazione, ma di mantenerlo come termine ombrello generale.”

L’ICF è anche una classificazione del funzionamento umano della disabilità e della salute.
Si articola in quattro componenti (Funzioni corporee, Strutture corporee, Attività e Partecipazione, Fattori Ambientali) che a loro volta sono progressivamente dettagliati in quattro livelli. Complessivamente la classificazione si compone di 1.424 codici utilizzabili per la descrizione del funzionamento.

Le dimensioni di base del funzionamento sono rappresentate dalle prospettive del corpo, della persona e della società.
Nella figura allegata è riportato il modello ICF, con l’aggiunta di alcune specificazioni.

Secondo questo modello definito BIO-PSICO-SOCIALE, lo stato di salute ovvero di benessere dipende complessivamente da tre elementi:

  • BIO: l’integrità delle funzioni e strutture corporee
  • PSICO: la capacità di svolgere le normali attività della vita quotidiana
  • SOCIALE: la possibilità di partecipare adeguatamente alla vita sociale e di comunità nel proprio contesto

Risulta evidente la complessità delle relazioni.
Proviamo a riportare alcuni esempi riferendoci alle disabilità intellettive.

Esse possono comportare problemi a livello di:

  • funzioni e strutture corporee (Funzioni della memoria, Funzioni dell’ attenzione, Funzioni psicomotorie, Funzioni della voce e dell’eloquio, Struttura del cervello, Strutture coinvolte nella voce e nell’eloquio ecc.),
  • attività (Apprendimento e applicazione delle conoscenze, Comunicazione, Mobilità, ecc.),
  • partecipazione ( Interazioni e relazioni interpersonali, Vita nella comunità, Lavoro e impiego ecc.).

A loro volta i problemi presenti a livello fisico, di attività e di partecipazione possono interagire tra di loro sia in senso negativo (ad esempio i problemi motori possono limitare la partecipazione sociale) sia positivo (ad esempio la partecipazione che si ha con l’inserimento in una classe normale può motivare all’apprendimento più che in una classe speciale).
Cruciali e bidirezionali sono inoltre le relazioni con il contesto. Qui gli esempi sono innumerevoli. Basti pensare all’influenza positiva di una famiglia ottimale, di una scuola accogliente, di una abilitazione mirata.

La tabella è di facile comprensione. Forse merita un commento la voce fattori personali. Ci si riferisce a variabili come l’età, il genere, l’etnia, le esperienze di vita, l’educazione ricevuta ecc.

La componente Fattori personali non viene classificatA nell’ICF a causa della grande variabilità sociale e culturale ad essi associata.

Renzo Vianello e Serafino Buono, 01.04.2023

Alcune parti sono tratte, con modifiche, da
Vianello, R. (2015). Disabilità intellettive. Con aggiornamenti al DSM-5. Bergamo: edizioni Junior.

Fonti bibliografiche principali

WHO (2001). ICF: International Classification of Functioning, Disability and Health. Geneva: World Health Organization. (Trad. It. 2002. Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute. Trento: Erickson.).